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Presentato il libro di Michela Valotti Anton Maria Mucchi (1871-1945)

La figura di Anton Maria Mucchi (d’ora in poi AMM) è di quelle difficilmente arginabili, dal punto di vista dell’approccio critico. Originario di Fontanellato, in provincia di Parma, AMM trascorre gran parte della sua esistenza sulle sponde del Garda, prima saltuariamente e, soprattutto a partire dagli anni Venti, con una continuità che viene interrotta solo dalla morte, avvenuta nel 1945. Il matrimonio con Lucia Caterina dei Conti Tracagni di Salò rappresenta il gancio più solido, un approdo sicuro che gli consentirà di maturare una certa serenità familiare ma, soprattutto, gli permetterà di valorizzare le sue attitudini di storico e critico dell’arte. Tanto che la dotazione patrimoniale dell’attuale MuSa si deve per alcune sezioni, tra cui quella archeologica, all’artista emiliano.

Inserito, cronologicamente, all’interno di quel complesso contesto figurativo che dibatte, a cavallo di secoli, tra idea e forma, mentre vengono a maturazione gli esiti più interessanti del Divisionismo, e pure del Simbolismo, il pittore AMM appare, fin da subito, figura “fuori dal coro”, convinto della necessità che arte e vita siano legate da un nodo indissolubile e teso ad interpretare la pittura come “ricerca”. Da qui un percorso senz’altro poco “lineare”. AMM non è artista “tutto d’un pezzo”, granitico; dotato di una curiosità a tratti vorace, fin da giovane frequenta circoli intellettuali come quelli animati da Giovanni Cena e Cesare Lombroso, potendo contare sul sostegno sincero dello scultore Leonardo Bistolfi. L’ampia corrispondenza di cui è protagonista, sia come mittente che come destinatario, lo vede intrattenere intensi sodalizi, tra gli altri, con Giuseppe Pellizza da Volpedo e Angelo Morbelli.

La propensione all’aggiornamento professionale lo conduce, dopo l’alunnato torinese all’Accademia Albertina con Giacomo Grosso e Pier Celestino Gilardi, a frequentare, a Bergamo, lo studio di Cesare Tallone e a intraprendere numerosi viaggi, in primis nelle capitali più aggiornate in campo artistico, come Venezia, Milano o Roma e poi, fin dal 1902, all’estero, in Belgio e in Germania, soprattutto, a stretto contatto con le mostre della Secessione monacense che lo orienterà ad una pittura a tratti visionaria.

Un’inquietudine intellettuale, insomma, pare condurlo a muoversi continuamente, famiglia al seguito, mai pago degli esiti raggiunti.

Le scelte della maturità, poi, lo orientano a prediligere il collezionismo, soprattutto quello archeologico, dando vita a quel variegato e ricchissimo patrimonio che costituisce, oggi, il nucleo fondativo del Museo Archeologico “Anton Maria Mucchi”. Così come, alcune delle opere – soprattutto di ambito emiliano – presenti al MuSa, provengono dal legato Mucchi. Che dire, infine, di quella preziosa selezione che connota l’allestimento del secondo piano del MuSa, in cui le opere realizzate da AMM sono affiancate al Ritratto a lui dedicato, eseguito da Giacomo Grosso, insieme a quelle degli altri protagonisti della Salò novecentesca, Angelo Landi e Cesare Bertolotti.

Questo progetto editoriale, insomma, non intende né offrirsi come una guida del museo, e nemmeno come un catalogo ragionato dell’artista. Si prefigge, piuttosto, di avviare un primo contributo alla valorizzazione di un artista ancora poco studiato che ha dato molto alla città di Salò e alla sua crescita culturale. Bastino, per tutti, i volumi su Gasparo da Salò e sul Duomo.

«Dedicatosi nei primi anni afferma Elena Ledda presidente dell’Ateneo di Salò – quasi esclusivamente alla figura, più avanti viene attratto dalla natura e compie una serie di paesaggi che vanno dall’impressione rapida e sintetica fino a grandi tele come la Nuvola e il Pometo.  Tele di figura e ritratti si alternano con poetiche visioni di paesaggio, molte delle quali, e tra le più attraenti, eseguite sul lago di Garda, che comincia a frequentare dopo il suo matrimonio con la contessa Treccani e che diventa poi la sua dimora d’elezione. Nella pace della Riviera, tra gli ulivi e gli allori che circondano la casa, inframezza all’opera sua di pittore, che ormai persegue soltanto per la sua intima soddisfazione, con gli studi sulle opere d’arte conservate nella cittadina gardesana e gli scritti che va pubblicando nelle “Memorie dell’Ateneo di Salò”, sul “Popolo di Brescia” e su riviste d’arte». Queste, lievi e morbide come se fossero anch’esse pennellate destinate a fermare momenti e figure, sono le parole che Lodovico Mucchi, figlio del grande maestro Anton Maria, scrive nella rivista periodica dell’antica Accademia salodiana,  a ricordo del padre  scomparso il 3 gennaio 1945.

Ne emerge, sullo sfondo cromatico di un tempo passato e di un luogo a noi caro, l’immagine vivida di un uomo dall’animo sensibile, alla costante ricerca di equilibrio e di armonia, alla scoperta di accadimenti, momenti e memorie di una terra che ama per tesserne la storia più vera e profonda.

Ne escono il “volto” e l’atteggiamento di un artefice della cultura che vive nell’indissolubile legame fra tensione conoscitiva, disponibilità relazionale e statura morale, che sono poi il senso della sua impronta etica, dello spessore dell’uomo.

Fine pittore e raffinato critico d’arte, attento biografo, appassionato archeologo e storiografo minuzioso, Anton Maria Mucchi, per queste sue spiccate doti, entra a far parte dell’Ateneo cittadino nel 1923, per poi lasciare il ruolo ai figli Gabriele e Lodovico.

A distanza di quasi cento anni – conclude la presidente Ledda -, presentare, con l’Amministrazione Comunale e la Fondazione Pia Carità Laicale di Salò, lo scrupoloso, accuratissimo e ben strutturato studio che sull’Artista ha compiuto Michela Valotti, magistrale interprete di documenti spesso inediti, non significa prendere ulteriormente atto del grande valore del “maestro”. O, comunque, non solo. E’ anche tributare omaggio a chi ha saputo indicarci, attraverso ricerche e scritti, valori di vita importanti, a chi è riuscito a farci comprendere che l’arte – nella sua accezione più ampia – è “presenza” perché  anima lo spazio e scavalca il passato per continuare a vivere con noi, a chi è stato, dunque, e continuerà ad essere, messaggero di bellezza”.

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