Il mese scorso, esattamente il 1° marzo, a Sotto il Monte – Giovanni XXIII in provincia di Bergamo, il Decano del Collegio Cardinalizio, il Cardinale Angelo Sodano, già Segretario di Stato, inviato da Papa Francesco come suo delegato, si è recato per l’imposizione della berretta, la consegna dell’anello cardinalizio e l’assegnazione del titolo di Santa Maria in Trastevere (uno dei più antichi e prestigiosi titoli) al neocardinale Loris Francesco Capovilla. Chi è il neo porporato? Ecco una sua breve biografia. Loris Francesco Capovilla (1915 – ). Cardinale. Prelato emerito di Loreto. Arcivescovo. Nato a Pontelongo, nella diocesi di Padova, il 14.10.1915, è ordinato sacerdote il 23.5.1940. Chiamato all’incarico di Segretario Personale del Patriarca di Venezia Angelo Giuseppe Roncalli, lo segue a Roma durante il suo pontificato. Il 26.6.1967 Paolo VI lo nomina Arcivescovo di Chieti e Vasto; è consacrato Vescovo il 16.7.1967 in San Pietro dallo stesso Pontefice, assistito da Monsignor Augusto Gianfranceschi e da Monsignor Jacques Martin (poi Cardinale). Già prelato di Loreto e Delegato Pontificio per il Santuario Lauretano con il Titolo di Arcivescovo di Mesembria (lo stesso del Nunzio Apostolico Angelo Giuseppe Roncalli), rinuncia all’incarico il 10.12.1988. Vive a Sotto il Monte – Giovanni XXIII (Bg), presso Ca’ Maitino, custode dei ricordi del grande papa. Il neocardinale è un grande personaggio della Chiesa Cattolica. Da anni mi onora della sua amicizia. Ricca è la mia corrispondenza epistolare con il neo porporato, tra i tanti argomenti c’è anche l’araldica ecclesiastica. In questo articolo è di questo che voglio parlarvi: del suo stemma araldico ecclesiastico. Ventisei giugno 1967: Paolo VI lo eleva alla dignità episcopale. Della notizia è informato anche l’Arcivescovo Monsignor Bruno Bernard Heim, ex segretario a Parigi del Nunzio Apostolico Angelo Giuseppe Roncalli (poi eletto alla Cattedra di Pietro con il nome di Giovanni XXIII), e grande araldista. In una lettera datata 4 luglio 1967, Monsignor Heim scrive al neo arcivescovo su come comporre lo stemma. Nella stessa lettera, il Prelato svizzero è prodigo di consigli in merito agli elementi da inserire nello scudo, soprattutto per quando riguarda i gigli. Il suo parere? Inserirne addirittura cinque: due a ricordo dei gigli presenti nella stemma di Giovanni XXIII, tre a ricordo dei gigli inseriti nello stemma di Paolo VI. Monsignor Capovilla, invece, diede invece l’incarico di predisporre il suo stemma a Monsignor Ferruccio Rapanaj. Nello stemma del neoarcivescovo di Chieti-Vasto, durante quel periodo chietino, dei gigli nemmeno l’ombra.
Ma incredibilmente, lo stemma dell’arcivescovo Loris Francesco Capovilla subisce altre modifiche durante il suo magistero. Scopro che durante la sua permanenza a Loreto, come delegato pontificio al santuario lauretano, lo scudo del suo stemma diventa a forma di “Testa di Cavallo” (come lo stemma di Papa Giovanni XXIII); inoltre ha nello stesso un giglio e, incredibile ma vero, lo scudo non è “timbrato” dal cappello prelatizio di colore verde, con 20 fiocchetti (10 per lato) nella successione 1.2.3.4, simbolo della dignità arcivescovile.
Dovete sapere che il grande araldista Monsignor Bruno Bernard Heim (si veda il suo prestigioso volume: “L’Araldica nella Chiesa Cattolica – origini, usi e legislazione”, edito dalla Libreria Vaticana), aveva a volte delle idee curiose. Eccone un esempio.
Nel suo libro, a proposito dello scudo scrisse che: “Esso non riveste alcun interesse per la Chiesa, la cui attenzione si concentra soltanto sugli ornamenti esterni che accompagnano o circondano lo scudo. Solamente dalla forma dello scudo (quella ovale e a losanga sono riservate di preferenza alle donne, anche se questo uso non è praticato costantemente) è possibile capire se si tratta di arma di uomo o di donna. Gli stemmi del clero sono riconoscibili per avere al di fuori dello scudo alcuni segni convenzionali ossia gli ornamenti esterni.”
Intendendo per ornamenti esterni, in primis il Cappello Prelatizio e la Croce. Benissimo. Eppure ci fu un momento nella sua vita di studioso di Araldica Ecclesiastica, in cui ritenne che si poteva fare a meno di timbrare lo scudo con il Cappello Prelatizio, importante ornamento esterno.
A questo proposito, ecco quanto scrive Luca Marcarini in un articolo sul mensile “Nobiltà”, a ricordo di Monsignor Bruno Bernard Heim, poche settimane dopo la sua scomparsa avvenuta il 17 marzo 2003:
“Altra particolarità immediatamente rilevabile dallo stemma di monsignor Heim è che lo scudo non è quasi mai timbrato dal cappello arcivescovile. Per quella ricerca della semplicità medievale che fu una costante della sua arte, monsignor Heim preferiva che gli stemmi ecclesiastici fossero possibilmente accollati alle sole croci professionali – semplici o patriarcali a secondo della dignità – e non appesantiti dai cappelli prelatizi, invalsi nell’uso (tranne quelli cardinalizi) solo in epoca abbastanza tarda.”
Va benissimo la ricerca della semplicità, ma in questo caso la semplificazione renderebbe, in alcuni casi, impossibile determinare la gerarchia ecclesiastica del prelato se togliessimo il Cappello Prelatizio dallo Scudo. Qualche prelato sposò la tesi di Monsignor Bruno Bernard Heim di togliere il Cappello Prelatizio dallo stemma? Pochi in verità.
Tra questi l’allora Arcivescovo Loris Francesco Capovilla, dopo il suo trasferimento dalla Diocesi di Chieti – Vasto a Loreto come Prelato e Delegato Pontificio per il Santuario Lauretano. L’Arcivescovo decise, negli anni 1972 – 1989, di modificare gli elementi interni allo stemma e di togliere dallo scudo il Cappello Prelatizio! Chiesi all’Arcivescovo Loris Francesco Capovilla il perché della scelta.
La lettera è estremamente interessate, perché dalla fotografia che propongo possiamo vedere sì lo stemma arcivescovile senza il Cappello Prelatizio, ma anche come gli elementi interni allo scudo siano stati modificati rispetto allo stemma originale predisposto da Monsignor Ferruccio Rapanaj.
Per esempio, l’aggiunta di un giglio nel “Capo” e soprattutto il Leone di San Marco (sempre nel Capo, che l’Arcivescovo ben motiva nella lettera). Sarebbe troppo lungo spiegare perché il Cappello è importantissimo in araldica ecclesiastica.
Ammirando lo stemma, “versione” Bruno Bernard Heim, di Monsignor Loris Francesco Capovilla, senza Cappello Prelatizio, possiamo comunque capire secondo le regole araldiche che lo stemma appartiene a un Arcivescovo.
La croce doppia c’è, lo indica. Ma senza Cappello lo stemma potrebbe appartenere anche a un Cardinale Arcivescovo. Il Cappello, invece, ci permetterebbe di capire dal numero dei fiocchetti ( 30 in totale – 15 per lato – e soprattutto di colore porpora) in questo caso appartiene a un Cardinale.
Se invece, lo scudo è accollato a una croce doppia e a un Cappello di colore verde, come le nappe, ma quest’ultime nel numero di 20 (15 per lato), sicuramente appartiene a un Arcivescovo.
Negli anni a seguire lo stemma del neoporporato assume un altro modello mantenuto costante fino alla nomina di Cardinale. Dopo l’annuncio di Papa Francesco della nomina cardinalizia dell’ex Segretario privato del Beato Giovanni XXIII, prossimo santo il 27 aprile 2014, ho fatto visita al neoporporato monsignor Capovilla.
Naturalmente abbiamo parlato anche del nuovo stemma che, ho appreso, sarebbe stato “revisionato” da una sua nipote, studiosa di araldica.
Avevo consigliato a sua eminenza che, al suo posto, avrei scelto uno stemma “partito” (ovvero diviso in due verticalmente) con a sinistra (destra araldica) lo stemma di Papa Francesco e a destra (sinistra araldica) il suo attuale stemma. Così non è stato.
Giacomo Danesi