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95 candeline per l’alpino, medaglia d’argento al Valor Militare, Giovanni Molinari

Alla vigilia di Natale scorso ha spento 95 candeline Giovanni Molinari, alpino e della Divisione Julia e medaglia d’argento al valor Militare. Giovanni è ancora arzillo e lucidissimo, abita con un badante srilankese di nome Gianni nella sua casa di via Pra Leor. Una vita regolata e sanissima lo ha portato a vivere fino ad oggi nonostante la sua ampia e vistosa ferita nella parte sinistra del corpo, subita nell’autunno del 1941 sul fronte Greco-Albanese. Un ardito è impetuoso atto di coraggio ne è stata la causa principale ma in quella tremenda giornata fu l’unica necessaria azione per non soccombere sia lui che i suoi commilitoni alpini. “Vidi morire di fronte ai miei occhi, con una pallottola in piena fronte il mio comandante, il sottotenente Carlo Giardolf – spiega lucidissimo Giovanni Molinari – ed allora io mi misi alla mitragliatrice al suo posto per cercare di arginare la furia del nemico e porre in salvo il maggior numero di commilitoni. Feci del mio meglio ma una improvvisa azione del nemico – continua Molinari – mi colpì in pieno. Fui ferito molto gravemente in tutta la zona sinistra del corpo, dagli arti superiori a quelli inferiori. Non ricordo nulla di cosa accadde dopo. Mi risveglia in un ospedale da campo di Valona, in Albania. Fui poi trasferito in aereo all’ospedale militare del Celio, a Roma, per un lungo periodo di cura.”

Proprio per questa azione di grande coraggio , portando in salvo diversi alpini, Giovanni Molinari è stato decorato della medagli d’argento al valor militare.

“Fui in seguito congedato con il ” congedo assoluto” – sottolinea ancora Molinari – e ciò non mi consentì di poter aderire alla Campagna di Russia. Un miracolo. Mi arruolai a 19 anni, nell’aprile del 1939, convinto di fare la cosa giusta.”

Dopo il congedo l’alpino friulano rientrò nel suo paese natio, a Varmo, ma non trovò gran chè da fare. Allora decise di emigrare in Australia. E li fece ogni genere di lavoro. Ultimo suo impiego fu una grande fabbrica di sigari e sigarette. ma il tabacco lo portò ad ammalarsi seriamente.

Rientrò in Italia con la moglie. Decisero di stabilirsi a Lazise, in località La Pezza, per causa di una cugina della moglie che aveva auna abitazione in terra lacisiense. Erano gli inizi degli anni settanta.  La sua conoscenza dell’inglese, la forte tempra, la voglia di fare lo facilitarono molto. Trovò impiego in alcune attività turistiche.

Da buon alpino volle subito iscriversi al gruppo di Lazise. Da li è nata una solidissima amicizia con il capogruppo Mario Martini che ancora oggi permane immutata. Per le difficili possibilità di deambulazione ma per il suo attaccamento alle penne nere il capogruppo Stefano Bergamini, il segretario dell’ANCR Sergio Marconi e l’amico di sempre Mario Martini sono andati a domicilio per la consegna delle tessere dei due sodalizi d’armi.

“Una festa ed una accoglienza trabocchevole di simpatia – sottolinea Stefano Bergamini – con un uomo lucidissimo che racconta la sua storia di guerra con tratti commoventi e di forte pathos. Un vero soldato. Un uomo d’altri tempi.”

“Invalido di guerra, alpino, ma con una grinta da far impallidire un ventenne – conclude commosso Sergio Marconi – dove ognuno di noi ha imparato qualche cosa incontrandolo ed ascoltandolo.”

Sergio Bazerla

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