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Un museo permanente dedicato alla vita privata e alla vita di cantiere dell’architetto, sovrintendente e artefice del Vittoriale. Inaugurazione 18 settembre

Al Vittoriale apre il Museo della Santa Fabbrica Gian Carlo Maroni

“Spero che ci potremo intendere, se bene tu sia di Riva ed io di Pescara”, queste sono tra le prime parole scambiate tra Gabriele d’Annunzio e il suo architetto, Gian Carlo Maroni, giunto a Gardone Riviera per restaurare la villa Cargnacco, che il Comandante di Fiume aveva appena acquistato dallo Stato italiano e che diventerà il Vittoriale degli Italiani. È l’inizio di un sodalizio artistico che porta alla creazione di quella che d’Annunzio ribattezzò la Santa Fabbrica del Vittoriale, un cantiere perpetuo in continua evoluzione, grazie anche alla presenza di grandi artisti dell’epoca come Guido Cadorin, Napoleone Martinuzzi, Guido Marussig, Renato Brozzi, Arrigo Minerbi.

Nel 1921 d’Annunzio donò a Maroni una delle prime copie del Notturno appena stampato con una dedica quanto mai lungimirante: “all’ottimo combattente divenuto ottimo costruttore”.

All’“ottimo costruttore” viene dedicato e intitolato, proprio nell’anno del centenario, il Museo della Santa Fabbrica Gian Carlo Maroni, che ripercorre la sua vita e la sua attività nel cantiere della Santa Fabbrica e che verrà inaugurato sabato 18 settembre durante la giornata di festa “Lavorerai per abbelire la mia casa” al Vittoriale degli Italiani.

D’Annunzio, Maroni e tutti gli artisti che vi collaborarono prendono vita nelle sale del Casseretto – da “cassero”, cioè il nucleo centrale di una rocca medievale saldamente fortificato oppure nelle navi moderne il ponte centrale di comando – la residenza che l’architetto progettò e realizzò per se stesso, ristrutturando un rustico preesistente.

Maroni fu, in effetti, il comandante della Santa Fabbrica, soprattutto dopo la morte di d’Annunzio nel 1938, ma anche molto di più: fu segretario, arredatore, ambasciatore presso politici e personalità della cultura, vero e proprio factotum, confidente e soprattutto amico, un amico vero e leale che al Vate ha dedicato praticamente tutta la sua vita. Suggestivo, sprezzante, ironico è il fitto carteggio tra i due che, oltre a testimoniare giorno dopo giorno la ristrutturazione e la creazione del Vittoriale, restituisce tratti poco o per nulla conosciuti dell’architetto che sa interloquire con d’Annunzio fin dai primi anni.

“A Gian Carlo Maroni. Il Principe di Monte Ritroso, colpito da apoplessia geniale, boccheggia nell’inchiostro del suo vasto calamaio. Si spera di estrarlo e di nettarlo” (lettera del maggio 1924).

Oltre all’architettura del Vittoriale Maroni si è dedicato con particolare attenzione e dedizione anche alla valorizzazione – all’epoca non era così scontato come oggi – del paesaggio naturale e all’integrazione in esso di elementi architettonici, come la Regia Nave Puglia, l’incrociatore donato a d’Annunzio dall’ammiraglio Thaon de Revel. Impressionante fu per il tempo – e sorprende ancora oggi i visitatori – il progetto di rimontaggio del ponte di comando della Nave Puglia, con la prua rivolta verso l’Adriatico a ricordo del suo capitano Tommaso Gulli. L’operazione di sbancamento della collina e il successivo rimontaggio dei pezzi che giunsero in venti vagoni ferroviari fu coordinato da Maroni con l’ingegnere navale Silla Fortunato. Questo progetto si può senza dubbio annoverare tra i più arditi della Santa Fabbrica e della sovraintendenza Maroni.

Il Museo racconta e documenta la vita privata di Maroni, spesso definita “francescana” per la semplicità del modo di vivere, ma soprattutto il suo ruolo di architetto, di sovrintendente, di artefice, per usare un termine caro a d’Annunzio.  La casa apre al pubblico per la prima volta dopo la morte dell’architetto nel 1952. Dagli anni Ottanta, infatti, è stata la residenza dei Presidenti del Vittoriale: ora, nell’ambito del progetto chiamato Riconquista – che ha permesso l’apertura o la riapertura di numerose aree del Vittoriale e che ha visto in occasione del centenario ogni spazio restituito alla sua originaria bellezza e a disposizione dei visitatori – il Presidente Giordano Bruno Guerri ha deciso di adibirlo a museo permanente.

Ha dichiarato Giordano Bruno Guerri. “Mi sono sfrattato dal Casseretto, residenza dei Presidenti del Vittoriale, con grande dispiacere personale: raramente è dato di vivere in una casa così suggestiva e storicamente importante. Ma era giusto che anche questa strategica e bellissima parte del Vittoriale fosse messa a disposizione di tutti gli italiani e dei visitatori che vengono a trovarci da tutto il mondo. Era giusto, anche, onorare finalmente, nell’anno del centenario, lo straordinario artefice Gian Carlo Maroni, che al Vittoriale ha dedicato la vita, sacrificando la propria fama. L’Italia adesso dispone di un nuovo museo, inteso come luogo pulsante di vita, bellezza e studi. Ne siamo fieri.”

I materiali e i documenti che si potranno ammirare nel Museo della Santa Fabbrica Gian Carlo Maroni sono tutti inediti e provenienti da una collezione privata: una documentazione fotografica che comprende anche scatti inediti di d’Annunzio e Maroni al Casseretto; i libri di Maroni con le dediche del Comandante; i foulard in seta con i motti dannunziani più celebri; la cosiddetta “stoffa araldica” realizzata da Guido Marussig con lo stemma di Principe di Montenevoso; gli abiti di Gian Carlo Maroni e i suoi oggetti personali e di lavoro. E ancora, i plastici di alcune opere progettate da Maroni, come il teatro all’aperto, il Mausoleo, Schifamondo, il tutto corredato da un apparato iconografico in grande parte mai visto.

Vita privata e vita di cantiere si sono sempre alternati nell’esistenza di Maroni e oggi il visitatore può finalmente conoscere questo personaggio rimasto sempre nell’ombra nel suo “francescano” Casseretto, che era però il luogo della fattività della Santa Fabbrica, il luogo della produzione delle idee e della loro realizzazione.

Il Museo offre anche una sala denominata “de vivis lapidibus”, che ospiterà piccole mostre temporanee e, in occasione dell’apertura del Museo, è dedicata ai ritratti di Gian Carlo Maroni.

 

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