“Ai ragazzi non importa vivere o morire. Vogliono sentirsi parte di un gruppo, accettati dagli altri. L’alcol per loro è una risposta ai problemi della solitudine”. E’ in questa analisi, lucida ed impietosa quanto realista, la grande sfida che il Coordinamento alcol-guida deve vincere. Spezzare questo rapporto di causa-effetto. Dimostrare ai ragazzi che ci si può divertire, si può stare assieme sentendosi a proprio agio, anche senza riempirsi d’alcol. “Dobbiamo evitare – dice Michele Rubertelli, direttore del Distretto sanitario altogardesano – che anche da noi si faccia largo la cultura del bere che vediamo in molti paesi nordici, dove si beve non per il gusto, non per il piacere, ma con il solo obiettivo di ubriacarsi. Una tendenza che riconosciamo anche tra i nostri giovani, dobbiamo fermarla”. Tanti gli ospiti, ieri pomeriggio al centro di alcologia di Arco, che hanno aderito all’invito del Coordinamento guidato dai dottori Carpineta e Grottolo, menti di un programma che da quest’anno entra nel vivo. C’erano tutte le forze dell’ordine (stradale, carabinieri, finanza, commissariato, polizia municipale di Arco e Riva) e c’erano tanti amministratori: i sindaci di Riva ed Arco, di Molina, il vecesindaco di Torbole, l’assessore di Dro. Infine docenti, presidi, i titolari delle autoscuole, gli operatori sociali alle prese con una realtà difficile, quella del disagio giovanile che si trasforma in consumo di alcol. “A questi ragazzi non importa di morire” dice un’insegnante dell’alberghiero. “La trasgressione è sfida, diventa motivo di aggregazione, non importa a quale prezzo” commenta una infermiera. La strada da seguire, quindi, è quella di presentare l’alcol per quello che è. Senza enfatizzarlo ne demonizzarlo. Chi beve troppo non è più furbo degli altri, semplicemente ha meno probabilità di arrivare alla vecchiaia. Che motivo c’è per emularlo?
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Dimostrare ai ragazzi che ci si può divertire, si può stare assieme sentendosi a proprio agio, anche senza riempirsi d'alcol.
Allarme alcol
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