lunedì, Febbraio 24, 2025
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Aratro del Lavagnone, un’occasione culturale per il Garda

Da qualche giorno una copia dell’aratro del Lavagnone è esposta, con buona pubblicità e una certa enfasi, a pochi chilometri di distanza dall’originale conservato nel Museo “Rambotti” di Desenzano del Garda.

L’operazione promossa dal consigliere comunale lonatese Oscar Papa fa seguito alla proposta del consigliere desenzanese Rino Polloni di spostare a Milano, in occasione dell’Expo, l’originale dell’aratro o una sua copia. L’esibizione della copia a Lonato è accompagnata dalla rivendicazione del Lavagnone, luogo del ritrovamento, come territorio lonatese.

Va innanzitutto precisato che l’aratro è stato rinvenuto da Renato Perini negli anni ’70 del secolo scorso nel settore I del suo scavo, interamente nel territorio comunale, all’epoca nel campo del sig. Pegoraro, oggi parte dell’area acquistata dal Comune di Desenzano.

L’amministrazione comunale ribadisce, da un lato, l’impossibilità di uno spostamento del prezioso e delicato reperto, del quale del resto non dispone in quanto patrimonio dello Stato, dall’altro sottolinea l’importanza di mantenere a Desenzano l’originale dell’aratro risalente al 2000 a.C., in virtù di una giusta contestualizzazione all’interno del Museo archeologico.

Il Museo Rambotti infatti non è costituito solo dall’aratro ma da un insieme di reperti, pannelli, attività e laboratori didattici. Dare un’occhiata a una copia non sostituisce l’emozione di trovarsi di fronte all’oggetto realizzato da un uomo di 4.000 anni fa e la comprensione che nasce da un percorso di visita studiato e collaudato.

Il Museo di Desenzano infatti, che nel settembre scorso si è ampliato con due nuove sale, è una realtà in forte crescita, come dimostrano i dati sui visitatori: 3.072 nel 2012, 3.377 nel 2013 e 4.396 nel 2014, oltre ai 563 bambini coinvolti nei laboratori e ai 286 partecipanti ad altre iniziative. A breve verrà inaugurata, al piano superiore, una sala didattica che riproduce fedelmente l’interno di una palafitta.

Va anche detto che la copia esposta a Lonato non è una ricostruzione completa, mancando della stanga e del doppio giogo, presenti invece (parzialmente ricostruite, ma visivamente distinguibili dall’originale) nell’allestimento di Desenzano e quindi è poco utile, sia per capire la funzione dell’aratro che per godere dei dettagli, come le fini incisioni presenti sulla parte originale del giogo (vedi foto).

Sono a confronto due idee di divulgazione culturale: una che propone la fruizione dei reperti in un contesto coerente e di forte impatto emotivo, l’altra che punta sulla spettacolarizzazione presso un pubblico indifferenziato, accompagnata da un pizzico di orgoglio territoriale.

La promozione della cultura e delle eccellenze del territorio non è un fatto episodico ma comporta continui investimenti: neanche un anno fa, con il contributo del Rotary Club, si è provveduto al restauro dell’aratro e alla sua collocazione su nuovi supporti in una teca climatizzata. E’ poi necessario assicurare il dovuto decoro e sicurezza: a questo proposito è stata rifatta la facciata e sono state appena rinforzate le misure di prevenzione e di allarme, con installazione di un sistema di videosorveglianza. Parlando di cifre, il restauro è costato 14.000 euro, la messa in sicurezza oltre 15.000, la manutenzione di infissi e facciata circa 14.000, altrettanto l’acquisto e la recinzione dell’area degli scavi.

Va infatti ricordato che il Comune di Desenzano ha acquistato il terreno di ritrovamento dell’aratro – dal 2011 censito dall’Unesco come “patrimonio dell’umanità” – per proteggere al meglio l’area e consentire futuri sviluppi di promozione turistica.

«Più che discutere per portare la copia dell’aratro a Lonato o a Milano – afferma il sindaco Rosa Leso – potremmo lavorare insieme per creare un circuito culturale che promuova visite guidate nei siti di maggiore interesse del territorio gardesano, ottenendo molto di più in funzione di Expo 2015. Abbiamo gioielli come la villa romana, il Museo Rambotti e il castello di Desenzano, la rocca viscontea e le fornaci romane di Lonato, il castello di Padenghe e la rocca di Manerba, la villa romana di Toscolano; vogliamo fermarci a promuovere la copia di un reperto?».

«Ritengo che il compito di un consigliere comunale – conclude il sindaco di Desenzano – sia quello di promuovere l’attrattività turistica della propria città anziché portare in giro un “falso reperto”, che i visitatori si limiteranno a guardare senza capirne il valore e senza conoscere il territorio né l’antica cultura di appartenenza».

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2 Commenti

  1. Gentile Sindaco Signora Rosa Leso.
    Ho letto con interesse la sua opinione riguardo l’aratro.Poche persone ne conoscono l’esistenza e a volte la pubblicità’ fatta su vari fronti e’ necessaria per divulgare importanti messaggi e far conoscere alla gente le nostre ricchezze culturali.
    Le ricordo inoltre che il Museo Archeologico ,era solo il convento e la pertinenza secondaria della chiesa di Santa Maria de Senioribus che dicono sia stata sede Vescovile Catara. Trasformata e ristrutturata nel 1800 in un magnifico Teatro decorato da Sanquirino uno dei decoratori della Scala di Milano e divenuto il fiore all’occhiello del Lago di Garda e dintorni. Le ricordo inoltre che il Comune ha venduto il Palco Reale alla mia famiglia così come tutti i Desenzanesi proprietari dei palchi.Questa acquisizione ha consentito nel 1950 alla mia famiglia di far rivivere l’antica importante e ormai fatiscente struttura per dare ai Desenzanesi un Cinema modernissimo e all’avanguardia per quei tempi.Nel 2004 come lei ben saprà’ e’ stato di nuovo ristrutturato dalla Teatriz srl poi e’ subentrato Preziosi ed è’ storia recente.
    Mi perdoni se mi sono dilungata in racconti che forse Lei già’ conosce. Se fosse così’ le chiedo ,per quale motivo nell’elencare le strutture storiche di pregio non nomina il Teatro Alberti nato sulle vestigia di Santa Maria de Senioribus? Peraltro le ricordo che sia il Teatro che la Pizzeria ,sono vincolati dai beni Culturali,Architettonici e Paesaggistici della Soprintendenza.
    Ho trovato molte targhe davanti a varie strutture che ne ricordano la storia , niente che ricordi le origini del Teatro Alberti .
    Mi farebbe piacere quando lei avesse tempo di farle vedere la parte superiore dell’immobile, dove si vede la volta imponente della chiesa.
    Cordiali Saluti.
    Patrizia Bergamaschi

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