Il numero degli interventi – spiega il comandante della Guardia costiera Marco Ravanelli – è rimasto sostanzialmente invariato nel corso del 2007. È tuttavia cresciuto il numero delle imbarcazioni che abbiamo dovuto soccorrere perché in secca, soprattutto tra la rocca di Manerba e l’isola di S.Biagio o, più a sud, tra Sirmione e punta Grò.«La gente, convinta di conoscere le varie zone del lago come le proprie tasche, esce dai corridoi che sono stati predisposti e finisce sugli scogli. Una questione di imperizia». Cui bisogna aggiungere l’abbassamento dei livelli dell’acqua, che ha ulteriormente complicato la navigazione sul bacino benacense.«In altri casi – prosegue Ravanelli – abbiamo dovuto trainare gli scafi in porto, a causa di avarie al motore o perché si era scaricata la batteria. C’è chi sta a crogiolarsi al sole per l’intera giornata, tenendo acceso il frigo, l’aria condizionata e la radio. Quando decide di rientrare, ha la cattiva sorpresa di non poter partire. In luglio poi sono calati sul Garda centinaia di olandesi e belgi, molti di loro con scafi di sei-sette metri, dotati di motori entrobordo. Non rispettano le regole e corrono come pazzi».Sul discorso delle chiamate fasulle: «In alcuni casi è stato dato l’allarme credendo di vedere una barca in difficoltà (un errore di valutazione). In altri, invece, la persone che avevano dei problemi sono rientrate regolarmente, e chi ci ha chiesto di accorrere si è poi dimenticato di avvertirci. C’è ancora qualcuno che si diverte a telefonare, sollecitando il nostro intervento (quando invece non è successo proprio nulla) o insultandoci, ma le nuove tecnologie consentono di risalire agli esecutori di tali chiamate».
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