«Una nuova ipotesi inquietante in una vicenda che tuttavia, è bene ricordarlo, fino ad oggi ha avuto fin troppi risvolti quasi farseschi». All’indomani delle rivelazioni del nostro giornale, che ieri ha pubblicato i contenuti della relazione di un tecnico, secondo i quali le ormai tristemente famose bombe della Nato, sganciate nel lago nell’aprile ’99, si troverebbero nella zona della Rocca di Manerba, il sindaco del paese, Isidoro Bertini, reagisce con fermezza ma senza cedere ad eccessivi allarmismi, anche perchè una cosa pare certa: non sarebbero gli ordigni con uranio impoverito, balzati alla cronaca in questi giorni. «Sulla vicenda delle bombe nel Garda fino ad oggi si è fatta tanta confusione, e tanto rumore, ma di risultati concreti se ne sono visti pochi – dice il primo cittadino dell’importante località turistica valtenesina -. E credo che la speranza di tutti sia naturalmente che nel lago si continui a non trovare nulla, specie ora che all’allarme per la presenza degli ordigni si aggiunge quello relativo all’uranio impoverito. Certo è che ora l’allarme è stato lanciato: un allarme sicuramente inquietante, che noi abbiamo il dovere di raccogliere attivandoci presso le sedi di competenza e chiedendo quanto prima controlli e verifiche». Bertini annuncia innanzitutto l’intenzione dell’Amministrazione comunale di contattare quanto prima l’esperto balistico autore della perizia, Antonino Chilà, per verificare la consistenza delle sue ipotesi e per avere in prima persona il suo parere di esperto. In seguito il Comune si attiverà nei confronti di tutti gli organi competenti in materia. «I risultati di questa ricerca coinvolgono ovviamente il nostro paese in maniera del tutto inattesa – spiega -. Se riterremo che alla base della perizia vi siano motivazioni solide, non esiteremo a contattare tutte le autorità competenti, dal ministero della Difesa alla Nato, per chiedere che controlli e accertamenti vengano estesi anche alle acque manerbesi. Nella speranza, ovviamente, che ancora una volta si tratti di un falso allarme». Nell’aprile ’99, quando apparve nei cieli quell’aereo che, dopo avere sganciato i serbatoi sui monti del Vicentino, lasciò cadere sei bombe nel lago di Garda, sembrò che il tratto interessato fosse davanti a Toscolano Maderno. E il sindaco Paolo Elena si attivò, assieme ai colleghi rivieraschi, per avere notizie sulla pericolosità degli ordigni. «Ci recammo dal Prefetto – ricorda Elena -, dato che non sapevamo nulla, nè sul numero degli nè sul tipo. Ci dissero che tre bombe erano a guida laser e tre a grappolo. E assicurarono che non erano pericolose». Da successivi rilievi è emerso che l’F15 è entrato sul Garda da punta San Vigilio, uscendo a Sirmione. Così i sub della Marina militare hanno cominciato le ricerche sui fondali del Basso lago. «Io – prosegue il sindaco – non intendo essere nè disfattista nè apocalittico. Ma vorrei risposte chiare e precise, per mettere a posto la verità. Gli esperti sostengono che, prima di sganciarle, le bombe vengono disattivate. Di conseguenza, là dove adesso si trovano, non provocherebbero guai. Tanto più che il lago è pieno di ferro: ordigni della guerra ’40-45, draghe affondate, ecc. «Ma la storia dell’uranio impoverito induce a essere cauti. Mi piacerebbe sapere come stanno esattamente le cose – continua Elena -, rafforzando magari il numero delle squadre che stanno effettuando le ricerche. Possibile, poi, che queste bombe definite intelligenti siano improvvisamente diventate mute, e non facciano scattare l’allarme sul sonar?». Ripercussioni sul turismo? «Non bastasse la vicenda della statale 45 bis, interrotta a Limone, adesso rispuntano gli effetti del conflitto nel Kosovo. E l’immagine sull’esterno non è positiva. Ripeto: bisogna dissipare tutte le ombre, facendo chiarezza». Claudio Andrizzi Sergio Zanca