Al di là del discorso dei danni e del risarcimento, il terremoto ha aperto un dibattito sul futuro di Salò. «Il sisma del 1901 – ricorda Vincenzo Zambelli, meccanico, ex consigliere comunale – consentì una riqualificazione generale, trasformando un paese di pescatori in uno turistico». Col sindaco di allora Marco Leonesio, e l’aiuto di Giuseppe Zanardelli, capo del governo, che garantì i finanziamenti, vennero risanate numerose case, costruito il lungolago (prima gli edifici lambivano le acque) e approvato un nuovo piano regolatore: creazione di tre slarghi, sventramento del quartiere Sant’Antonio, ricostruzione del Palazzo municipale e delle scuole femminili, sistemazione del Tribunale, realizzazione delle abitazioni operaie, smaltimento delle acque piovane, nuova strada dei Colli. E oggi? Quali trasformazioni si possono attendere, al di là delle piccole o grandi «riparazioni» del sisma del 2004? «Non sappiamo quale sia il progetto degli amministratori attuali – prosegue Zambelli, nel dibattito al cinema teatro Cristal -. Il Palazzo municipale, ad esempio. I tecnici hanno spiegato che, per renderlo agibile, occorrono quattro milioni di euro per il restauro. Ma è giusto che gli uffici restino lì? Non sarebbe più opportuno tenerlo come sede di rappresentanza, per la celebrazione di matrimoni civili, l’effettuazione di convegni, dibattiti, concerti, eccetera, trasferendo gli uffici altrove, in una zona dotata di parcheggi?». «Dopo quel gravissimo terremoto, Salò rinacque – interviene Aurelio Nastuzzo, presidente degli Amici del Golfo, che hanno avuto l’idea della passeggiata a lago, ora parzialmente realizzata -. Oggi abbiamo un’occasione irripetibile e irrinunciabile. C’è la possibilità di rinascere in fretta». Ma Gianpiero Cipani non sposa tali indicazioni. «Nel giugno ’99, quando siamo stati eletti – dice il sindaco -, abbiamo trovato un progetto per realizzare 36 mila metri cubi nella zona del piazzale Martiri della Libertà, vicino all’ex calzaturificio. Noi ci siamo impegnati a togliere quella volumetria. Il Palazzo municipale deve rimanere là dov’è, salvo il trasferimento (al massimo) di alcuni uffici. I servizi sociali, ad esempio, potrebbero andare in via Fantoni, all’interno del Liceo, dopo che gli studenti si trasferiranno nella nuova struttura di Campoverde. Ma niente più». Poi Cipani dà una buona notizia: gli edifici pubblici sono assicurati. «In passato – aggiunge – non esisteva nessuna copertura. Per fortuna che nel 2000, sollecitati dal segretario Giuseppe Iovene, abbiamo trasformato tutte le polizze, inserendo eventuali rischi sismici. Non recupereremo tutti i 4 milioni relativi alle crepe e alle lesioni subite, dato che i premi non erano elevatissimi, ma qualcosa sì». Nè va trascurato il discorso dell’ospedale. «Non vorrei che il terremoto fosse la botta definitiva per chiuderlo – afferma Gian Paolo Comini, preside delle scuole medie della Valtenesi, ex assessore comunale e provinciale -. Bisognerebbe chiedere un impegno a Carlo Borsani, il responsabile provinciale». Replica del sindaco Cipani: «E’ un tema complesso. La notte del 24 novembre i pazienti del reparto di Psichiatria sono stati trasportati altrove, e l’edificio chiuso, poichè dichiarato inagibile. Ho chiamato gli ingegneri, che hanno dichiarato: l’ospedale è il meno lesionato tra gli edifici pubblici. Ed ho fortemente sollecitato la direzione generale a riportare i servizi. Così sono tornati gli ambulatori, la dialisi, i prelievi, eccetera. La situazione è insomma la stessa di prima. Il futuro? Stiamo a vedere. Vi assicuro, comunque, che nei prossimi cinque anni, fin tanto che rimarremo ad amministrare, non cambieremo la destinazione. Manterremo l’immobile a uso sanitario. Non concederemo ad alcuno la possibilità di trasformarlo in un condominio residenziale».
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Molti spunti dal dibattito al «Cristal» su opportunità e problemi dopo il sisma. Zambelli chiede scelte coraggiose: «Un’occasione storica per cambiare»