lunedì, Dicembre 23, 2024
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Si cerca di calcolare il danno alle colture: avviato dalla Provincia un censimento immediato tramite i ComuniGroppello e Botticino 2002 saranno quasi introvabili. Si lavora per salvare la vendemmia 2003

Colpiti 600 ettari, vigneti come d’inverno

Trentacinque minuti di grandine per cambiare il paesaggio dei vigneti della Valtenesi come se si fosse piombati in pieno inverno. Viti spogliare non solo dell’uva, ma anche dei tralci, perdite in molte aziende vicine a 100%. «Stiamo lavorando per salvare la vendemmia del 2003», dice Sandro Redaelli De Zinis guardano le sue viti a Calvagese ed aggiunge che in 60 anni non ricorda qualcosa del genere sul Garda. Eppure il bilancio dei danni alla viticoltura bresciana è diverso da quello che è apparso domenica mattina ai viticoltori bresciani, quasi tutti testimoni agghiacciati ed impotenti dello scempio del loro lavoro che si stava compiendo. Alla valutazione relativamente (molto relativamente) più pacata delle ore di ieri, nell’incrociarsi delle informazioni, qualche piccolo miracolo si è pure registrato. La terribile riga dritta che unisce Rodengo a Lazise, ha risparmiato qualcosa. Qualche grappolo si è salvato anche ai margini dell’inverno. Ci si adopera per farlo maturare fino a vendemmia. Poca cosa e soprattutto di qualità non certo memorabile. Intanto che si fanno i conti si fa strada la consapevolezza che il danno peggiore è altro: per produttori di qualità è terribile stare fuori dal mercato per un’intera annata e, almeno in parte anche oltre. Si devono studiare con rapidità i modi (e soprattutto i tempi brevi) per far sopravvivere le aziende come imprese. Sandro Redaelli dice che il primo modo, che abbiamo tutti, è quello di comprare il vino delle aziende colpite. Quello che è già in cantina, s’intende. Anche Michele Scarpari di Botticino chiede di non abbandonare il Botticino, perchè in cantina ce n’è di due annate eccellenti. Poi qualcosa di immediato lo possono fare le banche, che hanno la rapidità per farlo, erogando prestiti per la ripresa. Nel frattempo si deve muovere la più lenta macchina della dichiarazione dello stato di calamità naturale e degli aiuti pubblici. Delle lentezze sa bene l’assessore regionale Viviana Beccalossi che promette procedure d’urgenza. C’è già, dice l’assessore provinciale Mantelli, il modulo nei comuni per segnalare i danni alle colture ed alle strutture. Si farà a tempo di record, promette per trasmettere la documentazione a Milano e poi subito a Roma. Ma non ci accontenti, avverte l’Unione agricoltori, di risarcire il raccolto. Il danno, come abbiamo già notato, va ben oltre. Mentre nei comuni si riempiono i moduli, abbiamo cercato di chiarire l’entità del disastro almeno per quanto riguarda i vigneti, ma ci sono serre bucherellate, stocchi di mais denudati, 200 mila piante di olivo colpite dalla grandine con la perdita quasi certa di 500 tonnellate di olio. Per quanto riguarda la vite, la zona più colpita in percentuale (ma è anche la più piccola) è il Botticino. Dice il presidente del Consorzio Michele Scarpari che si è salvata solo qualche vite in comune di Rezzato. I 100 ettari di Botticino e Caionvico registrano perdite dell’80%. Un danno qualitativamente ingente lo ha subito il Garda. Sono 400 gli ettari di vigna colpiti in elevata misura. Se fosse il 100% sarebbero 4 milioni di bottiglie sparite dal mercato. Disastrosa la situazione nelle aziende di Redaelli a Calvagese, di Avanzi a Puegnago, del presidente dell’Ente vini Pancera pure a Puegnago o a Costaripa, gioiello dei Vezzola. Si è salvato però il basso Garda così che il presidente del Consorzio più colpito, quello del Garda Classico che è Diego Pasini, stima nel pur altissimo 50% la perdita nella zona. Un 50%, media crudele, che sta per qualcuno tutto, per altri nulla. Ma questo suggerisce il rimedio di allentare le redini nella vendita delle uve, proprio per salvare le aziende, visto che l’uva è persa. Nell zona è enorme il danno agli ulivi. La produzione sarà assicurata solo dall’Alto Lago, su fino a Campione. Salvo totalmente il Lugana, come assicura Paolo Fabiani che presiede quel Consorzio che non era affatto tranquillo per il nuovo allarme previsto per la notte scorsa. In Franciacorta i danni sono concentrati ad est. «A Gussago e Rodengo, è come si fosse potato», assicura il tecnico del Consorzio Franciacorta Campostrini. Meglio (si fa per dire) del temuto, con 100-150 ettari persi su 1.800 totali. Danni però per moltissime aziende che da quelle zone non attigeranno le uve, soprattutto rosse, di pregio.

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