Il 3 febbraio del ’99 10mila metri cubi di roccia precipitarono sulla Gardesana e uccisero Gino Avancini, pensionato 79enne di Arco di Trento che transitava tra Riva e Limone. È passato un anno: l’anniversario impone un bilancio. Per quel che riguarda la viabilità, il problema è stato risolto a tempo di record, con grande sollievo degli imprenditori turistici di Limone e dell’Alto Garda bresciano. Novantotto giorni dopo la frana, il 12 maggio, la strada veniva riaperta al traffico. A tutt’altro ritmo è invece proseguito il corso della giustizia, dalla quale i familiari di Avancini attendono che sia fatta luce su eventuali responsabilità. Se ne sta occupando la Procura della Repubblica di Rovereto. Nel corposo fascicolo del sostituto procuratore trentino Fabio Biasi, tra numerosissime perizie geologiche, c’è anche un esposto denuncia contro l’Anas e la Provincia autonoma di Trento presentato dal legale di fiducia dei quattro figli della vittima, l’avv. Gloria Canestrini di Rovereto. Le ipotesi di reato ipotizzate dal legale sono quelle di omicidio e disastro colposo. Accuse gravissime per l’Anas e la Provincia autonoma di Trento, cui i familiari della vittima attribuiscono la responsabilità dell’incuria e dell’abbandono in cui è stata lasciata per anni la vecchia strada del Ponale, situata poco più a monte della Gardesana ed anch’essa travolta dalla frana del 3 febbraio. La magistratura dovrà accertare chi fosse responsabile della manutenzione della strada, e quali interventi questo responsabile abbia o non abbia disposto su quella porzione di versante montuoso, tradizionalmente e notoriamente franoso, che un anno fa è precipitato sulla Gardesana, uccidendo una persona.
!
Ii familiari di Avancini attendono che sia fatta luce su eventuali responsabilità
Di chi è stata la colpa della morte di Gino Avancini?
Articoli Correlati