Compie un anno, ma questo compleanno non sarà celebrato. Oggi non ci sarà nessuna festa, nessuna candelina da spegnere, nessun regalo; solo il doveroso ricordo di quanto è successo e l’umana comprensione del dramma che si è abbattuto su centinaia di famiglie. Oltre naturalmente, augurandosi che da qui arrivino le buone notizie, a fare il punto della situazione per analizzare ciò che è stato fatto e quanto ancora resta da fare. Era la sera del 24 novembre, dodici mesi fa. Le 23.59 quando la terra ha tremato sotto i piedi. Venti secondi per tanta paura e 215 milioni. Di danni. E un rapido calcolo dà l’idea di quanto, in così poco tempo, il terremoto abbia sconvolto il Bresciano. Numeri che ancora adesso, a distanza di un anno, fanno veramente impressione: 65 i comuni colpiti, quasi 4000, tra pubblici e privati, gli edifici lesionati, più di 2000 le persone che in meno di un minuto si sono trovate improvvisamente fuori di casa; lo zero, fortunatamente, si è registrato alla voce vittime (nove erano stati i feriti lievi), a differenza di altri episodi verificatisi in Italia negli ultimi anni. A questo, altro aspetto positivo, si aggiungono le migliaia di persone che in questi dodici mesi, a più livelli, si sono rimboccate le maniche per far fronte all’emergenza. Ma i primi mesi sono stati veramente duri. A farla da padrone è stato il disorientamento: era passato più di un secolo dall’ultima scossa tellurica di una certa rilevanza in provincia (proprio a Salò nel 1901) e quasi nessuno, anche se il territorio di Brescia è da sempre inserito in quelli maggiormente a rischio, si è trovato preparato a gestire una situazione di simile disagio. Ma è stato proprio in quel momento che è emerso il coraggio della gente di Garda e Valsabbia: nonostante la disperazione, le abitazioni lesionate, il Natale passato nei tendoni, con il 2005 si è voltato pagina. La ferita è stata difficile da rimarginare, ma poco alla volta ci si è riusciti. Tanti coloro che sono scesi in campo: ovviamente i sindaci dei paesi colpiti, la Provincia, la Regione e anche il Governo, oltre ai comitati dei cittadini che da sempre si sono battuti per perorare la causa della gente. Una data per così dire fatidica è stata il 21 marzo, il giorno in cui è stata pubblicata l’ordinanza che ha stabilito i criteri per la ricostruzione, portando i rimborsi per le prime case all’ottanta per cento con un tetto massimo di 130 mila euro; misure che il commissario delegato Massimo Buscemi, in collaborazione con il soggetto attuatore dell’ ordinanza Silvio Lauro, responsabile della sede bresciana della Regione, aveva stilato insieme al suo pool di esperti ma che erano state perfezionate anche in considerazione delle richieste che i comitati avevano con forza portato avanti. «Ci farebbe piacere naturalmente avere un rimborso totale – era stato il pensiero della gente – ma almeno i criteri per la ricostruzione possono farci ripartire». Anche gli amministratori avevano espresso la propria soddisfazione: un primo passo era stato fatto. Ma forse proprio perchè molto spesso il primo passo è quello più difficile e faticoso, non tutto è andato per il verso giusto. Strada facendo si è capito che quei 120 giorni per presentare i progetti prioritari per la ricostruzione non erano sufficienti, e che una proroga di qualche settimana era inevitabile. Tutto rinviato dunque al 30 settembre. Ma prima del nuovo termine una data molto significativa e da sottolineare è stata il 9 settembre: il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso è tornato a Brescia per la prima volta dopo il terremoto e per parlare di terremoto. In quella circostanza ha rassicurato la gente: ci sarà la proroga dello stato dell’emergenza, necessario per continuare a ricevere il sussidio dell’autonoma sistemazione. E sempre in quell’occasione, a fronte di pressanti richieste da parte dei comitati, il commissario Massimo Buscemi lasciò trasparire una certa disponibilità a concedere ancora qualche giorno. Si arriva così al 14 ottobre: un primo paletto viene fissato, vengono presentati 1700 progetti prioritari mentre (ancora per mezzo di una proroga) i termini per gli altri progetti sono posticipati al 20 gennaio. Ora ci sono le basi per la ricostruzione, con 100 milioni di euro già stanziati da Governo, Regione Lombardia e Provincia di Brescia, oltre ai contributi dei privati. E adesso Silvio Lauro può esprimere la propria soddisfazione per quanto è stato fatto in questo periodo: «Credo che dopo un primo momento in cui l’impatto con il terrremoto abbia lasciato tutti disorientati – spiega il dirigente della sede bresciana della Regione – tutti i soggetti coinvolti nell’emergenza abbiano capito che occorreva remare tutti nella stessa direzione. Noi abbiamo fatto la nostra parte, gli amministratori locali la loro e anche i cittadini hanno dimostrato grande responsabilità. Mi auguro che le sinergie che si sono create in questi mesi e che hanno prodotto risultati importanti non si sfaldino e la collaborazione possa ancora durare nel tempo». E ora cosa succederà? Nessuno può formulare previsioni eccessivamente ottimistiche, ma tutti possono augurarsi, considerato quanto i bresciani sono riusciti a fare in questi mesi, che anche questa emergenza sarà superata. Con impegno e dignità, senz’altro, ma soprattutto, come è stato fatto in questi mesi, senza piangersi troppo addosso. Oggi arriverà anche Guido Bertolaso, che dovrebbe confermare la proroga dello stato di emergenza: soltanto questo potrebbe essere un regalo di compleanno davvero gradito per le quasi ottocento persone che un anno dopo sono ancora fuori casa.