Porfirio, filosofo neoplatonico interpretò nel Solstizio d’Estate una metafora come fosse una porta attraverso la quale le anime scendevano sulla Terra assumendo un corpo.
Poiché il corpo deve aver godimento, molte erano, nell’antico, le feste per quel godimento
Nel basso lago, i paesi festeggiavano e non solo nel Solstizio d’estate con pesci, molte volte pesci poveri, in quanto questi abbondavano proprio all’inizio dell’estate.
Le sardine e le aole (alborelle) erano di questi pesci.
Le Sardine si ammassano per la riproduzione proprio nei giorni centrali di Giugno, nelle acque basse (fra i 5 ed i 10 metri), ed al Vó di Desenzano la pesca è facile, e si vedono in quei giorni decine e decine di barche, verso sera, a pescare.
Nelle case, nelle osterie di Desenzano e di tutto il Garda venivano abbondantemente cucinate e ne rimane la tradizione abbastanza estesa e forse qualcuno “antico” ricorda che anche le sardine hanno avuto, nella mitologia, una loro parte.
Al tempo degli Dei, ne succedevano di tutti i colori ed oggi se ne racconta con molti più colori (ovviamente salvo la verità) e sembra che il Dio Benaco una volta si arrabbiò proprio con le Vestali.
Le birichine avevano trascurato le attenzioni doverose alla cura del fuoco ed avevano riversato altrettanto ed intenso fuoco amoroso verso dei semidei o peggio verso dei comuni mortali.
Finiti gli incontri amorosi anche il fuoco di omaggio agli Dei era spento, e Benaco ne sanciva immediatamente la punizione: quelle Vestali divennero Sardine.
Non è detto però che chi pesca le sardine e nemmeno chi le mangia si aspetti di trovarsi di fronte ad una di quelle allora bellissime Vestali.
La Sardina di Lago, pesce povero, si è arricchita dal calore di brace di frassino, di ulivo e di vecchia vigna, e le viene reso onore poi con le prime bottiglie dei Lugana e dei Chiaretto, e cucinate sulle brace al naturale, poi con aglio olio e prezzemolo, e pure in saòr alla gardesana, alternando fa i piatti gli allegri accordi ritmici dello stappare i tappi.
Le ricette
La Sardina di Lago (Alosa Fallax) si pesca fra la tarda primavera e la fine estate, in acque basse, quindi più calde, fra i 5 e 10 metri.
Le acque basse sono sul Garda denominate “Vó”, riduzione dal latino “Vadus” che significa “guado”, per l’appunto acqua bassa, e sul Garda di Vó ce ne sono sette.
Si cucina sia fritta che ai ferri , ma ai ferri si presta meglio ad essere poi elaborata.
Le brace, dovrebbero essere fatte con legna di ulivo ed poi alimentate con groppi di vigna.
Le sardine, di pari dimensioni, si dispongono sulla graticola (quella doppia in modo da poterle voltare meglio).
cottura al naturale
coprire con sale grosso almeno un ora prima, poi toglierlo e risalare ed appoggiarle su brace vive per 15/20 minuti e servire ben calde;
con prezzemolo aglio ed olio
si cuociono a brace non vive (fuoco lento) per circa due ore e aggiungere verso la fine l’olio, e ben tritati l’aglio ed il prezzemolo;
con cipolle o in saòr alla gardesana
prendere una buona quantità di cipolle bianche (5 kg. per 1Kg. e ½ di sardine), tagliarle a fettine sottili (piangendo q.b.!) , coprirle di olio del Garda e “farle andare” a fuoco lento per circa un’ora e mezza, disporre le sardine, precedentemente cotte al naturale, a strati in una teglia aggiungendo ad ogni strato le cipolle prima preparate (si può anche aggiungere una manciata di uvetta e di pinoli) ed irrorare ( meglio Luganeggiare) con almeno un litro e mezzo di Vino bianco di Lugana e ¾ di litro di aceto rosso, portare ad una leggera ebollizione senza coprire la teglia per almeno mezz’ora. Vanno servite fredde e sono meglio gustabili dopo alcune ore.
da “I quaderni del Rigù”