Sono già iniziate a fine maggio le visite all’isola del Garda il martedì e il giovedì con partenze dal porticciolo di Barbarano alle 9.30 (costo 27 euro), ma sarà da domani che la Navigarda estenderà il servizio da Garda il lunedì alle 10.40 e da Sirmione alle 14.40, mentre il mercoledì saranno effettuati collegamenti da Portese alle 10.05 e da Salò alle 10.17. I turisti potranno così visitare uno dei luoghi più suggestivi e ricchi di storia del territorio benacense.L’isola già nell’Ottocento era considerata una zona naturalistica di grande interesse e si può affermare che nulla sia mutato in quasi due secoli: il bosco mediterraneo, i giardini all’italiana, i fiori, soprattutto buganvillee, formano uno scenario di rara bellezza.I lasciti della storia sono, invece, più nelle memorie che nei monumenti. Carlomanno, con diploma dell’879 fece dono dell’isola ai monaci di San Zeno di Verona. Federico Barbarossa nel 1180 la diede in feudo agli antenati di Biemino da Manerba il quale, secondo la tradizione, la regalò a San Francesco che vi avrebbe fondato il cenobio nel 1221; per questo fu nota anche come Isola dei frati. All’epoca i romitaggi francescani erano semplici luoghi di vita ascetica: grotte, capanne, povere dimore. Furono comunque i primi francescani a introdurre la coltivazione degli agrumi e di altre piante diventate tipiche non solo dell’isola, ma di tutta la riviera gardesana.Nel 1224 Federico Barbarossa, dopo aver visitato il romitorio con il Vescovo di Trento, lo prese sotto la sua protezione, e concesse ai monaci la licenza di pesca su tutto il lago. Tre anni dopo vi approdò sant’Antonio da Padova, ministro generale dell’Ordine. Sarebbe stato tuttavia San Bernardino da Siena, giuntovi per la prima volta nel 1422, a promuovere la realizzazione del convento. Lo stesso santo ne avrebbe tracciato il disegno in stile francescano: cellette con finestrelle gotiche e piccoli chiostri a giardino. Fu poi riedificato e ampliato dai religiosi nel 1438.Padre Francesco Licheto (della famiglia Lechi di Brescia), dedito agli studi del pensiero di Duns Scoto, vi istituì attorno al 1470 una famosa scuola di teologia e di filosofia. Il commento del Licheto fu stampato da Paganino dei Paganini, chiamato da Venezia, che installò sull’isola la sua officina tipografica; si ebbero così, nel 1517, i primi due libri editi nel territorio gardesano.Il letterato salodiano Silvan Cattaneo (XVI secolo) lasciò ricordo del cenobio cinquecentesco «accomodato talmente nel sasso vivo di stanze comodissime ed onorate di claustri e di loggie e giardini quanto monasterio altro sia in Italia, avendo riguardo alla picciolezza del sito».Sull’isola si ritirarono Giano Fregoso, generale veneziano nel 1510 e doge di Genova nel 1512, e suo figlio Alessandro. Nel Seicento iniziò la decadenza del convento e nel 1795 il Governo veneto ne decise la soppressione. L’ultimo padre guardiano, Bonaventura di Casalloro, fu costretto a chiuderlo e ad abbandonare l’isola.I decreti napoleonici del 1798 la requisirono; la Repubblica Cisalpina la vendette nel 1800. Nel 1817 divenne proprietà del bresciano conte Luigi Lechi che vi profuse entusiasmo e mezzi nel recupero della vegetazione e dell’antico convento riattato ad abitazione. In essa vi ospitò illustri personaggi, fra cui i musicisti Rossini e Donizetti, i letterati Pindemonte e Arici, gli artisti Basiletti e Vantini.Dopo altri passaggi di proprietà, sorse dal 1900 al 1903 sulla dimora Lechi il nuovo palazzo di stile neogotico veneziano, che ancora si ammira, voluto dal duca Gaetano De Ferrari di Genova e da sua moglie, l’arciduchessa russa Anna Maria Annenkoff. Fu progettato dall’architetto genovese Luigi Rovelli e la nuova fabbrica cancellò definitivamente il ricordo dell’antico monastero.
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Il servizio per visitare uno dei luoghi più suggestivi del benacense