Qualche anno fa, Enzo Dellea, si chiedeva piuttosto sconsolato: esiste ancora una gastronomia gardesana? Causa principale della decadenza, era indivisuata nell’abbandono di ricette locali che nel passato avevano dato lustro a parecchie trattorie e ristoranti. Inoltre, Dellea sottolineava che la cucina del Garda non poggia su tradizioni profondamente autoctone ma risente notevolmente degli influssi dell’entroterra. In realtà, tutto l’arco costiero che va da Sirmione, attraverso Desenzano, Salò, Gardone Riviera, Maderno,Gargnano, sino a Limone, é posto sotto l’egida della cucina bresciana. Tra Riva e Torbole e dintorni si mette in vista la cucina trentina. Poi, da Malcesine fino a Peschiera, la gastronomia veronese tiene banco. Infine, da Peschiera alle porte di Desenzano, qua e là fa capolino la cucina mantovana. Tenuto conto che il ’pescato’ d’acqua dolce lacustre è la rete che unisce la cucina del Garda, per il resto sono assai utili e piacevoli gli apporti delle migliori espressioni culinarie dei quattro diversi territori, a patto che le ricette vengano rispettate o, se non altro, ’ritoccate’ con mano leggera. Naturalmente, nessuno più si scandalizza se su queste sponde viene proposta la cucina di mare, ormai presente persino nei rifugi alpini, tuttavia ci si può consolare con il fatto che le vere specialità lacustri, nell’ultimo decennio, sono tornate in auge, come dimostrano i menu dei ristoranti gardesani più qualificati, dove si da spazio alla cucina del territorio. Al Cavallino di Desenzano, lo chef-patron Gianfranco Dallai propone specialità tematiche, come la fantasia di pesce crudo marinato, i gnocchetti di pesce di lago, il lavarello con mandorle e zucchine. Lì in mezzo, ci sta bene anche un tocco di alta cucina, ossia il piccione al fois gras su purea di mele. Ancora in quel di Desenzano, all’Esplanade, si ricerca il vitello nostrano per i medaglioni con fiori di zucca, poi si manipola ad arte un gratin di zucchine, ricotte, erbette e pancetta croccante. L’orto gardesano, anche se piccolo, vuole la sua parte. Più appariscente l’aspetto cuciniero lacustre a Villa Fiordaliso di Gardone Riviera: risotto di tinca con piselli e taccole; pesce di lago in gelatina. Poi una puntata nella vicina Val Sabbia con i ravioli di bagoss, mentre l’alta cucina si esprime nei petti d’anatra con spugnole e miele di tiglio. Simpaticamente terragna, la cucina del ristorante Alla Campagnola di Salo: capponcini di erbette ai funghi porcini, rotoli di faraona con ripieno di funghi, fiori di zucchine ripieni. Sempre a Salò, all’Antica trattoria alle Rose, si scopre un buon esempio di cucina al vino: le quagliette disossate al Groppello. Invece, le pur gustose pappardelle al ragù di anatra, nel nome della pasta mettono in evidenza un toscanismo che sarebbe piaciuto a Giacomo Puccini. A proposito, il grande compositore suggerì la ricetta delle «folaghe alla Puccini», in lista al Savini di Milano, fin quando restò di moda la cacciagione dei selvatici di penna. Ancora a Salò, il ristorante dell’Hotel Laurin, ben condotto dalla famiglia Rossi, fin dagli anni Sessanta tiene in auge la cucina gardesana di stretta osservanza. Lo testimonia il Piatto del Buon Ricordo ’Trota in salsa Picedo’, ossia insaporito con abbondante spruzzata di Chiaretto di Picedo, un cru del celebre vino. Anche adesso la carta propone: aole fritte, terrina di anguilla, crostone con le alborelle, risotto con anguilla, luccio in concia con polenta, regina del lago (trota) con olio del Garda al rosmarino. La «solita» trota si sta prendendo delle rivincite straordinarie, purché si tratti di «salmo trutta lacustris», quella che vive nelle acque profonde del Garda. Si sa che si può preparare in mille modi. Qui il più antico è quello di girarla sulla graticola, meglio con la brace di legno d’olivo, per poi condirla con olio e limone del Garda. Un tempo, al Grand Hotel di Gardone Riviera, si preparava la «trota salmonata alla Walter Scott», dedicata all’autore di celebri romanzi, come Ivanhoe e La donna del lago. Un piatto complesso, che si fa con due trote, una grande e una più piccola, entrambe lessate con aromi. Su dorso della grande si praticano otto intagli, in modo che possano contenere ciascuno un medaglione ottenuto con la polpa della trota più piccola. Come condimento ci vuole la salsa Chantilly, derivata dalla maionese. Infine, la decorazione prevede lamelle di tartufo e losanghe di peperoni rossi e gialli. Altra elaborazione dell’epoca, la “trota specchiata in acquario”. Dopo essere stata cotta in brodetto di vino bianco con aromi, la trota viene ornata con gamberi d’acqua dolce e conchigliette, indi piazzata in uno stampo rettangolare a forma di piccolo acquario ornamentale, con le pareti rivestite di gelatina oleosa. Nella realtà odierna, se andiamo alla Tortuga, elegante locale di Gargnano, degustiamo la terrina di pesce di lago, con olio del Garda e aneto, oppure il filetto di lavarello, con capperi (pure del Garda) e pomodoro. Ottimo il luccio in salsa pescatora e polenta. Non stiano in allarme i carnivori, per loro qui sono disponibili il petto d’anatra all’aceto di mele e l’agnello alle erbe aromatiche. Luciano Imbriani(I-continua)
!
Piatti tipici su una tavola allestita in uno stand d’una fiera enogastronomica gardesana
Gastronomia gardesana
Articoli Correlati