martedì, Aprile 15, 2025
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Gioco pubblico in Italia: quale futuro tra regole e riforme?

Il dibattito sulla regolamentazione del gioco pubblico in Italia, in particolare del settore fisico, non accenna a fermarsi. Anzi, continua a rappresentare un tema di grande complessità, caratterizzato da una molteplicità di attori istituzionali e da una normativa stratificata che spesso genera inefficienze e conflitti.

Nell’ultimo periodo si è tornati a parlare prevalentemente dell’applicazione dei distanziometri e delle limitazioni orarie, strumenti regolatori che coinvolgono operatori del settore, enti locali, Stato centrale e autorità giudiziarie. Un tema spinoso, che abbiamo affrontato coinvolgendo gli esperti della redazione di Giochidislots: “Il cuore della questione deve rimanere la tutela della salute degli utenti, obiettivo che deve guidare qualsiasi intervento normativo. Anche se trovare la quadra tra così tanti interessi coinvolti è sempre più difficile”. Una difficoltà che porta a soluzioni tampone come le proroghe delle concessioni, sintomo evidente delle difficoltà generate dalle restrizioni territoriali. Una soluzione a cui lo Stato deve ricorrere quasi in maniera obbligata, per evitare un effetto espulsivo che renderebbe impossibile la continuità del servizio. “L’imposizione di distanze minime tra punti di gioco e luoghi sensibili, come scuole e chiese – spiegano da Giochidislots – o le limitazioni orarie eccessive, riducono drasticamente la possibilità di aprire nuovi punti autorizzati. Questo problema è stato evidenziato anche dal Consiglio di Stato nel 2018, che ha sottolineato come la normativa regionale e comunale abbia generato una frammentazione del quadro giuridico, creando situazioni di stallo e paralisi”.

Eppure con le attuali restrizioni non sembra che si siano raggiunti gli obiettivi prefissati per quanto riguarda la tutela della salute pubblica. L’analisi dei dati raccolti in 15 anni di applicazione di distanziometri e limitazioni orarie ha evidenziato un calo della spesa per il gioco tramite apparecchi distribuiti nei territori, ma contemporaneamente si è registrato un aumento significativo della spesa in altre forme di gioco non soggette alle stesse limitazioni. Questo fenomeno ha portato quindi non a una riduzione complessiva del gioco d’azzardo, ma solo a uno spostamento delle abitudini dei giocatori, con il rischio di favorire il gioco illegale o transfrontaliero. “La regolamentazione, dunque, deve basarsi su evidenze scientifiche e non su misure inefficaci dettate da pressioni mediatiche o da una visione ideologica del fenomeno”, precisano ancora gli esperti.

Serve allora un riordino legislativo unitario che stabilisca criteri chiari e uniformi per la regolamentazione del settore. Un esempio di approccio alternativo arriva ad esempio dalla Regione Campania, dove sono state messe in campo politiche attive di qualificazione dell’offerta attraverso la formazione degli operatori e la creazione di un registro di autoesclusione anche per il gioco fisico. Stabilità, chiarezza delle regole, normativa aggiornata e non semplicemente prorogata potrebbe garantire maggiore certezza agli operatori e contribuire a una distribuzione del gioco più sicura e controllata. Per arrivare a tutto questo, però, serve un confronto costruttivo tra tutte le parti coinvolte, evitando decisioni calate dall’alto che non tengano conto delle reali dinamiche del settore. Ed è proprio qui che ci si è sempre fermati. È proprio da qui, allora, che si deve ripartire.

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