venerdì, Novembre 8, 2024
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Settimana di fuoco in microchirurgia. L’équipe della Pederzoli ha eseguito tre complessi interventi per riattaccare due dita, una mano e un pollice amputati

I consigli per gestire l’emergenza

Tour de force all’insegna della microchirurgia per l’équipe del centro di chirurgia della mano della clinica Pederzoli. In una settimana i dottori Alberto Donadelli, Nicola Collini e Cristof Fulco, coordinati dal responsabile Ruggero Testoni, hanno compiuto tre interventi riattaccando prima due dita, poi una mano e infine un pollice. La settimana di superlavoro è iniziata giovedì scorso, quando alla clinica Pederzoli si è presentato un giovane pensionato della Valpolicella con l’hobby del fai da te e due dita in meno della mano destra: l’anulare e il mignolo: «Era stata una sega circolare a praticare il taglio netto», spiega il dottor Donadelli, «in questi casi il compito è agevolato rispetto a un’amputazione per schiacciamento, anche se l’ intervento resta di microchirurgia. Tutto è andato bene e il paziente è stato dimesso». Più complesso è stato l’intervento di sabato scorso quando all’ospedale si è presentato un operaio di Vigasio addetto al trasporto rifiuti. Mentre stava scendendo dal camion gli è caduta sul dorso della mano una barra d’acciaio che gli ha procurato una amputazione quasi totale dell’arto: «In questo caso abbiamo dovuto praticare una sintesi ossea delle dita della mano assai complessa», spiega Donadelli, «oltre a una ricostruzione dei tendini e a un intervento di microchirurgia di ricostruzione dei nervi e dei vasi sanguigni indispensabili per consentire la vita della mano. Anche in questo caso l’operazione è perfettamente riuscita, si tratta della prima parte, quella funzionale a salvare la mano, poi seguiranno altri interventi per la funzionalità e per eliminare eventuali aderenze. Con l’équipe al completo abbiamo lavorato oltre quattro ore». La microchirurgia implica l’uso del microscopio, il chirurgo cioè opera usando una sorta di binocolo che gli ingrandisce la visuale e gli consente di cucire vasi sanguigni piccolissimi, utilizzando fili più sottili di un capello e non visibili ad occhio nudo, come pure gli aghi. Il terzo intervento è stato effettuato l’altro ieri, quando è giunto da Trento in elicottero un operaio a cui un tubo d’acciaio aveva tagliato di netto, anche in questo caso fortunatamente invece di schiacciarlo, il pollice della mano destra: «Il pollice è un dito particolare», spiega Donadelli, «il più importante della mano, perché consente l’opposizione delle dita e dunque permette di afferrare gli oggetti. Per questo motivo è molto importante riattaccare il dito nel migliore dei modi, in maniera da consentire la massima funzionalità. È ancora presto per dirlo, in quanto i primi giorni il paziente non può muovere la mano ed è sottoposto a terapie anticoagulazione del sangue, ma dal punto di vista tecnico l’operazione è riuscita». Per favorire al massimo il buon esito di un intervento è fondamentale che la parte della mano amputata sia conservata in maniera corretta, se così avviene può resistere anche otto ore, altrimenti si rischia di vanificare gli sforzi dei chirurghi: «Il sistema migliore», conferma Donadelli, «è quello di mettere il dito ad esempio in un sacchetto vuoto e chiuso, che poi deve essere riposto in un recipiente, possibilmente isolato, e pieno di ghiaccio. Questo è il sistema più corretto e non sistemare la parte a diretto contatto con il ghiaccio in quanto provoca ustioni da freddo. Non va neppure bene, come è successo ancora, immergerla in soluzioni alcoliche, che rovinano i vasi sanguigni».

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