domenica, Dicembre 22, 2024
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Al via la campagna ittiogenica della Provincia: partecipano 48 pescatori professionisti su Garda e Sebino. Fecondazione artificiale per 70 milioni di uova. Poi toccherà anche ai lucci

I coregoni nasceranno in provetta

Un «aiutino» ai pesci del lago. Anzi, un «aiutone»: quest’anno saranno 70 milioni le uova di coregone che si schiuderanno grazie alla fecondazione artificiale nelle vasche di uno stabilimento, al riparo dunque dalla minaccia dei predatori e dei livelli «ballerini» delle acque del lago, che spesso lascia in secca le uova deposte vicino a riva. È una cosa che si fa da tantissimo tempo, ma questa si annuncia come la più vasta campagna ittiogenica mai tentata qui. Dopo i coregoni toccherà ai lucci, mentre sono in campo progetti di salvataggio anche per aole e carpioni, le specie più a rischio, primi passi di un vero e proprio piano di riequilibrio faunistico per i pesci del Garda. Dopo anni di impegno ma anche di difficoltà, è entrato a pieno regime il nuovo impianto ittiogenico di Desenzano. E molto si può fare rispetto al passato. Riproduzione artificale? Funziona così. Da ieri sono entrati in azione 45 pescatori professionisti del lago di Garda, e 3 del lago d’Iseo, autorizzati dall’Amministrazione provinciale. Hanno calato le loro reti per pescare coregoni il cui destino non è solo quello di finire in padella: tutti i pesci catturati, che sono nel periodo della riproduzione, verranno prima spremuti per estrarre le uova dalle femmine e il seme dai maschi. Mischiando il «bi-componente», si compirà il miracolo della vita. La differenza, rispetto a ciò che avviene in natura, è che le uova fecondate matureranno nell’impianto di Desenzano, tra vasche e ampolle di vetro. Dopo 40 giorni nasceranno circa 60 milioni di avannotti (la percentuale di schiusa è dell’80 per cento), che in gran parte verranno subito seminati nel lago. Altri (circa 400 mila), resteranno un po’ più a lungo in vasca: verranno liberati quando saranno diventati pesciolini di 4 centimetri, sperimentando così la possibilità di dargli maggiori possibilità di sopravvivenza. Domanda: perchè tutto questo? Non si può semplicemente lasciar fare alla natura? Natura ormai è un concetto teorico: le dighe a monte e a valle rendono instabili i livelli dell’acqua, ci sono predatori che una volta non c’erano, c’è l’uomo tutto intorno con il suo inquinamento, che riduce le capacità riproduttive dei pesci. «In natura – spiega Gaetano Gentili, ittiologo consulente della Provincia – le uova rischiano molto di più: i predatori, la naturale mortalità, un abbassamento dei livelli del lago arrivano a far morire fino all’85 per cento delle uova in certe annate. Con la riproduzione artificiale creiamo una sorta di riserva strategica». L’uomo interviene per limitare gli squilibri che lui stesso ha provocato, e continua a provocare. Ma è confortante sapere che il Garda bresciano si è messo sulla strada di un riequilibrio dell’ittiofauna. Non solo coregoni (che pure hanno molto mercato perchè buoni da mangiare), ma anche altre specie autoctone saranno al centro di interventi. Tra fine febbraio e marzo sarà il luccio al centro di una campagna di riproduzione artificiale, sempre con la collaborazione dei pescatori professionisti, guidati dal desenzanese Marco Cavallaro: i lucci riproduttori verranno catturati con apposite nasse (quelle chiamate «vertovelli» o «aeroplani» dai pescatori del Garda), anche loro spremuti delle uova, e in questo caso saranno poi liberati: l’obbiettivo è di due milioni di uova. Un buon inizio.

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