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I oss de porcel

Quando Desenzano aveva la metà degli abitanti attuali, capitava di raggiungere qualche vicina casa colonica e di dare volentieri un piccolo aiuto o a vendemmiare, a raccogliere frutta o fieno. La residòra ripagava con un cestino di fichi, di cachi oppure di uva. Se era d’inverno, in dicembre o gennaio, partiva l’invito a fermarsi per mangiare oss de porcel. Infatti nei giorni più freddi dell’anno era abitudine nella campagna circostante uccidere il maiale per fare una provvista di carne per tutto l’anno. Di questo animale veniva utilizzata ogni parte per farne insaccati, cotiche, lardo, strutto, sia per condire sia per spalmarlo sul pane. Restavano solo gli ossi con attaccata qualche pellicola di carne. Non era possibile conservarli in quei tempi senza cella frigorifera, (anche se quando il freddo era veramente tale e gelava, alcuni li conservavano nei sottotetti aperti) perciò si invitavano gli amici per consumarli in un pranzo conviviale.

Nei giorni della merla, 30-31 genn. e 1 febbraio 2020, regalano anche a noi quest’anno oss de porcel. Sono talmente tanti anni che non ne vediamo che ne siamo commossi. Sono troppi per noi soli, perciò invitiamo i vicini di casa, signori Ferrari, per uno spuntino. Vengono gentili e generosi come sempre. Non fanno nemmeno un commento sull’aria un pò pesante del tinello, che risente del lungo bollore (cinque ore) degli ossi. Infatti Irene ha voluto cuocerli come usava un tempo: messi in brodo con odori di stagione. Gli ossi hanno bollito, bollito, bollito a fuoco vivace. Solo a un bot (alle 13) Irene ha spento il fuoco e li ha serviti portando in tavola una capiente bacinella di ceramica bianca. La vivanda era cotta a puntino e la pellicola di carne si staccava subito dal supporto osseo, senza richiedere sforzi al commensale. Il cibo era buono al palato, per il sapore insolito; ma non finiva più! Per fortuna è stata poi la volta dei fagottini dolci preparati da Paola Zanusso in Ferrari, seguiti dal caffè. I fagottini avevano un involucro di pasta sfoglia e un ripieno di fettine di mela con uvetta, imbevuto da un liquorino misterioso che ha lasciato sul palato un gusto buono. Il sapore pieno e dolce di questi ha controbilanciato quello ricco e appetitoso degli ossi.

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