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I saluti dal Garda di Isabella d’Este primadonna del Rinascimento

Se non ci fosse il bellissimo ritratto del Tiziano a descriverci coll’acutezza dello sguardo l’intelligenza ed il carattere di Isabella d’ Este marchesa di Mantova (1474-1539), basterebbe questa lettera “gardesana” a rivelarci a fondo le sue doti.

Dunque è il 21 marzo 1514 e la “primadonna del Rinascimento”, come è stata a ragione chiamata, è in visita sul lago di Garda. Da due anni è riuscita a far liberare il marito, Francesco Gonzaga marchese di Mantova, dalla condizione di ostaggio a Venezia e come risultato i loro rapporti si sono incrinati, in quanto egli si è ingelosito del fatto che durante la sua prigionia la moglie, nominata reggente in sua vece, avesse governato con mano ferrea Mantova ed avesse anche sventato gravi pericoli e complessivamente governato meglio di lui.

Così Isabella se ne era andata a “fare un giro” al vicino Lago di Garda, mentre il marito si stava curando dalla malattia da cui non sarebbe più guarito nel suo palazzo mantovano. La lettera comincia raccontando le meraviglie di Sirmione:

“heri fui sul monte a veder le ruine, (la villa romana) et entrai in le cane per vederle bene, sono veramente meravigliose, maxime a me che non ho viste quelle di Roma (le vedrà di lì a poco, quando andrà a Roma a causa dei dissapori col marito) ne mi maraviglio se a Romani piacesse questo sito, et lo avessino in delizia, poiché è bellissimo, et digno di mirabili edificij”.

 

Isabella d’Este nel marzo 1514 scrive al marito, Francesco Gonzaga, una lettera dal lago di Garda, dove si trova per scoprirne le suggestioni. Dapprima decanta le meraviglie di Sirmione, poi della bella Peschiera con il santuario del Frassino dove prega la Madonna. A Peschiera Isabella lascia il suo cuore e, anche se celebra le bellezze di Lonato e Salò tesse le lodi dell’antica Arilica e della sua Rocca che si rammarica sia stata sottratta ai Gonzaga da successive occupazioni e mai restituita a Mantova.

La sua passione umanistica la spinge a voler vedere il più che può dei resti della villa romana, fino a penetrare nel canneto per osservarli meglio e a passare nella visita tutta una giornata:

“Dispensai tutto il giorno a pede et cavallo a contemplare le ruine et sito del Loco. Tanto l’affascina Sirmione che progetta di costruirvi un’abitazione: se Dio presta sanità a vostra eccellenza e che godiamo questi loci in pace sera di fare sopra qualche casino … per piacere et comodità”.

La gita gardesana continua il giorno dopo con la visita a Peschiera:

“Hozi son stata a Pischera, smontando prima alla chiesa della Madonna del frassino, che se dice far tanti miraculi et ben gli sono molte immagine dei voti, et principio de una bella chiesa”.

(La devozione vi aveva avuto inizio nel 1510). Qui si rivela la devota moglie:

“La (Madonna) ho pregata cordialmente per la sanità de v. eccellenza. Ma ben presto ritorna la condottiera e la politica. Andai poi alla Terra (Al villaggio) et intrata dentro trovai el Castellano et Capitano spagnolo qual con molte cortese parole et offerte mi condusse in Rocha, dove vedendo che non gli haveva più di dodice o quindeci Fanti cosa ti pensa di fare?: li mi venne voglia con le mie donne et famiglia (la sua corte doveva essere numerosa) pigliar il Castellano et Fanti et farmi signora di quel loco. Il dover rinunciare all’ idea, forse a causa delle conseguenze internazionali che poteva avere, la mette di cattivo umore: ne senza molte Biasteme sotto voce passorno il Re di Franza e limperatore che ce l’hanno tenuta indebitamente”.

(Peschiera era stata un periodo dei Gonzaga e non restituita loro dopo le successive occupazioni) L’ idea di Peschiera non la lascia:

“Il sito di Lonato è bello, questo di Sermione più bello, ma bellissimo è quello di Peschera et però è da fare ogni opera et pratica possibile per recuperarla. Il pensiero le fa cambiare umore: Confesso a v. eccellenza che ritornando a Sermione son sempre venuta con moscha (indispettita) né ancora mi è passata, considerando il gran Torto ni (ci) è fatto de cosa che poco importa a chi la tene, et a noi seria di molto comodo et piacere. Termina disgustata Horsu più non voglio parlarne”.

La lettera continua in tono più dimesso coi progetti dei giorni successivi.

“Domane andarò a vedere lisola dove stanno li Frati minori (oggi isola Lechi e allora sede di un convento di cappuccini) et poi andar a aloggiar a Sallo (Salò) dove il governatore aveva confermato di poter alloggiare la duchessa e il seguito. De li poi andarò revedendo quella Costera mentre che l tempo è bono… “

Chiude con un pensiero da donna di casa:

“Haverei mandato a v. eccellenza dil Pesce, ma so che non ni manza ne altro Fructo gli è al proposito suo (le va bene) et veramente che pochissimo pesce si piglia, nè doppo che son qua ho visto una Sardella. Dicono che l’aer è troppo chiara, e che li venti regnano al contrario del bisogno”.

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