«È un posto ideale tanto per gli istruttori sub quanto per i principianti di questa disciplina, vista la varietà e il tipo di fondali». «Offre paesaggi fantastici, basta spostarsi di poche decine di metri, o farepercorrere a ritroso il percorso di prima per vedere cose totalmente diverse, di cui prima non ti potevi accorgere». Così risponde un gruppo di subacquei, mentre sta portando l’attrezzatura fuori dall’acqua per adagiarla su alcune panchine di lungolago Vittorio Veneto, poco a nord della chiesa, alle 17 di un sabato pomeriggio di febbraio. Pochi giorni prima qui è morta la prima vittima del Garda del 2007, che è anche l’ultima, in ordine di tempo, di una lunga scia di incidenti. Incidenti e malori quando va bene, perché è invece di morti che si parla e si scrive, quando va male. Tutto, o comunque molto, in questo ristretto specchio di lago tra lo scivolo e la Baia Stanca.Cinquecento metri o poco più per i quali qui convergono sportivi da tutta Italia e anche dall’estero. Il commercialista veronese di 38 anni morto ai primi di febbraio, Andrea Lui, era un subacqueo esperto. Era accompagnato da una coppia di amici, pure loro sub esperti, ma che quella sera avevano deciso di non immergersi. La stessa giovane coppia che, agli inizi dell’estate 2006, aveva rischiato di morire sott’acqua. Nello stesso tratto di Garda. E si era salvata proprio grazie all’abilità dell’uomo, oltre che alla prontezza dei soccorsi. Una morte, quella degli ultimi giorni, su cui potrà fare chiarezza solo l’autopsia, ma che ha lasciato perplessi gli stessi soccorritori.Che c’è, dunque, sotto queste acque, che tanto attirano qui gli appassionati della natura e dei fondali? E perché sono così frequenti gli incidenti? Lo spiega, a margine di un’immersione durata un’ora a 55 metri di profondità, uno sportivo della provincia di Verona che, da 20 anni, si immerge quasi ogni week end in questo tratto.È una sorta di mito, Francesco Scarinci, uno conosciuto, che viene chiamato per nome da gruppi di sportivi di Mantova, Modena, Verona e provenienti da tanti altri posti che, come lui, periodicamente arrivano a Torri a fare immersioni. Ormai anche le forze dell’ordine lo considerano un super esperto di questi fondali, con una lunga esperienza sulle spalle. Assieme all’amico trentanovenne Carlo Minozzi, Francesco Scarinci parla volentieri. «Anche perché», sostiene, «ciò che manca in questa disciplina è proprio un punto di riferimento, un data base che raccolga tutte le informazioni, i dati sugli incidenti, sui pericoli e sulle attrattive di questo e altri posti». Risultato: «Anche chi ha visto cose di ogni genere, in pratica non ha modo di trasmetterle agli altri. Tutto cade nel vuoto o quasi». Hai voglia a scrivere su vari blog, o su siti internet frequentati da subacquei: «Non è affatto la stessa cosa», riprende.Accanto allo scivolo usato dai subacquei c’è una sagola, cioè una corda, che conduce fino a 25 metri di profondità. Là sotto c’è un presepe subacqueo, posato nel 1991, meta di turisti e sportivi di ogni dove. Chi arriva comincia di solito qui il suo giretto negli abissi del lago. «Ma qui sotto c’è pure un altro presepe, da qualche mese a questa parte», rivela Scarinci, «e sta su una terrazzina della grande falesia che si staglia a strapiombo». «La falesia è una grande parete verticale di roccia, una sorta di continuazione del Baldo», prosegue Carlo Minozzi, «qui si spinge oltre i 40 metri di profondità. Sono in molti a seguirla fino al fondo». Poco più avanti, verso nord, c’è una sorta di secca con fondo sabbioso, priva di melma, ideale per i neofiti, dato che è ad appena cinque metri di profondità. «Nelle immersioni notturne si vedono pesci di ogni genere», raccontano i due sub.Più avanti, al monumento ai Caduti del mare, a 10 metri di profondità ci sono due piattaforme didattiche utilizzate dai maestri, c’è pure un monumento dedicato ai subacquei.Ma perché accadono gli incidenti? «Questo sport», riprende Scarinci, «è fantastico ma è pericoloso se chi lo pratica non ha la testa sul collo». Ecco una notizia che è stata sempre una sorta di diceria tra gli appassionati. «A 200 metri dalla riva, dinanzi a Villa Melisa», prosegue lo sportivo, «c’è un tubo per l’aspirazione dell’acqua. Scende fino a 71 metri. Qui non manca chi fa gare di profondità e, quando arriva in fondo, pone dei laccetti attorno al tubo, lascia o scrive messaggi con le dita sul tubo ricoperto dalla melma. Una bravata. Ma non tutti hanno la preparazione e la competenza per quelle profondità». Scarinci passa in rassegna altri comportamenti a rischio cui ha assistito: dall’immersione in solitaria, «Anche se a profondità rilevanti i sub esperti si separano ed è normale», all’utilizzo di attrezzature innovative e valide, ma con miscele di gas poco maneggevoli come il rebreather (vedi articolo sotto, ndr), oppure immersioni in notturna di un solo istruttore con sei o sette allievi inesperti». Una condizione, quest’ultima, che «mi fa rivoltare lo stomaco e mi fa andare via immediatamente», prosegue l’esperto sportivo, «perché penso che solo un deficiente può far correre questi rischi a gente magari alla prima immersione». Chissà se l’appello alla prudenza e alla creazione di un data base accessibile a tutti potrà essere messo in piedi dalle decine di società di sub. Forse anche questo, unito ad un comportamento più prudente, potrebbe evitare molti incidenti.Gerardo Musuraca