giovedì, Aprile 24, 2025
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Dalle scuole agli affari la frana ha cambiato la vita in tutto l’alto lago

Il «caso» Gardesana. Curiosità e tanti disagi

Un caso emblematico è rappresentato dalla signora limonese in attesa del lieto evento ormai imminente; per non rischiare, la quasi mamma si è trasferita nei giorni scorsi a Riva, dove ha affittato un appartamento. In questo modo si trova più vicina alla clinica, ed eviterà di doversi spostare in fretta e furia fino a Gavardo quando dovrà partorire. Il blocco della Gardesana occidentale tra Limone e Riva – determinato dalla frana del 22 dicembre scorso alla Rocchetta – non offre riflessi legati al solo aspetto dell’accoglienza turistica, a quell’industria del forestiero che ormai determina la fortuna economica di tutta l’area. Il blocco della strada incide, infatti, anche sulla vita comune e obbliga gli abitanti dei paesi altogardesani (non solo Limone, ma anche Campione e altre frazioni di Tremosine) ad affrontare la giornata prendendo precauzioni che – in tempi normali – farebbero sorridere. Ne esce un’immagine nuova (che tutti si augurano provvisoria) che nulla ha a che vedere con quella consueta, dettata da un’efficienza patinata, funzionale all’offerta turistica di alto livello. Ride poco, all’interno di questo inconsueto spettacolo, Tarcisio Dagnoli, pescatore limonese. Ogni mattina si reca a Riva per vendere il pesce finito nella rete durante la notte. Con il suo «Apecar» si mette in coda verso le 7 per potersi imbarcare sul traghetto ed essere nella cittadina trentina alle 9. Si reca, quindi, in Piazza delle Erbe a vendere: «Tra andata e ritorno perdo dalle 3 alle 4 ore al giorno, fra attesa del traghetto e traversata: tutto tempo che devo rubare al riposo. E mi costa 25.000 lire. Con l’Ape impiegavo un quarto d’ora e mi bastava un litro di benzina». Dagnoli scende di notte in barca fino al Porto di Tignale; a Riva vende coregone, anguille e qualche luccio. «La notte scorsa, alcuni di noi hanno portato a casa 15 o 20 pesci. Un collega, che si era collocato qualche metro più in là, ne ha tirato in barca 150 chili». Un precedente blocco – simile a questo – si era verificato nel 1999 quando, tra febbraio e maggio, la strada era rimasta chiusa per riparare i danni dell’ennesima frana. Allora ne fece le spese anche la squadra di calcio della Limonese: milita nel girone trentino per questioni di vicinanza geografica, al pari di altre squadre dell’alta Valsabbia. In queste settimane il campionato osserva la pausa invernale, ma tra un mese i «canarini» (giocano in maglia gialla) dell’alto lago dovranno portarsi a Riva in battello, proseguendo poi in bus. E riflessi negativi si abbattono anche sulla vita notturna dei gardesani abituati a raggiungere il basso Trentino. Nei giorni scorsi tutti – o quasi – in castigo: niente cinema o teatri, niente attività culturali, stop ai corsi di ginnastica, nuoto, informatica. E soprattutto, la sera, niente carne salata e fagioli: un piatto che, per gli altogardesani, è un rito in occasione delle feste, e non solo. Tra i giovani, alcuni coltivano amicizie o hanno la fidanzata sull’altro versante della frana. Penalizzati anche loro: l’ultima corsa del battello quasi sempre parte troppo presto. Al pari di Limone, anche le frazioni settentrionali di Tremosine hanno i loro grattacapi. Bazzanega, Ustecchio, Voltino e altre gravitano su Riva e Arco per i servizi, sanità, studio, e in alcuni casi per lavoro: operai bresciani che vanno in Trentino e commercianti tremosinesi che si approvvigionano da fornitori trentini. Un esempio: il titolare di una delle maggiori aziende fornitrici di gasolio, che ha sede a Riva, è originario di Tremosine dove serve il 90% delle famiglie. E sono oltre 20 le persone si recano da Tremosine in Trentino per lavoro. «Subito dopo la frana, nei giorni prima di Natale, partivamo alle 3 per essere ad Arco alle 5, quando inizia il turno in fabbrica. Facevamo il giro del lago, all’andata e al ritorno», racconta Sergio Morandi, di Priezzo. Nella stessa ditta di Arco lavorano dodici suoi compaesani. «Per fortuna, c’è stato qualche giorno di vacanza e adesso attendiamo che la Navigarda, da domani 8 gennaio, adegui gli orari di servizio, anticipandoli la mattina e protraendoli la sera. La nostra ditta è disposta a procurarci una abitazione a Riva. Ma abbiamo tutti qualche cosa da fare, dopo avere smesso in fabbrica. Stare ore e ore a bighellonare non ci entusiasma». Intanto, per qualche giorno, Morandi ed altri operai scenderanno da Tremosine a Limone, lasciando la macchina sulla Gardesana, all’imboccatura del vecchio sentiero del Ponale. Saliranno a piedi (25-30 minuti) fino a Pregasina dove troveranno il pullmino della ditta che li condurrà in fabbrica. Stesso espediente per il ritorno. Sul fronte delle emergenze sanitarie (ricorso a Gavardo e Desenzano anziché a Riva), Tremosine affronta gli stessi problemi di Limone. I «Volontari di Tremosine» gestiscono due ambulanze – poco meno di un centinaio di interventi urgenti all’anno – e sottolineano: «E’ ben diverso raggiungere Riva in una ventina di minuti o Gavardo in oltre un’ora. Tutti parlano di Limone, ma da noi la situazione sotto questo aspetto è addirittura più complicata». Non sta meglio Campione, raggiunto da sud con i bus di linea che, però, non possono proseguire verso Limone. Stesso discorso per il collegamento in pullman da Trento a Milano: adesso prosegue da Riva verso Brescia, attraverso la sponda veneta. Alcuni studenti di Campione si sono trasferiti a Tremosine, da dove possono scendere in bus fino a Limone. Qui prendono il traghetto verso Riva e si recano a scuola. Da Campione non sarebbero in grado di farlo. Bruno Festa

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