Non sarà la dogana veneta, da tempo inagibile, ma la ex biblioteca comunale, sul porto, la sede della sesta rassegna dell’editoria gardesana e veronese, promossa com’è consuetudine dall’associazione culturale Francesco Fontana in stretta collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Lazise. La rassegna aprirà i battenti sabato prossimo 9 settembre e si concluderà il 17 settembre. L’orario per il pubblico è dalle 16.30 alle 22 dal lunedì al venerdì e dalle 10 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 22 nelle giornate di sabato e domenica. Nel corso della rassegna, assurta ormai alla notorietà nazionale, sempre più frequentata dal pubblico gardesano, e sempre più implementata da nuove pubblicazioni a carattere storico, culturale, folcloristico, e delle tradizioni locali, ci sono in programma alcuni specifici appuntamenti dal titolo: «nei luoghi del Fontana». Domenica alle 10 visita guidata al complesso rurale della antica corte del Palù dei Mori, sulla strada che da Lazise porta a Colà. Alle 11 sarà presentato il volume, prenotato già da molti lacisiensi e turisti che amano Lazise, dello storico farmacista dal titolo: Lazise studi storico scientifici. L’edizione è stata curata sotto ogni profilo, grafico ed editoriale, dalla associazione che porta il nome dello storico Fontana. Sabato 16 settembre, al porto vecchio di Lazise, alle ore 18 musiche e letture intorno a «Pulviscolo», romanzo di Franco Ceradini, edizioni Perosini. Una serata, al tramonto del sole nel lago, con lettura di brani tratti dall’opera del Ceradini. Infine domenica 17 settembre, a chiusura della rassegna dell’editoria gardesana, presso lo storico castello scaligero, ora di proprietà della nobile famiglia Bernini, alle 11 avrà luogo la presentazione del volume «Guida ai castelli del veronese», opera di G. Perbellini, F. Meneghelli e M. Gragnato, edito da Cierre edizioni di Verona. Nel corso della manifestazione ci saranno interventi specifici degli autori dell’opera appena citata. La manifestazione avviene nell’ambito della giornata europea del monumento, specificatamente dedicata alla «giornata del castello italiano». Va ricordato inoltre che domenica 10 settembre, in occasione della presentazione del libro di F. Fontana, a Palù dei Mori, saranno consegnati i volumi a coloro che a suo tempo avevano prenotato l’opera con lo sconto specificatamente predisposto dalla associazione culturale.Vittorina Livenza, arzilla signora di 88 anni è l’atleta italiana vivente più anziana d’Italia ad aver partecipato alle Olimpiadi; nel 1928 ad Amsterdam quando a sedici anni gareggiò nella specialità del lancio del disco e della staffetta quattro per cento. La signora Livenza, che è stata nominata madrina di tutti gli atleti azzurri del 20° secolo, ha partecipato alla festa organizzata dal Circolo nautico Brenzone in onore della «Reginetta del Garda» Federica Salvà e della sua compagna d’equipaggio, la triestina Emanuela Sossi, che difenderanno i colori dell’Italia alle Olimpiadi di Sydney nella classe velica 4.70. La manifestazione ha sancito tra l’altro un ideale passaggio di testimone tra le giovani atlete Salvà e Sossi e «nonna»” Livenza, che è stato suggellato dal sindaco Giovanni Zappalà. La signora Livenza è ospite abituale di Castelletto di Brenzone paese d’origine del marito l’ingegner Egisippo Devoti scomparso qualche anno fa. «Mio padre era maresciallo dei carabinieri», racconta Vittorina Livenza, «e per questo io e la mia famiglia abbiamo girato l’Italia in lungo e in largo seguendo papà. Ho cominciato a praticare diverse discipline dell’atletica leggera a tredici anni. Poi mi sono specializzata nel lancio del disco e nella corsa veloce». A sedici anni, prosegue, «ho partecipato alle Olimpiadi di Amsterdam, era il 1928. In quella occasione ho gareggiato sia nella gara del lancio del disco sia nella staffetta quattro per cento. Ai campionati del mondo del 1930 a Praga mi sono classificata al terzo posto nel lancio del disco. In questa specialità ho vinto sei campionati italiani consecutivi e complessivamente in diverse discipline ho conquistato 102 medaglie d’oro che durante il fascismo fui costretta a donare tutte alla Patria». A quei tempi non c’erano ovviamente le strutture e i metodi d’allenamento di oggi, ricorda Vittorina Livenza: «Io gareggiavo per la Società ginnastica Torino e mi allenavo in piazza d’armi fianco a fianco con i militari. Solamente poco prima dei grandi appuntamenti agonistici effettuavo una decina di giorni di preparazione con un allenatore che dovevo raggiungere a mie spese a Dalmine in provincia di Bergamo. Nel 1931», racconta, «smisi di praticare lo sport agonistico perché mi sposai». Ma ha continuato a praticare comunque diversi sport a livello non competitivo: scherma, sci, pattinaggio, nuoto, pattinaggio su ghiaccio, pallavolo; non solo ma fino a qualche anno fa la signora Livenza frequentava ogni giorno la palestra. «Conobbi mio marito ad Aosta», ricorda ancora, «dove nel frattempo mi ero trasferita con la mia famiglia. In quella città Egisippo aveva assunto l’incarico di ingegnere capo del Comune. Dal nostro matrimonio sono nati nove figli: sei maschi e tre femmine che ora sono affermati professionisti. Ora sono una nonna felice e ho 14 nipoti e 5 pronipoti. Ho continuato però a mantenere rapporti d’amicizia con gli atleti della mia generazione; tra questi c’era anche il povero Gino Bartali che ogni volta che mi incontrava mi diceva: “Cara Vittorina ti do due baci, ma non sai andare in bicicletta e questo non mi và”. E poi rideva di gusto. Gino è stato un grandissimo atleta e una persona simpaticissima e di gran cuore». È profondo il rapporto che lega la «madrina di tutti gli atleti azzurri del ‘900» alla riviera degli ulivi: «Ogni anno torno a Castelletto per le vacanze che trascorro nella casa paterna di mio marito», dice Vittorina Livenza. «Qui ho molti parenti e amici ed è un luogo incantevole. Non mi aspettavo che mi invitassero a questa festa. Per me è stata una grande gioia e auguro a queste ragazze (Salvà e Sossi n.d.r. ) una vita piena di soddisfazioni sportive e umane come è stata la mia». Luca Belligoli