Un «racconto cartografico» che segue le linee e i colori disegnati su antiche carte geografiche dalle mani di autori noti e ignoti : una sessantina di pezzi – corografie, carte topografiche, disegni su pergamena, cabrei, stampe, xilografie, vedute prospettiche e a volo d’uccello, planimetrie di edifici, atlanti – provenienti dai maggiori archivi e musei del Nord Italia e anche dall’estero, in molti casi mai esposti prima, che parlano di controllo del territorio, di campagne militari, di gestione della proprietà dei fondi e degli edifici, di interventi per la rettifica dei fiumi, di dispute sulla proprietà, di persone e delle loro vicende, di borghi e di comunità. Disegni «caldi» come vere opere d’arte che colpiscono per l’intensità, la forza, la verità. Un itinerario lungo quattrocento anni che dalla fine del XIV secolo descrive e disegna le terre del lago e il suo microcosmo d’acqua e di terra fino all’inizio dell’Ottocento. Dialoga con queste particolarissime carte un «viaggio» fotografico nell’oggi, realizzato da Pierluigi Faggion: scorci di grande suggestione ripropongono il fascino immutato del paesaggio gardesano. La mostra, inaugurata sabato 26 marzo nella Rocca di Riva del Garda, prosegue fino al 26 giugno. Un percorso espositivo che offre un inedito excursus fatto di una sessantina di pezzi provenienti da diversi istituti di conservazione del Nord Italia, Milano, Modena, Ferrara, Treviso e soprattutto Venezia, patria della prima produzione cartografica di valenza non solo nazionale. La mostra si concentra sulla multiforme produzione cartografica del lago e del suo territorio a partire dai primi tentativi di rappresentazione degli «oggetti» geografici, risalenti alla seconda metà del Quattrocento, fino alle prime mappe catastali d’inizio Ottocento. In mostra una selezione di pezzi che in parte non è mai stata esposta prima, in una rosa in cui spiccano straordinarie «eccellenze» cartografiche: è il caso dell’anonimo disegno ideografico su pergamena della fine del XIV secolo del lago di Garda, uno dei più antichi cimeli della cartografia italiana, che dell’universo lacuale offre una visione unitaria, indizio di precise ambizioni geopolitiche; o della prima carta del Tirolo meridionale basata su misurazioni precise («Le Tyrol Meridional par Josephe de Spergs»); o della più antica immagine che rappresenti con correttezza topografica tutto il Trentino sud-occidentale, firmata da Cristoforo Sorte nel 1560; o, ancora, della più antica raffigurazione a stampa del bresciano, unica pubblicata nella prima metà del XVI secolo («Brixia et agri Geographia»); o, infine, della carta «del suolo compreso tra il Lago di Garda, il Po e l’Adige… per servire alla conoscenza de’ fiumi, canali, e condotti di scolo», circostanziata ricostruzione del sistema idrografico e degli interventi di regimazione tardo-settecenteschi di un vastissimo territorio della regione padano-alpina. Vi è infine un insieme di carte nate dall’operare sul territorio attraverso interventi idraulici, dispute di confine, dichiarazioni di diritti di proprietà; gli interventi di regimentazione del Sarca, lo studio di triangolazione del lago, i disegni delicati di paesi della riviera colti a sorvolo o in spicchi di territorio sommariamente ritratti. Si ritrova qui accennata ma precisa la configurazione dello spazio prima dell’Ottocento dove viti, olivi, coltivazioni e insediamenti sparsi caratterizzano le terre benacensi. «I disegni, le carte, le incisioni e le rare immagini del territorio – dice la direttrice del Museo di Riva del Garda Monica Ronchini – mostrano un territorio gardesano modellato dall’azione minuta delle comunità, dalla rettificazione dei fiumi, dalle coltivazioni, dalle asserzioni di diritti di uso e proprietà・ Indicando concretamente come lo spazio che noi vediamo nella nostra quotidianità sia il prodotto dell’azione continua, secolare di chi lo abita e il risultato finale, ciò che per noi è il paesaggio, sia frutto di un’interazione di lunga durata fra uomini, istituzioni e ambienti». Il primo dei sette livello di lettura che strutturano la mostra è dedicato agli «autori»: alle notevoli personalità dei primi cartografi, spesso vere e proprie «star» della cartografia d’età moderna, come Cristoforo Sorte, Vincenzo Coronelli, Paolo Forlani, Bernardino Brugnoli, Leone Pallavicino, Giovanni Antonio Magini, Gerardo Mercatore. Ma non mancano carte realizzate da interpreti arcaici ma ricchi d’inventiva, com’è il caso di Giovanni Pisato, o da anonimi agrimensori e periti, esperti ingegneri idraulici o abili vedutisti e matematici. Del confronto con queste carte e dalla loro eccentricità rispetto alla nostra visione, il catalogo della mostra mette in luce la pluralità dei livelli di lettura. Dal tema della regimentazione delle acque affrontato da Elena Dai Pra’ e Anna Tanzarella, ai processi di affermazione della rappresentazione geometrica dello spazio, analizzati da Marco Mastronunzio, Thoma Gilardi e Dino Buffoni, alla lettura dei diversi livelli di interpretazione sottesi all’elaborazione delle mappe, affrontati con due insigni esempi da Massimo Rossi, all’intersezione fra fantastico e nascita della rappresentazione cartografica nel testo di Monica Ronchini, per concludere con il saggio di Massimo Quaini, che riporta la centralità dei rapporti fra cartografia e arte. I disegni, le carte, le incisioni e le rare immagini del territorio raccolte nella mostra propongono dunque un territorio gardesano nel suo costruirsi nel tempo, modellato dall’azione minuta delle comunità. «Per molti dei preziosi cimeli in rassegna – conclude la curatrice scientifica Elena Dai Pra’ – l’occasione è propizia perché ne inizi una “seconda vita”: una riscoperta che produca nuovo ascolto dei propri molteplici contenuti e quindi nuova conoscenza: sia per l’agire consapevole nel territorio, sia per la realizzazione di condizioni di benessere e delle società locali».