domenica, Febbraio 23, 2025
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A Maguzzano la posa della scultura sulla cinta conventuale che ospita all’interno lo studio di Vittorio Messori. Un invito alla tulela del patrimonio storico della Chiesa, sabato la cerimonia d’inaugurazione

Il Leone di S. Marco protegge l’abbazia

L’Abbazia di Maguzzano di Lonato, ora tenuta dai padri della Congregazione dei poveri servi della Divina provvidenza fondata da San Giovanni Calabria, inaugura sabato alle ore 11 e benedetta da fratel Raffaele Corrà, rettore dell’abbazia, una riproduzione in marmo del Leone di San Marco, opera di Giovanni Fasoli della Fidia Marmi di Valpolicella. La scultura sarà collocata, col patrocinio della Fondazione Masi, sulla parete perimetrale dell’antica cinta conventuale, che ospita al suo interno lo studio dello scrittore e giornalista Vittorio Messori. Alla breve funzione religiosa seguirà una refezione nel cortile rustico della stessa abbazia.L’iniziativa è dovuta alla congregazione che oggi officia la chiesa e che tiene nell’abbazia un centro di studi e di incontri spirituali di rilievo interregionale, su un’idea espressa da Vittorio Messori. L’opera vuole ricordare con questo gesto la secolare appartenenza del compendio abbaziale alla Repubblica Veneta e richiamare al contempo la necessità che altre abbazie, sparse non solo nel territorio italiano ma anche oltralpe, e non più officiate da gruppi di monaci, siano, come è stato fatto per quella di Maguzzano, sottratte all’incuria e all’abbandono e recuperate all’uso per le quali erano state erette, formando una rete di luoghi consacrati alla preghiera e all’ospitalità di pellegrini e viaggiatori che fino alle occupazioni napoleoniche aveva costituito prova di civiltà della cristianità europea; un invito, quindi ad un’opera di salvaguardia di un grande patrimonio storico- religioso che rischia di andare irrimediabilmente disperso.Aderendo all’invito di Vittorio Messori e dei padri custodi dell’abbazia, la Fondazione Masi, che festeggia proprio il 30 settembre il venticinquesimo conferimento annuale dei Premi Masi civiltà veneta, che sono attribuiti a personalità della cultura, dell’economia e dell’arte di un «Veneto più largo» che corrisponde ai confini dell’antica Repubblica di Venezia, ha ben accolto la proposta di contribuire ad una iniziativa che costituisce un riconoscimento della tradizione e dei valori anche attuali della civiltà veneta.Maguzzano appartiene alla diocesi di Verona, con la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta. Costruito, o meglio ricostruito, alla fine del secolo XV (la chiesa fu consacrata il 23 ottobre 1496) il complesso rinascimentale ne sostituisce un altro che già esisteva nel secolo IX quando, sulla strada romana che congiungeva Brescia a Verona, transitarono gli ungheri invasori, portando ovunque – eravamo nel 922 – distruzione e morte.Rimasto senza monaci, il piccolo monastero fu negli anni successivi all’incursione abitato dal solo abate la cui non specchiata moralità attirò dapprima le ammonizioni del vescovo Raterio. L’incorreggibile abate, più volte ammonito e renitente, fu infine allontanato ed il vescovo decise allora di trasformare il monastero – era il febbraio 996 – in un canonicato, non più monaci dunque ad abitare quelle celle ma preti, viventi secondo le regole dei capitoli canonicali, nessuno dei quali avrebbe portato la veste monastica e che sarebbero stati comunque tenuti, oltre che alla Messa, alla recita di tutte le ore canoniche.Successivamente soggetta – ma siamo ormai nel secolo XV – all’abbazia padovana di Santa Giustina, finalmente nel 1491 il complesso fu affidato ai monaci di San Benedetto in Polirone, che edificarono chiesa e abbazia.Qui la storia registra il soggiorno a Maguzzano di un importante ecclesiastico: il cardinale Reginaldo Pole, della casa di York (rosa bianca), amicissimo del vescovo di Verona, Gian Matteo Giberti.A cavallo fra il secolo 18° e 19°, anche questa abbazia fu soppressa da Napoleone che ne incamerò i non numerosi beni, ma il complesso, passato in mani private, ospitò ancora dal 1903 al 1938 monaci trappisti, finché, acquistata dalle sorelle Girelli di Lonato non venne affidata alla famiglia religiosa dei Poveri servi della Divina provvidenza (fondati da San Giovanni Calabria, che vi hanno condotto pur essi nuovi importanti lavori).

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