domenica, Dicembre 22, 2024
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Gelmini: "dopo circa un mese la figlia ci ha detto che la madfre è praticamente rinata"

Impianatato a Signora 103enne un pacemaker ad Hoc

Ogni tanto avvengono dei piccoli miracoli che, oltre a segnalare nuovi limiti ad alcune tecniche, comprovano ancora una volta quanto può essere forte l’organismo umano che abbia oltrepassato i cent’anni di vita. Dopo la protesi al femore che s’era procurata una signora di 105 anni nel gennaio scorso, un’altra centenaria, la sig.ra Metilde Grazioli, di Pozzolengo, nata il 23 ottobre 1904, ha sorpreso un po’ tutti dopo l’impianto pacemaker impiantatole all’Ospedale di Desenzano alcune settimane fa. Dopo una comprensibile cautela, il Dr. Gian Paolo Gelmini ci racconta la vicenda.“La signora è giunta il 21 aprile alla nostra osservazione per comparsa di importante riduzione della frequenza cardiaca, definita tecnicamente bradicardia assoluta (con frequenze cardiache che raggiungono anche i 20 battiti al minuto), associata a sintomi caratteristici del collasso cardio-circolatorio. Una condizione che può portare senso di mancamento, un’importante difficoltà respiratoria, perdita della conoscenza associata a convulsioni e perdita del tono muscolare con conseguente alto rischio di mortalità”.Una situazione serie che si poteva risolvere solo con l’impianto di un pacemaker, esatto?“Proprio così. L’unica possibilità di risoluzione del problema è, infatti, l’impianto di un pace-maker definitivo”.Può sommariamente ricordarci come funziona un pacemaker?“Il pacemaker è un dispositivo che invia, attraverso un elettrocatetere, corrente elettrica al cuore determinando una contrazione cardiaca (ovvero un battito cardiaco); il pacemaker, grazie ad un piccolo computer che porta all’interno, stimola artificialmente il cuore quando questi non è capace da solo di mantenere una adeguata frequenza cardiaca; è programmabile dall’operatore e fa in modo che il battito cardiaco non scenda mai sotto un valore minimo che di solito è di 50-60 battiti al minuto. Il pacemaker trae l’energia sufficiente a svolgere quest’attività da una batteria posta al suo interno e che ha la durata di 5-10 anni. La corrente prodotta dal dispositivo è talmente debole che il paziente non la avverte minimamente. Inoltre, cosa non di poco conto, rispetto a 20 anni fa, quando un pacemaker pesava circa 100 grammi ed aveva una superficie di circa 60 centimetri quadrati, oggi, grazie all’evoluzione tecnologica, abbiamo a disposizione pacemakers che pesano al massimo 10-12 grammi, con un ingombro minimo ”.Il pacemaker è ormai un rimedio consolidato per tutte l’età. Quant’è importante per un paziente anziano?”Negli anziani l’incidenza di bradicardia severa, tale da richiedere l’impianto di un pace-maker, cresce con l’età. Circa il 17% dei soggetti ultra ottantenni va incontro ad impianto di pace-maker. Nei soggetti ultra-cente-nari la comparsa di bradicardie severe non solo determina un’altra mortalità ma provoca anche alta morbilità. Questi pazienti con frequenza cardiache molto basse, vanno in contro a rapido deterioramento delle condizioni psico-fisiche e, in particolare, con la tendenza all’immobilità assoluta, la perdita delle comuni abitudini di vita, alimentazione compresa, fino al rischio elevato di traumi ortopedici da cadute accidentali legate alla perdita di conoscenza. La nostra paziente presentava, infatti, da qualche settimana svogliatezza perdita dell’appetito,e tendenza a rimanere per tutto il giorno a letto in quanto non riusciva più a compiere le normali attività”.Quindi c’erano tutte le indicazioni per impiantare un pacemaker a questa signora di 103 anni. Ma non è un intervento un po’ pericoloso?“Pericoloso non direi, complesso e che necessita di una certa cautela sicuramente sì. Infatti, nei soggetti ultracentenari l’impianto di un pacemaker, che di solito è un intervento di piccola chirurgia eseguito in anestesia locale, richiede particolari attenzioni e per diversi motivi. Il primo perché l’anatomia vascolare del paziente può cambiare a seguito di forti cifosi con dislocazione dei comuni punti di reperimento della vena da incanulare; nel caso specifico la paziente presentava una cifosi pronunciata e ciò aveva dislocato il punto di ingresso nella vena succlavia con conseguente difficoltà all’introduzione dell’elettrocatetere. Inoltre abbiamo accorciato i tempi di intervento ed abbiamo ottimizzato sia le dosi di anestetici locali che di sedativi (inferiori rispetto alla norma) per evitare il rischio che la prolungata sedazione potesse causare depressione re-spiratoria. Una volta posizionato il filo all’interno del cuore va “confezionata” a livello del muscolo pettorale una tasca sottocutanea che deve accogliere il pacemaker; in questo caso specifico è stato necessarioconfezionare una tasca ad hoc, di dimensioni tali cioè da evitare che il pace maker “scivolasse” più in basso (i pazienti ultracentenari hanno un tessuti poco rappresentati ed estremamente fragili) e determinasse uno”stiramento o peggio una possibile dislocazione del filo dal cuore con rischio di perdita totale di funzionamento del pacemaker”.Com’è andato l’intervento della signora?“La paziente ha superato brillantemente l’intervento e, già dopo un giorno di degenza, ha ripreso una normale vita di relazione, una normale alimentazione, ed ha cominciato subito a scendere dal letto, tornando di fatto ad una vita pressoché normale. Inoltre, a quasi un paio di mesi dall’intervento, abbiamo saputo tramite la figlia, che la signora è praticamente “rinata” e che ringrazia tutti per la ” nuova vita” che le abbiamo ridato.Certo è ovvio che, quando si decide di eseguire un intervento di questo genere, bisogna sempre valutare le condizioni generali del pazienti, l’associazione con malattie debilitanti irreversibili o minacciose per la vita; ma nel caso di pazienti sani e relativamente attivi, come è stato per la signora, non vi possono essere con-troindicazioni all’impianto di un pacemaker”.“Ecco un’altra notizia di buona sanità per la nostra azienda – aggiunge il Direttore Generale Mauro Borelli -. Dopo i ringraziamenti della signora toscana allergica al latice per la buona riuscita del parto cesareo, ecco l’im-pianto di un pacemaker ad un’arzilla signora di “soli” 103 anni alla quale, grazie al continuo progresso della medicina ed all’ottimo lavoro del nostro personale sanitario, gli è stata donata una nuova vita. Due notizie riguardanti un neonato ed un’ultra centenaria che, oltre a donare un po’ di buon umore, fanno bene non solo all’AOD, ma anche alla sanità pubblica”,

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