giovedì, Dicembre 19, 2024
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Folla commossa ad Esenta per i funerali del parroco che fu motore di tante iniziative per i poveri e il terzo mondo. Il vescovo Giulio Sanguineti: «È stato un grande seminatore di speranza»

In tremila salutano don Serafino

Una folla straordinaria, commossa e silenziosa, ha partecipato ieri mattina ai funerali di Don Serafino Ronchi, 67 anni, parroco di Esenta e prima ancora a Vighizzolo di Montichiari, deceduto mercoledì dopo lunga malattia. Se la piccola chiesa di Esenta con 2-300 ospiti, tra religiosi, anziani ed autorità, era già stracolma, nel piazzale antistante e nel cortile della nuova «Casa Don Serafino» si erano assiepate almeno tremila persone, giovani ed anziane, tutte accomunate dalla stessa amicizia e riconoscenza per l’uomo che per circa 40 anni ha significato molto per la loro vita ed il loro impegno sociale e spirituale. Per l’occasione i due campi di calcio della frazione lonatese erano stati trasformati in parcheggi e persino tutte le strade che convergono verso il cimitero e quando è iniziata la funzione religiosa c’era un unico, lungo serpentone di automobili. Dal sagrato della chiesa si son viste, per una buona mezz’ora, lunghe colonne di persone a piedi discendere dal viale collinare e quell’immagine, in una splendida giornata di sole, pareva ricordare il flusso dei pastori che nel tempo natalizio convergono verso il loro ricercato presepio. I saluti ed i ringraziamenti delle tre autorità principali, il sindaco di Lonato Perini, il presidente della Provincia Alberto Cavalli ed il Vescovo di Brescia Giulio Sanguineti, sono stati pronunciati prima dell’inizio della Santa Messa ed hanno avuto come palcoscenico il giardino interno di quella «Casa Don Serafino» che proprio ieri è stata inaugurata dopo anni di lavoro e di sacrifici da parte di tutti i volontari del Grimm, l’associazione fondata da Don Serafino vent’anni fa per portare nel mondo l’impegno missionario. Il passo del Vangelo letto in chiesa non poteva essere più azzeccato per l’occasione, con quelle parole di Cristo: «non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato». Ed il Vescovo si è lasciato ispirare da quelle parole di Gesù, pronunziando parole forti di consenso e di apprezzamento per la grande opera pastorale ed umanitaria compiuta da Don Serafino in 43 anni di sacerdozio. «Don Serafino aveva l’anima del fare – ha detto il Vescovo – non ha mai respinto nessuno, ha accolto la volontà del Padre e l’ha adempiuta. Ha insegnato a tutti noi di non divenire schiavi delle strutture ed è stato un seminatore di speranza, soprattutto tramite il suo Grimm, specchio della sua mente e del suo cuore…E’ stato il protagonista del nuovo stile di evangelizzazione e noi siamo qui per ringraziarlo…non saremo custodi sonnolenti del suo sepolcro». Al termine della funzione religiosa sono stati pronunziati otto discorsi dedicati a Don Serafino, tra cui quello della sua classe sacerdotale 1962, quello del Grimm, dei suoi amici volontari del Sudamerica, degli scolari di Esenta e della Consulta per la Pace del Comune di Brescia. Il corteo si è poi incamminato verso la collina, con il gruppo dei 50 sacerdoti in testa, che avevano concelebrato con il Vescovo e con l’Abate di Montichiari, ed accompagnato dalle note della Banda musicale di Lonato ha fatto ingresso, verso mezzogiorno, nel piccolo cimitero di Esenta dove ora la salma del benemerito parroco riposa nel loculo posizionato lassù, vicino al cielo, nel punto più alto accanto alla cupola della cappella. La piccola frazione di Esenta non dimenticherà mai più questo 19 marzo, giorno di San Giuseppe e per tradizione dedicato ormai in tutta Italia alla figura del padre. Ed in effetti Don Serafino Ronchi è stato davvero il “padre spirituale” per tanta gente, bresciani e non, giovani ed adulti, nonni e nipoti. Tutti ha saputo trascinare con entusiasmo e spirito di comunità nella grande avventura del volontariato in Italia, in Albania, in Africa, in Sud America, in Asia ed in altri angoli del pianeta (tramite il Grimm e la Cooperativa la Tenda) dove si levavano alte le grida di sofferenza dei poveri e dei diseredati. Un’opera che non si è solo sviluppata in quei paesi lontani ma che ha trovato radici profonde anche nel terreno dell’educazione alla pace e con mirati interventi solidaristici nella nostra terra bresciana.

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