“Un buon posto dove stare”, la prima fatica letteraria della scrittrice Francesca Manfredi, vincitrice del Premio Campiello Opera Prima, precisamente la cinquantacinquesima edizione ed è stato presentato a Pacengo, al centro polifunzionale di Via Croce con un buon successo. E’ stato il secondo appuntamento della rassegna “Lazise tra le pagine” promosso dalla Biblioteca Comunale in stretta collaborazione con la cooperative Charta che da alcuni mesi gestisce la biblioteca collocata nella ex scuola materna di Colà.
L’autrice, incalzata dalle domande della bibliotecaria Ilaria Bazerla, ha risposto con grande garbo e naturalezza a tutti i quesiti posti ed ha quindi sviscerato ogni piega del suo lavoro che è composto da undici racconti che hanno per protagonisti persone comuni, immerse in situazioni all’apparenza ordinarie, ma che nascondono inquietudine, mistero ed ambiguità.Episodi che possono sembrare una sorta di appunti di viaggio ma che di fatto rendono immagini e situazioni ognuna diversa e particolare.
La scrittrice, classe 1988, quindi giovanissima,è allieva della Scuola Holden diretta da Alessandro Baricco e sta già lavorando ad un romanzo che vedrà la luce nei primi mesi del prossimo anno. Un genere nuovo rispetto alla serie di racconti inseriti nel libro che ha presentato a Pacengo che è stato pubblicato per i tipi della casa editrice La Nave di Teseo.
“Si è stata una emozione fortissima vedersi nella vetta del Premio Campiello, alla prima mia fatica, all’esordio – ha sottolineato Francesca Manfredi – e questo sia merito soprattutto di quanto ho appreso alla scuola di Baricco che com’è noto è uno scrittore di talento. Avevo già pubblicato della narrativa su Il Corriere della Sera e su Linus, ma un libro vero e proprio no. Questo lo è. Anche se con racconti. Uno stile poco usato, non tanto di moda in Italia, mentre nei paesi anglosassoni si.”
Ha incontrato il favore del pubblico, di quello più giovane, più avvezzo alla concisione, alle storie brevi, magari senza una fine ed una conclusione ovvia o delineata. “Questi racconti infatti lasciano pensare il lettore – conclude l’autrice – ed ognuno ha una sua storia a se; non hanno un filo che li collega. Lasciano immaginazione e creatività al lettore.”
Sergio Bazerla