Clementino Keller, familiarmente Tino, classe 1916, continua a Barbarano di Salò la lavorazione artistica del legno d’olivo appresa dal nonno Edoardo (1862–1938) e dal padre Lodovico (1888–1964). Lo abbiamo intervistato nel laboratorio che il bisnonno costruì sul torrente Barbarano.Lei da chi ha imparato a lavorare il legno d’olivo?«Dal nonno e poi da mio padre. Creavamo più o meno gli stessi oggetti: taglieri, ciotole di legno, saliere, oliere, scatole, portaritratti. Il legno d’olivo è molto pregiato per le venature e gli oggetti da regalo sono apprezzati anche come souvenir». Perché suo nonno Edoardo si è trasferito dal lago di Como al lago di Garda, a Gardone Riviera? «Non conosco la ragione. All’epoca Gardone era la più nota stazione climatica del Garda. Era stata fondata tre lustri prima, nel 1885, da due medici tedeschi. Sul lago di Como, a Bellagio, era molto attiva la lavorazione del legno d’olivo. Evidentemente aveva appreso il mestiere in quella località dove già nel 1886 mi risulta avesse bottega.»Suo nonno Edoardo aprì subito un negozio a Gardone?«Lo aprì in Corso Repubblica, più a meno a metà strada, dove poi subentrò il pasticcere Visentini. Poco dopo, nel 1904 o nel 1905, si trasferì qui a Barbarano di Salò e acquistò la proprietà in cui abitiamo e lavoriamo. Il rustico della bottega sul torrente Barbarano aveva una ruota, che ancora esiste e si può vedere, come quella dei vecchi mulini, che grazie a cinghie di trasmissione faceva muovere le macchine che servono per lavorare il legno.» Avete aperto anche un negozio a Salò…«Lo abbiamo aperto nel 1960 in via San Carlo e lo abbiamo tenuto per dodici anni. Era molto scomodo. Il negozio non aveva retrobottega e spazi necessari per un’attività come la nostra. A Salò ho anche insegnato alla Scuola Bottega dell’Associazione artigiani del cav. Nava.»Chi si riforniva da voi?«Molti negozianti di vari paesi, anche di Riva e del Veronese, ma non solo del Garda, ad esempio di Boario Terme e praticamente di tutte le stazioni termali, dove c’è turismo. Il nostro laboratorio era ben conosciuto; e lo è ancora oggi. Lavoriamo il legno da cinque generazioni. Mio nipote, Marco Tonoli, figlio di mia figlia Ornella, ha un po’ cambiato attività: da una decina d’anni fa il liutaio e costruisce chitarre e le ripara; è anche musicista autodidatta. Si è specializzato alla scuola di liuteria di Cremona. Anche mio figlio Renato, che non continua direttamente il lavoro di famiglia, è bravo nel lavorare il legno d’olivo: è il tarlo del legno che magari rimane assopito per anni e poi viene fuori. Penso che anche Renato si dedicherà a costruire oggetti di legno d’olivo quando andrà in pensione. E forse anche mio nipote Manuel, figlio di Renato, intraprenderà, prima o poi, questo lavoro: è molto capace. Ho anche alcuni amici che vengono nel laboratorio e amano lavorare il legno. C’è un autista di corriere, adesso in pensione, che mi raggiunge spesso e lavora con me per passione.» Il nonno aveva apprendisti?«Molti ragazzi di Gardone sono stati apprendisti di mio nonno. I genitori, soprattutto nei primi decenni del secolo scorso, si preoccupavano di collocare i figli presso le botteghe artigiane perché imparassero un mestiere.» Era diffusa in questa zona la lavorazione del legno d’olivo?«Assolutamente no. Il nonno è stato il primo ad aprire bottega. Poi alcuni apprendisti, che da lui avevano imparato il mestiere, avviarono a loro volta altre botteghe.» Come si procura il legno d’olivo che lavora?«Sono in pensione e lavoro solo per passatempo: è una passione. Il poco legno d’olivo che ancora mi serve lo acquisto in una segheria di Brescia che fa arrivare i tronchi dalla Bassa Italia, soprattutto dalla Puglia. Negli anni Trenta lo comperavamo dai contadini della nostra zona. Erano piante vecchie o abbattute dal vento o che dovevano essere sradicate per creare nuove strade. Ricordo che quando venne costruita la Gardesana orientale mio nonno acquistò una grande partita di piante. Era un lavoro faticoso perché bisognava tagliarle e preparare le assi che si possono invece trovare già pronte. Oggi gli olivi del Garda sono protetti e non si possono abbattere.»Lei, quando è morto Gabriele d’Annunzio, aveva ventidue anni. Che cosa ricorda di quel periodo?«Non molto. Rammento che mi sono congedato proprio nel giorno in cui è morto d’Annunzio. Il periodo dannunziano è stato quello della mia giovinezza; era un altro mondo. Mio zio, Giambattista Briarava, detto Noni, fratello di mia mamma, era il marinaio di d’Annunzio. Era lui che pilotava il MAS, ormeggiato alla Torre San Marco, quando il poeta desiderava uscire sul lago; lo guidò anche quando uscì con Mussolini: conservo ancora la fotografia! Con mio cugino Enrico, che aveva più o meno la mia età, andavo spesso a fare il bagno alla Torre San Marco: era un privilegio.» Il calendario patrocinato dalla Regione Lombardia, e realizzato nel 2006 da una banca, si apre a gennaio con la sua fotografia. Lei è forse il più vecchio artigiano del legno d’olivo della Lombardia?«Non lo so. E’ probabile: ho compiuto proprio quest’anno i novant’anni. Mi hanno fotografato l’anno scorso, in autunno, quando una delegazione di artigiani scozzesi del legno, accompagnati da una guida, sono venuti a visitare il mio laboratorio.»Alcune maestre portano le scolaresche in visita alla sua bottega… «Qualche volta. L’anno scorso, in maggio, sono venuti gli scolari della quinta elementare di Puegnago. Hanno scattato anche delle fotografie e hanno creato un piccolo album – che mi hanno poi regalato – aperto dalle immagini dell’antica ruota sul torrente Barbarano che faceva girare il tornio grazie alle cinghie di trasmissione. Mio nipote Marco ha illustrato loro come si lavora il legno d’olivo. Mi sembra che siano rimasti affascinati dalla nostra bottega…»Lei crea anche delle sculture…«Il legno d’olivo, nelle sue belle forme, si presta a creare oggetti di fantasia che possono essere utilizzati come portafrutta o portafiori. Ho anche realizzato delle renne, dei presepi: la fantasia non manca».I Keller lavorano il legno d’olivo da oltre un secolo. Edoardo, il capostipite, dopo aver istruito per ben 18 anni i giovani di Bellagio, sul lago di Como, «nella sua rinomata industria in oggetti d’olivo, d’intarsio e mosaico», di cui era maestro, si trasferì a Gardone Riviera impiantandovi «la sua elegante e difficile industria» – si legge in un giornale d’inizio Novecento –, aprendovi un negozio. E fu presente con oggetti della propria bottega all’Esposizione bresciana del 1904, ottenendo prestigiosi riconoscimenti. Oggi il laboratorio, sito alle porte di Gardone, è ancora continuato dal nipote Clementino, novant’anni assai lucidi.I Keller con origini nella Svizzera tedesca, erano cotonieri assai noti e quotati in Italia. All’ingresso dell’abitazione di Barbarano si può ancora vedere il loro stemma: un caprone in azzurro nel mezzo di un campo dorato.Nel 1900, per necessità familiari, Edoardo approdò, dunque, sulle rive gardesane, a Gardone Riviera, all’epoca località di cura mitteleuropea assai rinomata, e divenne subito noto per la lavorazione del legno d’olivo. L’albero buono ha generato buoni frutti e da ben cinque generazioni dalla bottega laboratorio dei Keller continuano a uscire oggetti non solo utili per gli usi quotidiani, ma anche di pregio artistico. Nella casa di via Seriola si lavora all’ininterrotto rumore dell’acqua del torrente Barbarano, probabilmente dal nome dell’antichissimo proprietario romano, un «barbarus», straniero per i latini, cioè non greco né romano, ma persiano o frigio. Nelle botteghe–laboratorio colpiscono il pittoresco insieme di arnesi e di oggetti e le cataste di pregiato legno d’ulivo utile per il lavoro ed anche quelle dei ceppi per alimentare il caminetto. Assai curiosa la ruota idraulica che non metteva in azione le macine di un mulino o il martelletto di un maglio che consentiva la lavorazione del ferro, ma serviva a muovere il tornio. L’acqua, infatti, faceva girare velocemente le pale della ruota e mediante cinghie di trasmissione attivava le attrezzature che permettevano all’artigiano–artista di realizzare oggetti di pregio che si ammirano nella stanza esposizione. Il volgere dei tempi hanno fatto dell’antica ruota un oggetto da museo. Non è più la diretta energia dell’acqua, infatti, che consente oggi di lavorare al tornio, ma quella elettrica. Clementino Keller non dispera che l’impresa di famiglia possa essere continuata dalla quinta generazione. Racconta, infatti, che uno degli ultimi nipoti, Manuel, già trentenne, occupato in altro lavoro, gli ha recentemente chiesto un pezzo di legno. E con sua sorpresa ha creato in poco tempo una piccola scultura. Commenta Clementino: «Chi nas de soc i sént de legn!».a.m.