martedì, Febbraio 4, 2025
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Un’idea coraggiosa e vincente per le più eleganti automotrici delle ferrovie italiane

La Ferrovia Mantova-Peschiera (F.M.P.) – 1934-1967 – 20ª puntata

Una piccola ferrovia di provincia che non vuol scomparire. Un parco rotabili ridotto all’estremo, con una sola locomotiva a vapore funzionante. Stazioni e caselli da ricostruire, l’armamento dei binari da rinforzare e rendere più sicuro. Casse vuote e nessun materiale di scorta in magazzino, perché venduto dalla concessionaria S.A.E.R. prima di fallire. Il tutto negli anni di una difficoltosa ricostruzione postbellica nazionale, soprattutto ferroviaria.

A nessuno però era venuto in mente di mollare e chiudere. Le genti della vallata del Mincio rivolevano la loro ferrovia. Le autorità cittadine e provinciali, il Consorzio di gestione, il personale tecnico e operaio, tutti uniti con uno scopo ben preciso: trovare una soluzione per avere nuovi rotabili e far ripartire la Mantova-Peschiera, la loro ferrovia.

Per prima cosa serviva un pò di denaro, che il Consorzio chiese e ottenne, sotto forma di mutuo, dalla Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e Belluno. Il prestito ammontava a 60 milioni di Lire, non molto, ma bisognava farselo bastare, come scriveva A. Muratori nel suo libro già citato. Due i punti su cui era necessario puntare: 1) ripristino della linea in armonia con le necessità di ordine tecnico inerenti alla trasformazione della trazione; 2) trasformazione della trazione con l’acquisto di due automotrici o con altri mezzi e rimaneggiamento del rimanente materiale.

Pensare di acquistare automotrici nuove, con quella disponibilità finanziaria, era impensabile; sperare che qualche società ferroviaria le vendesse di seconda mano, in tempi di ricostruzione, altrettanto impossibile. Si cercò di acquistare dalle Ferrovie dello Stato tre automotrici Breda sinistrate del tipo ALn 56, da ricostruire in proprio, ma l’affare non andò in porto, forse perché servivano alle FS.

Per uno strano gioco del destino qualcuno nella stazione di Mantova, tra binari divelti e rottami di rotabili di ogni tipo rovinati dalla furia distruttrice degli ultimi giorni di guerra, aveva gettato lo sguardo su alcune carcasse di strane automotrici. Erano intelaiature diverse dalle altre, quasi imponenti, dalle forme che si intuivano essere state disegnate con mano elegante. Proprio a Mantova, infatti, erano arrivate, negli ultimi anni di guerra, per finire la loro prima vita ferroviaria, 3 automotrici costruite dall’Ansaldo alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, dotate di motorizzazione con alimentazione a gasogeno. Si trattava delle ALg 56.401-402-403, costruite negli anni 1940-41. ALg stava per’Automotrici Leggere a gas’; 56 erano i posti a sedere.

Perché l’Ansaldo di Genova, grande e storica costruttrice di rotabili ferroviari, avesse scelto di studiare un tipo di motorizzazione così diversa, e unica, nel panorama italiano, era una conseguenza delle sanzioni imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni per l’invasione dell’Etiopia. Le limitazioni avevano riguardato anche le forniture di combustibili, tra cui il petrolio. A partire dall’autunno 1940 le FS, venendo a mancare il gasolio, erano stati sospesi i servizi con le automotrici su tutta la rete. Le uniche automotrici utilizzabili erano quelle trasformate a metano, combustibile disponibile in Pianura Padana. Furono tutte concentrate al Deposito Locomotive di Mantova. Per motivi di razionalità anche le tre Ansaldo a Gasogeno nel 1942 furono trasferite a Mantova. Entrarono in servizio a turno sulle stesse tratte servite dalle ALm 56 fino al 1944.

Probabilmente l’Ansaldo, con questa strana motorizzazione, aveva cercato di proporre un motore funzionante con un combustibile alternativo ancora facilmente reperibile in Italia, cioè, il carbone di legna (la classica carbonella della grigliata).

Nel gasogeno, due per ogni automotrice, si bruciava, con combustione incompleta, questa carbonella, allo scopo di produrre ossido di carbonio (monossido), utilizzabile per un motore a combustione interna opportunamente adattato. Il monossido, come noto, è privo di odore, ed è un gas molto pericoloso e velenoso; per questo i due gasogeni erano accessibili solo esternamente. Ciascuno funzionava con circa 300 kg di carbonella e l’automotrice era dotata di una scorta di altri 600 kg caricabili dall’alto.

Inizialmente queste automotrici “autarchiche”, sperimentali, erano state assegnate al DL di Firenze, dove aveva sede il Servizio Materiale e Trazione che sovrintendeva alle prove dei rotabili per eventuali altre forniture. Erano entrate in servizio regolare sul collegamento Firenze-Siena-Grosseto. La stampa di regime, per i buoni risultati ottenuti nelle corse prova, le aveva soprannominate le “Littorine delle tre province”. Sempre a Firenze erano state assegnate anche altre tre automotrici Ansaldo, simili esteticamente alle sorelle a gasogeno, ma con motore diesel di tipo marino. Queste ultime ebbero una sorte diversa. Accantonate già nel 1940 per mancanza di combustibile, furono private dei potenti motori che servivano alla Regia Marina. Ma anch’esse e i loro carrelli rientreranno in parte nella ricostruzione delle automotrici e dei piccoli locomotori per la F.M.P.

A Mantova si consumò, nell’ultimo anno di guerra, l’apparente fine delle tre automotrici a gasogeno. Tolte dal servizio, furono danneggiate, ma soprattutto depredate degli arredi e di parti asportabili. Fu una fine apparente, appunto, perché, come l’Araba Fenice che risorge dalle proprie ceneri, per due di loro si intuì una possibile rinascita, una specie di resurrezione che diventerà leggendaria. Delle tre ALg di Mantova, la più malmessa, la ALg.56.403, con cassa bruciata, venne demolita a cura delle FS nel 1946 presso l’O.G.R. (Officina Grandi Riparazioni) di Vicenza. Le altre due, cioè le ALg.56.401-402 furono acquistate dal Consorzio della F.M.P. nel 1948, praticamente a prezzo di rottami. Sempre nel luglio del 1948 fu acquistata pure l’ALn.56.4003, ricoverata a Figline Valdarno.

Di queste tre automotrici, costate 5.500.000 lire, praticamente senza motorizzazione, oltre a due casse, saranno utilizzati i carrelli. Le Officine Marconi di Curtatone, paese nei pressi di Mantova, dalle due ex Ansaldo a Gasogeno e dai resti della 4003 riusciranno prodigiosamente a ricomporre le due stupende ammiraglie della Mantova-Peschiera, grazie alla notevole esperienza maturata nel campo delle costruzioni meccaniche e con la supervisione quotidiana del direttore della F.M.P., il mantovano ing. Bruno Dall’Aglio.

Nella prima puntata si era fatto cenno ai motori messi in opera provenienti da carri armati americani in disarmo. Per lasciar un pò di spazio alle immagini, racconteremo il tutto nella prossima.

continua

Le tre immagini ritraggono una automotrice Ansaldo con funzionamento a gasogeno ALg 56 vista di fianco; Il frontale di una ALn 56 con logo dell’Ansaldo e fascio littorio; le due “nuove” Ansaldo della F.M.P appena uscite dalle Officine Marconi di Curtatone, ancora senza scritte ma con la sola targhetta Ansaldo sul frontale, nei nuovi colori sociali.

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