“Frastagliata da rivoli d’acqua, da paludi, da canneti e da laghetti, sulle rive dei quali si abbeveravano grossi cinghiali, vagavano cervi, caprioli, daini e stambecchi e volteggiavano stormi d’uccelli d’ogni specie “: così venne in passato descritta “la Lugana”, zona nell’entroterra meridionale del Lago di Garda da Desenzano (BS) e Peschiera (VR), da Pozzolengo (BS) a Lonato (BS). Il nome ha origine da Lucaria, Lucanus, deformazione di “lucus”, bosco. Infatti fino al secolo XIII la zona fu una grande selva, che terminava nella parte settentrionale, verso il lago, con un immenso canneto. Altri sono propensi a credere che l’aggettivo si riferisca a “lacus lucanus” lago del bosco, oppure “lacuna”, laguna. In un documento del 771 il luogo venne indicato come “licana”. Nodo strategico naturale, tra Lombardia e Veneto (Venezia), percorso da una grande arteria romana vicino a quella che discende dalle Alpi, ha accolto sul suo suolo scontri e battaglie. Nel 249 Decio sconfisse il rivale Filippo. Nel 268 Claudio sconfisse i Goti. Nel 312 si vuole che Costantino abbia sconfitto Massenzio dopo la visione della croce ed il motto “in hoc signo vinces”. Nel 400 la selva fu percorsa da Alarico e nel 461 vi passò Attila con gli Unni, che la tradizione vuole proprio qui sconfitto da Leone I. In questa zona restano millenarie ed incancellabili impronte della bonifica agraria compiuta dal monachesimo nel Medio Evo a San Benedetto di Lugana, San Vigilie di Lugana, San Martino di Lugana e Sirmione. Questi luoghi rappresentano il cuore dell’attuale zona di produzione. Semi di vite furono ritrovati nella zona palafittica che lambiva questa parte meridionale del lago, anche se ciò non ci permette di pensare ad una vera e propria attività enologica. Attività che appare fra il VII ed il V secolo a. C., quando gli Etruschi, estendendo il loro dominio sino alla valle del Po’, portarono l’uso del vino. I Latini (Virgilio, Svetonio, Strabone, Plinio) ci hanno lasciato molte notizie sul vino retico prodotto sulle prime pendici dei Rezi, fra Como e Verona, compresa quindi la Lugana. Difficile però affermare che si trattava dello stesso vino prodotto in questa zona. Interessante l’episodio narrato dal Quintarelli, a proposito di un banchetto offerto dal padre dello scapestrato Catullo al divino Cesare, per farsi perdonare certi epigrammi scritti dal figlio poeta contro il dittatore. Cesare infatti conservò un ottimo ricordo del vino Retico bevuto, tanto da fargli acquisire nell’antichità la qualifica di “Panacea del Garda”. Catullo possedeva terre sul Garda ed ancor oggi si può visitare la sua stupenda villa in Sirmione conosciuta come “Le Grotte di Catullo”. Nel XVI secolo l’agronomo Agostino Gallo fece il primo specifico riferimento alle “uve Trebulane” della Lugana che sono da considerare le progenitrici del moderno vitigno Trebbiano. Con il passare dei secoli vi furono sostanziali cambiamenti del clone di tale vitigno. Prova ne sia infatti che solo in tale zona argilloso-calcarea l’uva Trebbiana raggiunge una particolare maturazione. Ciò conferisce al vino ottenuto insospettabili doti di grande qualità e tipicità. Andrea Bacci, medico di Sisto V e professore di botanica a Roma dal 1567 al 1600, nella sua opera “De Naturali Vinorum Historia” diede notizia dei vini del Garda. Scrisse in particolare che tra “Desenzano e Peschiera si producevano squisiti vini trebulani”. Lo storico – leggenda vivente – Luigi Veronelli definisce il Lugana “Bevi il tuo Lugana, giovane, giovanissimo e godrai della sua freschezza. Bevilo di due o tre anni e ne godrai la sua completezza. Bevilo decenne, sarai stupefatto dalla composta autorevolezza”.
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La lugana, il Lugana, la sua storia
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