Una delle navi più curiose che ha solcato le acque del Garda è «L’amico a prora», varata il 25 gennaio 1830, ad appena due anni e mezzo dall’inaugurazione dell’Arciduca Ranieri. Curioso il nome del nuovo battello, che parlava di uno strano amico sistemato a prua (sinonimo di prora). Il battello, che l’armatore di Riva Francesco Montagni aveva costruito, puntava sulla conquista dei clienti attraverso un messaggio di tranquillità e sicurezza. Il suo piroscafo non era dotato di motori a vapore come invece l’avversario Arciduca Ranieri e, dunque, non poteva saltare per aria, evento questo assai temuto dalla prudente clientela ottocentesca. L’amico a prora era il cavallo, anzi, i cavalli. Erano otto, aggiogati a una ruota sistemata sul ponte che, tirata dai pazienti equini, imprimeva attraverso lunghe cinghie di cuoio il movimento necessario alle gigantesche pale sistemate sui fianchi dell’imbarcazione. Senza pericoli di scoppi e di incendi delle caldaie a vapore. Un amico insomma. L’amico a prora, appunto.
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Il piroscafo non era dotato di motori a vapore per evitare i pericoli di scoppio
Otto equini sul ponte azionavano le pale con lunghe cinghie