La prestigiosa collezione fotografica di Mario Giacomelli (1925-2000) da Lonato del Garda è “in trasferta” a Palazzo Leone da Perego di Legnano (Milano) fino al prossimo 4 giugno.
Giacomelli è uno dei fotografi italiani più significativi e conosciuti a livello internazionale del Novecento che John Szarkowski, il direttore del Dipartimento di fotografia del Moma di New York, consacrò nel 1963 tra i cento migliori autori al mondo.
In occasione del Festival Fotografico Europeo, ideato e curato dall’Afi-Archivio Fotografico Italiano, le sale milanesi di Palazzo Leone da Perego a Legnano ospitano 101 opere selezionate e ordinate personalmente da Mario Giacomelli nel 1984, per un evento espositivo organizzato a Lonato del Garda e successivamente donate alla collezione della cittadina gardesana.
«Siamo orgogliosi che la collezione lonatese di Mario Giacomelli, tra i più grandi fotografi del secolo scorso, sia esposta per quasi tre mesi nell’ambito del prestigioso Festival Fotografico Europeo – commenta il vicesindaco e assessore alla Cultura Nicola Bianchi –. Ringraziamo la curatrica Enrica Viganò e l’Afi-Archivio Fotografico Italiano per questa collaborazione. Un’occasione importante per la città di Lonato del Garda, che ancora una volta sa distinguersi per il proprio valore culturale e artistico»
Il percorso espositivo si sviluppa nel rispetto dei nuclei tematici che lo stesso Giacomelli aveva curato per dare una visione complessiva della sua produzione artistica: Mia moglie (1955), La mia modella (1955), Mia madre (1956), Io non ho mani che mi accarezzino il volto (1961-1963), Lourdes (1957), La buona terra (1964-1965), Scanno(1957-1959), Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1955-1956 e 1981-1983), Caroline Branson da Spoon River (1971-1973), Gabbiani (1981 1984).
A fare da trait d’union sono le 41 fotografie di paesaggi dal titolo Presa di coscienza sulla natura (1955 -1984), un vero e proprio racconto visivo durato per decenni, continuamente indagato con libertà di sguardo e di impaginazione.
A Legnano s’incontrano i reportage più emozionanti realizzati negli anni sessanta dall’artista marchigiano, come Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1954-56), il cui titolo è mutuato da una poesia di Cesare Pavese, realizzato all’interno dell’ospizio di Senigallia. Prima di iniziare a scattare, Giacomelli si recò nella casa di riposo per un intero anno, al fine di creare una familiarità con gli ospiti e con le loro vite. La serie è un’analisi dura, quasi brutale, del tema della vecchiaia, ma condotta con uno sguardo compassionevole e umano, che rivela i pensieri di Giacomelli sulla morte e la malattia.
Oppure la famosa epopea dei ‘pretini’, ovvero Io non ho mani che mi carezzino il volto (1961-63), da una poesia di David Maria Turoldo, che coglie la vita di giovani seminaristi nei loro momenti più festosi, sia per una partita di pallone, che per un girotondo o una battaglia di palle di neve.
E ancora La buona terra 1964-66), che delinea la storia minima dei contadini delle Marche, lungo il ripetersi ciclico del lavoro e delle stagioni. Il quadro che ne risulta è un racconto quasi epico in cui l’uomo è legato alla natura, il contadino ai suoi campi e al lavoro, alla fatica, e dove si respira un’idea di comunità in cui tutti si rendono utili dal più giovane al più anziano.
Giacomelli ha affrontato i temi più diversi attraverso un’intensa sensibilità intrisa di vita, di inquietudine, di sofferenza e di poesia: “Tutte le mie fotografie – ricordava lo stesso Giacomelli – sono come autoritratti, ho sempre fotografato i miei pensieri e con questo voglio dire le mie idee, le mie passioni, le mie paure”.
Accompagna la mostra, curata da Enrica Viganò, il catalogo “Mario Giacomelli. La collezione della città di Lonato”, a cura di Enrica Viganò, Edizioni Admira, Milano. Info: www.museomaga.it.
IL FOTOGRAFO
Mario Giacomelli, nato a Senigallia (An) nel 1925, inizia a lavorare a 13 anni in una tipografia. Nel 1952 compra una macchina fotografica e scatta la sua prima immagine, “L’approdo”. Da allora, fotografo non professionista per scelta, si dedica alla creazione delle sue intense serie fotografiche: la vita d’ospizio, i paesaggi, Scanno, il mondo contadino.
Nel 1953 entra a far parte del gruppo fotografico Misa e nel 1956 de La Bussola. Dal 1955 viene celebrato dall’allora direttore della fotografia del MoMa di New York John Szarkowski e comincia a ottenere riconoscimenti e a esporre in Italia e all’estero. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Muore a Senigallia nel 2000.