lunedì, Dicembre 23, 2024
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Elogi da un gruppo di giovani cremonesi

«La vostra banda è uno spettacolo»

«I concerti natalizi della banda di Toscolano Maderno? Roba da vecchi, abbiamo pensato. All’inizio non volevamo venire. Invece ci siamo dovuti ricredere. Il repertorio, vasto e coinvolgente, poteva tranquillamente accordarsi a ogni età. Non ci è mai capitato di ascoltare un gruppo così versatile. Bellissime le musiche di Morricone. E poi John Lennon! Molto coinvolgente la partecipazione del soprano e del tenore. Ma ciò che ci ha dato maggiore soddisfazione è avere visto parecchi giovani come noi». Un gruppo di ragazzi di Cremona (Giovanna, Manuela, Marco, Alfredo, Chiara, Michele, Andrea e Matteo) ha scritto all’albergatore Marcello Beschi, presidente della banda «Verdi» di Toscolano Maderno, guidata da Walter Rosa, ragioniere e… maestro, ringraziando «per i momenti di vero spettacolo. La banda di Cremona, che raccoglie un numero consistente di elementi, non esegue brani così belli. Vorremmo già chiedervi il programma dei mesi estivi, dato che alcuni di noi trascorrono le vacanze sul Garda. Ma non cambiate la presentatrice. Dove l’avete trovata una bellezza simile? È forse l’aria del lago?». Gongolante per i complimenti, Beschi ha già annunciato che quest’anno la banda di Toscolano Maderno festeggerà i 150 anni, tenendo un raduno di carattere internazionale. La fondò nel 1853 Pietro Crescini, detto Nadal, che lavorava nei campi e nei giardini di agrumi. Quando gli austriaci lo richiamarono alle armi, lo aggregarono ai Cacciatori delle Alpi. Tornato a casa, insegnò musica anche nei paesi vicini: Vestone, Casto, Tignale, San Felice, Tione. Morì poverissimo, nel 1902. All’inizio del secolo ci fu una brutta rottura: da una parte i clericali, capeggiati dal parroco, don Fogari, chiamati i «besolér»; dall’altra i liberali, soprannominati «sganaser» e sostenuti dal sindaco, il commendator Bianchi, proprietario del palazzo di via Aquilani, ora trasformato nell’hotel Golfo. Questi ultimi venivano spronati a frequentare la scuola di musica, ricevendo (ogni volta) un quarto di vino e una lira. La riunificazione avvenne nel 1910 per merito del maestro Giacomo Buriani. Nel ’15 gli subentrò Regolo Romani, che giungeva dallo stabilimento Marzotto di Valdagno. Nei primi tempi la sede era nel casino dei Bacca, uno stanzino in via Montana, gelido d’inverno e soffocante d’estate. Poi si passò in un altro fondaco umido e scuro, dai Pippa. Successivamente, nell’edificio della «Speranza», dove fu installato un palco di legno semicircolare, composto da tre file: davanti, i flauti, i quartini, una quindicina di clarini; dietro, i flicorni, tutta la classe dei saxofoni, le cornette e le trombe basse; alle loro spalle, bombardini, contrabbassi, tromboni e corni. A parte, la grancassa e i piatti: in totale 70 elementi. L’ultimo trasloco: al piano terra di palazzo Benamati. La divisa originaria ricordava quelle francesi militari: celeste chiaro con alamari bianchi intrecciati di fili rossi, chepì ornato di un pennacchio bianco e rosso. Il tutto dovuto al paziente lavoro della Rosina (Barabandi), che poi si fece suora. Nel 1886 si passò a un uniforme alla bersagliera, col ciuffo di piume sul cappello. In seguito i concertisti adottarono lo stiffelius (abito lungo da cerimonia) e la feluca da diplomatico. Una borsetta in pelle nera conteneva i libretti. All’inizio furono assunti parecchi musicanti di altri paesi: il sindaco Bianchi trovava loro anche un lavoro in fabbrica. Tra le principali trasferte, i concerti in piazza Dante a Verona e nell’Arena, a Mantova (con rinfresco a palazzo Tè e un banchetto per mille persone a palazzo Ducale), sulla sponda orientale (si attraversava il lago seduti sui grandi barconi usati per il trasporto del carbone e delle merci), nel ’38 la cerimonia funebre per Gabriele D’Annunzio, insieme alla banda della Marina dell’Accademia di Livorno, sotto gli occhi di Benito Mussolini e di numerosi ministri. In tempi più vicini, ecco le esibizioni a Venezia, Bergamo, Vigo di Fassa, Agordo, Bolzano e Innsbruck.

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