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dieci giornate di Brescia

Le dieci giornate di Brescia nel diario del lonatese Orazio Tessadri

Il lonatese Orazio Tessadri era proprietario di un piccolo fondo che coltivava direttamente. Viveva in località Prè di San Polo. Era un conservatore, un gogo come si diceva a quel tempo, nostalgico della dominazione veneziana e ammiratore dell’Austria.

Scrisse le MEMORIE, rimaste inedite. Sono un racconto degli avvenimenti lonatesi relativi al periodo che va dal 1800 al 30 agosto 1849, mentre infuriava il colera.

Nel libro terzo, la parte più interessante è quella del diario giornaliero degli anni 1849 e 49 relativa alle Dieci Giornate di Brescia.

Cominciano il 23 marzo e finiscono il 2 aprile 1849.

Assente il tenente maresciallo Haynau, convocato a Padova, il corpo d’armata di stanza a Brescia dal 19 febbraio è comandato dal successore, il maresciallo Appel.

Il 12 marzo Carlo Alberto denunciò l’armistizio e ricominciò la guerra contro l’Austria.

In città da tempo vi era un comitato clandestino diretto da Bartolomeo Guetta, 30 anni, chirurgo presso l’ospedale civile. Da questo comitato dipendeva un’altra organizzazione clandestina che aveva i suoi maggiori esponenti nel curato di Serle don Pietro Boifava e nel giovane studente Tito Speri.

Il 15 marzo il maresciallo Appel lasciò Brescia con il suo corpo d’armata per la guerra contro Carlo Alberto. A Brescia rimase solo una guarnizione di 400-500 uomini in Castello e 80 in Broletto.

Il 20 marzo una dimostrazione popolare portò alle dimissioni del podestà filo austriaco Giovanni Zambelli, che fu sostituito dall’avvocato Giuseppe Saleri.

Il 23 marzo esplose la rivolta. Il capitano Laschke, comandante della guarnizione, inviò al Comune il capitano Poma con l’ordine di riscuotere 24 mila fiorini che servivano per sussistenza ai militari. La notizia si divulgò in un baleno tra la gente che si radunò in piazza. Il capitano Poma fu fatto prigioniero e portato sui Ronchi per consegnarlo alle bande del contado. Dal Castello, a scopo intimidatorio, furono sparati alcuni colpi di cannone.

Si cominciarono ad erigere barricate.

Non sapevano i Bresciani che l’esercito piemontese era stato battuto a Mortara (20 marzo) e a Novara (23 marzo) e che era stato concluso un armistizio.

Il 26 giunge a Brescia un corpo d’armata austriaco al comando del feldmaresciallo Nugent.

Il 27 ci fu il primo scontro diretto fra bresciani della città e gli austriaci.

Il 29 una persona era tornata da Milano con la copia dell’armistizio di Novara, ma non si volle dar credito alla notizia.

Il 30 Nugent attaccò la città. Nonostante la strenua difesa dei bresciani, gli austriaci divennero padroni della situazione. Tito Speri e don Boifava si ritirarono. Cominciarono saccheggi ed incendi.

Nella notte tra il 30 e il 31 marzo ritornò in città Haynau, che chiese subito la resa senza condizioni.

Il primo aprile, domenica delle Palme, all’alba le campane e i tamburi diedero il segnale della ripresa. Gli austriaci, aggirando la barricate, irruppero nelle case devastando e saccheggiando. Si decise di inviare al Castello per ottenere la resa, perchè ormai l’occupazione ed i saccheggi in città erano dilagati, specialmente per opera di soldati croati.

Salì il francescano Maurizio Malvestiti che Haynau ascoltò per due ore e poi chiese quale dimostrazione di resa che sulla Loggia e su tutte le torri e tutti i principali edifici sventolasse bandiera bianca.

Ritornato in Castello padre Malvestiti, la resa fu concessa, ma proprio allora i tedeschi iniziarono saccheggi e carneficine con atrocità senza fine.


Ecco le annotazioni giornaliere del Diario Tessadri relative alla Dieci Giornate:

  • In data 23 marzo 1849:

Molti Bresciani riuniti in Piazza Vecchia alle ore 11 gridano Viva l’Italia. Gli ammalati Austriaci che si ritrovano all’ospitale di S. Eufemia in città si rendono agli insorti bresciani uniti ai disertori.

  • Il 24 marzo:

Un carrettiere di Desenzano che recavasi a Brescia ritorna indietro dicendo che le strade sono barricate. La corriera erariale proveniente dall’Austria e Veneto non può entrare in Brescia e nel ritorno assicura che le strade sono barricate e custodite da disertori e insorgenti.

Il negoziante di seta Giov. Batt. Raffa retrocede da Brescia senza poter entrare perché, come egli disse, le strade sono barricate ed il castello bombardava la città.

Il perito e possidente Raffa Luigi e Tessadri Francesco di Petronilla che nella notte furono a Brescia, verso il mezzogiorno ritornati in paese assicurano che nella città di quando in quando vengono esonerati colpi di artiglieria dal dominante castello, anzi alcuni pretendono che varie case sieno date miseramente alle fiamme. Reduci da Brescia Frera Luigi del fu Giovanni Mol, Gallina Domenico fu Francesco ed il nominato Raffa Luigi del fu Nino si lasciano vedere in paese ornati di coccarda tricolore.

  • Il 25 marzo:

Questa mane oltre i nominati sfoggiano coccarda anche Gallina Mansueto di Filippo ed alcun altro sconsiderato ragazzetto. Non pochi assicurano di udire il cannone a Brescia.

  • Il 27 marzo:

Alle ore tre circa pomeridiane si odono colpi di artiglieria da Brescia.

  • Il 29 marzo:

Vengono nella giornata uditi alcuni colpi di cannone verso Brescia ma in tutto il giorno avendo dominato il vento di mattina non si può assicurare se ne siano stati esonerati molti.

  • Il 30 marzo:

Specialmente nel dopopranzo odesi l’artiglieria cannoneggiare a Brescia ed alcuni nella sera credono di aver udita anche la moschetteria.

Viene proibito il suono delle campane perché ieri il Corpo diretto per Brescia sentendole credeva che fosse battuta campana a stormo.

  • Il 30 marzo:

Il generale Ainau passa questa sera da Lonato recandosi a Brescia.

[Il generale Haynau fu chiamato la iena di Brescia per la sua ferocia.]

  • Il 31 marzo:

Alle sei circa pomeridiane distintamente si conosce l’incendio di Brescia. Sono stati uditi nella stessa città colpi di artiglieria.

  • Il 1 aprile:

Nel mattino vivo cannonamento a Brescia, sembra di udire anche la moschetteria. Nella mattino ogni minuto io contava da 12 a 15 colpi di artiglieria. L’incendio continua. Per quanto sembra col cannocchiale osservato si potrebbe dire che abbia luogo tra il mercato grani ed il giardino pubblico. Boldrini Domenico di Luigi detto Poina oggi gira maestosamente in paese col berretto tricolorato.

Oggi in un piccolo calesse proveniente da Brescia percorreva la strada in fretta un ufficiale ed un soldato diretti per Verona: l’ufficiale vedendo molta gente sparsa per la strada teneva nelle mani due pistole in atto di essere esonerate. Ciò vedendo il cugino Girelli con vivacità mi disse: già devono andare.. Ed io: Perché, perché. Rispose: Sono da tutti malveduti.

Si assicura che il dott. Giacomo Attilio Cenedella animasse pubblicamente il popolo a tener fermo e con mano forte difendersi, poiché, come esso diceva, era vicinissimo un forte soccorso.

  • Il 2 aprile:

Durante il bombardamento di Brescia in Lonato non trovasi forza di sorta, ma per volere del Signore nessuno si mosse, anzi tutti conservano la più lodevole quiete e scrupolosa fedeltà all’Augusto nostro Sovrano. Brescia vene nuovamente recuperata dagli Austriaci stante il forte corpo arrivato dalla parte di Chiari. Lonato non si muove ma Gargnano aveva ripiantato l’albero della libertà e Salò distrutti i stemmi imperiali.

Deve Brescia essere molto obbligata alla carità instancabile ed interposizione del padre Maurizio, ex precettore dei figli di Luciano Bonaparte. Codesto ottimo frate cercò di tener pacifico il generale Aunau di persuadere i bresciani a quietarsi recandosi in qualità di parlamentare al Castello sotto i più spessi colpi di artiglieria e moschetteria e colla sua instancabile, pazienza e carità arrivò ad essere molto utile alla desolata città.

  • Il 3 aprile:

Passa molta cavalleria proveniente da Brescia che prende la strada per il Veneto.

  • Il 3 aprile:

Oggi né passò il corriere né arrivarono gazzette. Passano vari calessi con dentro militari la maggior parte recandosi nel Veneto.

Alcuni acquistano biancheria presa in Brescia e nella stessa ritrovano delle monete d’oro sparse nella medesima o nascoste.

Giacomo Nolesini acquistando dal militare reduce da Brescia due lenzuoli trovò nei medesimi tre sovrane. Altra persona fino sette sovrane in un rottolo di tela.

Così quei poveri sgraziati colla biancheria perdettero anche i denari.

Vengono venduti dei scialli, orologi, biancheria, indumenti, stivalli, scarpe, salado, lardo, saponi, formaggio e molte altre cose a prezzi assai bassi.

  • Il 4 aprile:

Vanno generalmente scomparendo le barbe ed i mustacchi ed anche i vestiti di velluto o fatti alla Liberale Lombarda.

  • Il 5 aprile:

Dicesi che gli estinti bresciani sieno ancora insepolti.

Fu sentito il cannone a più riprese, si assicura che abbiano ad essere funerali di graduati o segnali di vittoria.

Dicesi che le case incendiate a Brescia in tutto o in parte sieno 153, ed i morti o feriti bresciani in tutto a 700 e gli Austriaci a 1600.

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