Le Grotte di Catullo ogni anno accolgono migliaia di turisti e costituiscono con la Rocca Scaligera, la chiesa di S. Maria Maggiore e quella di S. Pietro in Mavino un polo culturale di prima grandezza nell’ambito del patrimonio storico, artistico e architettonico del Garda. È risaputo che le grotte costituiscono le vestigia di una villa romana, la più vasta dell’Italia settentrionale, eretta fra il primo secolo a.C. e il primo d.C. probabilmente appartenuta alla ricca e potente famiglia veronese dei Valeri Catulli, parenti del sommo poeta latino Catullo, morto in giovane età, ma già famosissimo a Roma. La caduta dell’Impero provocò anche l’abbandono di questa grande villa che, nei secoli successivi, subì pesanti danni da parte degli agenti atmosferici, tanto da essere letteralmente sommersa dalla vegetazione, mentre le mura crollarono originando delle vere e proprie grotte. Nel XV secolo, quando ci fu la rivalutazione del mondo classico in tutte le sue espressioni, anche questo sito venne preso in considerazione, ma venne «etichettato» non come rovina romana bensì come Grotte di Catullo. Il nome rimase anche nei secoli successivi e, ancor oggi, impropriamente la denominazione rimane. Sappiamo che Sirmione non è conosciuta solo come importante luogo turistico ma anche come famoso centro termale: d’altro canto, già lo era al tempo dei romani, con una estensione di ben 800 metri quadrati e vari ambienti. Purtroppo, il degrado della villa ha intaccato anche questo settore e oggi è difficile ricostruire l’esatta funzione che ebbero questi ambienti. La zona meglio conservata è quella detta della «piscina», un grande vano rettangolare che ospitava una vasca. Il pavimento era rialzato, sostenuto da pilastrini e si trovava sopra gli archi presenti lungo le pareti. Alle spalle della piscina si trovava un ambiente dove veniva acceso il fuoco (praefurnium). L’aria calda entrava in un condotto, o meglio in una intercapedine che circondava interamente la piscina.
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