Chissà, magari indaffarata com’è per via della stagione turistica, Garda se n’è un po’ dimenticata. È vero che gli hanno intitolato una stradella, una traversa di via Monte Baldo. Ma sono passati vent’anni esatti dalla scomparsa di Enzo Oppi, ittiologo, l’erede di un altro grande studioso gardesano della fauna ittica del lago, quel Floreste Malfer cui hanno dedicato le scuole elementari del paese.È stato la sera dell’11 agosto 1988 che la morte se l’è improvvisamente portato via, Enzo. Aveva 42 anni e stava rivoluzionando il mondo della pesca professionale.Non è retorica dire che è rimasto un vuoto incolmabile in riva al Benaco.La continuità fra i due ricercatori gardesani, fra Malfer e Oppi, è dimostrata, se di dimostrazione ci fosse bisogno, proprio dagli ultimi progetti cui il giovane ittiologo stava lavorando, vent’anni fa. Quasi riprendendo a tessere quella tela che Malfer aveva lasciato incompiuta, quando s’era spento, nel 1932.Al centro dell’attenzione c’erano i ripopolamenti dei pesci lacustri.Se ne cercava una nuova e più redditizia politica, per far sì che il tradizionale mestere del pescatore potesse avere un futuro sostenibile.Da qualche mese Enzo Oppi stava conducendo un esperimento presso l’incubatoio di Bardolino, poco di là del confine con Garda. Mirava alla riproduzione del lavarello, che è la specie che garantisce il reddito migliore ai pescaóri. L’obiettivo era quello di lasciar perdere le modalità di semina fin lì utilizzate, che prevedevano di liberare i minuscoli avannotti di pesce appena nati, quelli che gli addetti ai lavori definiscono «a sacco vitellino riassorbito».Oppi era convinto che si dovesse invece puntare ad allevarli per qualche settimana, fino a portarli a un’età e a una taglia che li rendessero capaci di vivere per davvero, di nutrirsi da soli, di difendersi.L’idea gli era maturata rileggendo i vecchi testi di Malfer, riferiti allora alla trota, che è comunque un salmonide come il lavarello.In un’intervista rilasciataci pochi giorni prima della scomparsa, Oppi ci diceva che Malfer «ottant’anni prima di noi aveva capito che la strada del novellame era l’unica da seguire e per questo raccomandava la costruzione di un incubatoio con l’acqua del Fontanon a Garda». Il Fontanon, lo diciamo per chi non ha pratica con le cose di Garda, è la fontana che butta acqua nella piazza dei platani, davanti alla parrocchiale.Chissà, forse Garda è davvero tanto, troppo indaffarata di questi tempi per ricordarsi dell’impegno, dell’opera, delle battaglie di Enzo.Pensare che Oppi faceva sì l’ittiologo, ma insegnava anche alle scuole medie.Il suo sogno era quello di potersi un giorno dedicare a tempo pieno alla ricerca ittiologica, al suo amatissimo lago.Insegnante era stato, del resto, anche Floreste Malfer, il suo predecessore.A ricordare Malfer ci sono adesso un busto in bronzo nel giardinetto di fronte a villa Albertini, una lapide sulla casa dove abitava, nella piazza del porto, e le elementari. Era un figlio di povera gente, di pescatori. Ma seppe conquistarsi «nella società un posto che non era abitualmente predestinato ai figli dei poveri», come ha detto Nereo Maffezzoli, che di Garda è stato sindaco e storico.Malfer a Garda lo chiamavano semplicemente «il professore». È stato l’uomo che ha aperto la strada a degli studi scientificamente validi ed efficaci sull’ambiente del Benaco, sulla pesca professionale, sulla tutela di un ecosistema unico com’è quello del lago.«Fu un entusiasta, un innamorato della sua terra e scrisse con accenti di poeta le bellezze di Garda e dei suo lago», si legge nella prefazione di un libretto stampato da Vita Veronese in occasione del centenario della nascita e purtroppo mai più ripubblicato. Per chi davvero voglia conoscere il lago, quel suo volumone dal titolo [FIRMA]Il Benaco, edito nel 1927, rimane un testo fondamentale.Nella premessa, in poche righe, seppe condensare uno spirito nuovo, una maniera moderna di avvicinarsi alla scienza.«L’ambiente», scrisse, «è fattore così importante che può ritenersi parte della vita che accoglie»: sarebbe certamente piaciuto a gente come Carlin Petrini, il leader di Slow Food, il paladino della biodiversità, del «buono, pulito e giusto».Forse quando scomparve, nella Garda degli anni Trenta, non s’era capito in pieno la grandezza di Malfer.Forse neanche nella Garda d’oggi s’è attenti alle parole che ha lasciato Oppi.Eppure il lago ha bisogno di gente come loro. Oh, se ne ha bisogno!
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Sono passati vent’anni dalla morte prematura. La scomparsa del giovane studioso ha privato il Garda di uno dei suoi più forti difensori