«Espressioni infelici ma puramente provocatorie che null’altro avrebbero voluto dire se non che “certi” comportamenti non avrebbero dovuto essere attuati in una struttura pubblica e che l’imputato non vi si sarebbe prestato se non in una struttura privata di pertinenza del medico e dietro corresponsione di un compenso». Ma in sostanza non è riscontrabile l’intenzione di estorcere denaro.E’ questo uno dei passaggi fondamentali nella motivazione della sentenza con la quale la Corte d’Appello di Trento ha ‘assolto l’infermiere rivano Giorgio Cristofoletti dalla pesante accusa di «tentata estorsione» ai danni di un medico del Pronto Soccorso dell’ospedale di Riva del Garda, il dottor Antonios Vassiliadis, ora in servizio presso il reparto di chirurgia dell’ospedale di Rovereto. Un caso che fece molto discutere a suo tempo, soprattutto dopo la condanna di primo grado comminata dal Tribunale di Rovereto a carico dell’infermiere, ora completamente prosciolto dai giudici della Corte d’Appello. L’assunto difensivo iniziale (illustrato in udienza dal difensore dell’imputato, l’avvocato Mario Murgo) è secondo i giudici di secondo grado «non del tutto peregrino ed anzi sembra trovare un minimo di riscontro nel testo scritto della conversazione registrata laddove Cristofoletti sembra preoccupato di apparire «un infermiere negligente che non ha voglia di lavorare quando non è vero» e infastidito da «persone che approfittano della loro professione per fare interessi privati» aggiungendo poi che l’interlocutore (il dottor Vassiliadis) non avrebbe avuto nulla da temere se si fosse «comportato bene» e avesse «rispettato le persone». A questi aspetti, tutt’altro che secondari, vanno aggiunti secondo la corte due ulteriori «profili di dubbio oggettivo» rimasti insuperati anche dall’integrazione istruttoria: vale a dire l’esistenza di numerosi eventi anomali nella registrazione effettuata dal dottor Vassiliadis (sulla cui autenticità hanno espresso dubbi sia il perito di parte che soprattutto quello nominato dalla Corte, il professor Giampiero Benedetti) e il «dubbio per contraddittorietà» sulla deposizione del dottor Manzi. Il quale in udienza aveva affermato di aver ascoltato parte della registrazione dopo il suo spontaneo e preoccupato ritorno in ospedale intorno alla mezzanotte mentre il dottor Vassiliadis aveva precedentemente dichiarato di aver consegnato la cassetta alla propriaconsorte già intorno alle 21.30. Il tutto senza dimenticare che Cristofoletti aveva denunciato il fatto scatenante alla direzione sanitaria, ovvero quella prassi di effettuare in pronto soccorso interventi ambulatoriali. I fatti risalgono alla fine di giugno del ’94 allorquando, dopo un intervento in Ps, il dottor Vassiliadis denunciò alla direzione sanitaria (che poi avvisò Carabinieri e Procura) che Giorgio Cristofoletti gli avrebbe intimato di consegnarli un milione al mese per 12 mesi per tenere la bocca chiusa. L’infermiere rivano fu rinviato a giudizio e condannato in primo grado ad un anno e 2 mesi di reclusione con la condizionale e la non menzione. Ma non si arrese. E in appello, dopo le perizie toniche sulla cassetta che in primi grado non vennero mai effettuate, è stato assolto «perché il fatto non costituisce reato».
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«Espressioni infelici ma puramente provocatorie che null'altro avrebbero voluto dire se non che "certi" comportamenti non avrebbero dovuto essere attuati in una struttura pubblica»
Nessun Tentativo di estorsione
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