Sul lago di Garda gli attracchi sono gestiti nel Bresciano dalle amministrazioni e nel Veronese da Venezia mentre gli enti locali controllano solo le boe. La graduatoria per le assegnazioni viene redatta ogni quattro anni dall’Ispettorato ma ogni volta le domande superano di gran lunga l’effettiva disponibilità. Immancabili d’estate le liti tra i proprietari di imbarcazioni per l’accesso ai porti È dal 1999 che il Comune di Malcesine si batte per l’assegnazione diretta della gestione dei porti e dall’estate scorsa alla richiesta hanno aderito tutti i paesi della sponda veneta del lago di Garda. I sindaci veronesi, infatti, nell’ultimo anno hanno scritto ripetutamente al presidente della Regione Veneto, Giancarlo Galan, e all’assessore alle politiche della mobilità e alle infrastrutture, Renato Chisso, per discutere del trasferimento delle funzioni in materia portuale dalla Regione ai Comuni. Anche di recente, i sindaci hanno scritto: «Al fine di migliorare la fruibilità dei porti e delle aree portuali da parte dei cittadini residenti e dei turisti, chiediamo la gestione diretta, sia amministrativa che operativa. L’esigenza nasce dal fatto che sempre più spesso i cittadini si rivolgono ai Comuni per avere informazioni riguardo l’assegnazione dei posti barca e il rilascio di autorizzazioni e concessioni, non riuscendo ad avere una comunicazione diretta e snella con l’Ispettorato di porto, sia per motivi logistici, che per una tempistica lenta nell’iter procedurale». Una richiesta legittima, ripetono i primi cittadini, dato che lo stabilisce il decreto Bassanini 112 del 1998, che prevede l’assegnazione dei demani lacuali e dei porti agli enti locali. Nel Veneto il trasferimento è avvenuto solo per i demani, mentre la Regione Lombardia ha applicato la legge con l’assegnazione delle funzioni ai Comuni anche per i porti fin dal 1998. Così i porti sul lago di Garda sono gestiti sulla sponda bresciana dai Comuni e sulla sponda veronese dalla Regione. L’empasse è spiegata dagli uffici regionali, che precisano: «In relazione al d.l. 112/98, la Regione Veneto il 13 aprile 2001 ha emesso la legge 11 di attuazione del decreto Bassanini. La legge regionale non ha previsto esplicitamente il trasferimento delle competenze ai comuni, quindi non c’è alcuna sua disapplicazione. Ciò non toglie che possa essere vantaggioso delegare ai Comuni». «Rispetto a questo problema però», continuano dalla Regione, «c’è attenzione da parte della Giunta regionale, ci si sta pensando. Si lavorerà per trovare la soluzione migliore per tutti». Dunque disponibilità anche se fino ad ora le numerose richieste d’incontro inviate dai sindaci lacustri all’assessore regionale Chisso non hanno mai trovato risposta. I problemi relativi ai porti spaziano dalla manutenzione agli scivoli, dagli spazi per i carrelli agli alaggi (trasporto a riva delle imbarcazioni) e alla pulizia dei porti. Il nodo principale però rimane la domanda di posti barca, che continua a salire vertiginosamente e che d’estate porta a delle vere e proprie guerre nei porti. Lo spiegano l’ingegner Luigi Destro, responsabile del servizio mobilità dell’Ispettorato di porto regionale e il responsabile dell’ufficio provinciale di Verona, architetto Ezio Scappini. «Ogni quattro anni predisponiamo le graduatorie, che vengono pubblicate in tutti i Comuni. Il vero problema è che i posti fisici sono molto inferiori alle richieste», spiega Scappini, «ciò determina un abusivismo selvaggio e ormai la tensione è altissima. Nell’ultimo bando di assegnazione posti barca, che risale al novembre 2004, ci sono state più di 1.300 domande contro i 1.100 posti disponibili, che in gran parte sono già stati assegnati da graduatorie precedenti. Questo però non vuol dire che non si assegnino mai nuovi posti, perché man mano che si liberano vengono date nuove autorizzazioni prendendo i nominativi dalle graduatorie». «Ogni giorno», prosegue Scappini, «la situazione evolve, perché si liberano posti di persone che o si trasferiscono in altri centri, o vendono la barca, o non pagano il posto o come spesso accede lo subaffittano e poiché tale pratica è illegale perdono il diritto al posto». L’ingegner Destro, da un paio di mesi responsabile regionale, sottolinea: «Stiamo analizzando la situazione, per presentare proposte e accelerare l’attività dell’Ufficio. Ci rendiamo conto del disagio che vivono i Comuni, ma poiché il regolamento di attuazione è articolato e ci vogliono tempo e personale, stiamo lavorando per ottimizzare il servizio con i pochi mezzi che abbiamo». In mancanza di posti, quindi, subentra la legge della giungla, così d’estate non è raro assistere nei porti a liti tra legittimi proprietari di posti barca e abusivi, al punto che devono intervenire le forze dell’ordine per rimettere le cose a posto o addirittura sequestrare le imbarcazioni. I controlli, spiegano i dirigenti dell’Ispettorato di porto, non sono cosa semplice: «Vengono eseguiti controlli a campione dalle squadre nautiche dei vari corpi. Intervengono sopratutto quando ci sono segnalazioni, ma non è facile per loro verificare i posti barca, perchè il 95 per cento delle imbarcazioni non è immatricolato. La normativa prevede l’immatricolazione solo per barche di dimensioni superiori a una certa stazza e poiché la quasi totalità è inferiore, il risultato è che non sono identificabili. Così anche se le forze dell’ordine controllano i porti non possono risalire al legittimo proprietario del posto barca, poiché non possono sapere se è la barca giusta che lo sta occupando». «Nella maggioranza dei casi», spiega Scappini, «i posti vengono occupati da persone che scendono a terra per andare a pranzo o a fare un giro in paese. Arrivano nel porto, vedono un posto libero e attraccano, nel frattempo rientra il legittimo proprietario e trova il posto occupato. È facile capire come va a finire. Poi c’è una proliferazione di uso illegittimo dei posti: ad esempio si vedono cartelli con scritto “vendesi barca con posto barca”. Questo è illegale, ma oggi come oggi gli strumenti che abbiamo in mano per i controlli sono insuffiecienti». «Ci dicono che ci sono posti liberi nei porti e che non vengono assegnati», spiegano i responsabili dell’Ispettorato di porto, «ma in realtà la pianificazione dei porti prevede l’assegnazione di posti, indicati con delle lettere, in base alle dimensioni delle imbarcazioni. Barche piccole non possono essere inserite in spazi con misure più grandi o viceversa, quindi non è detto che una persona che è prima in graduatoria abbia la barca giusta per il posto libero, così finisce che la gente vede posti liberi e pensa che gli spettino». «I sindaci», concludono i dirigenti, «si lamentano ma nel 1994, grazie a una circolare ministeriale, è stata data la possibilità a tutti i Comuni di adottare delle fasce orarie con la creazione di posti a rotazione, per favorire la mobilità turistica. Purtroppo molte amministrazioni non hanno aderito alla proposta perché avrebbero dovuto gestire la rotazione dei posti». Questo avveniva più di 10 anni fa, oggi, diversamente da allora, i sindaci sono determinati a portare a casa la gestione diretta dei porti, come accade dal gennaio 2003 per la gestione di superfici e pertinenze lacuali e le concessioni dei beni demaniali, quali le boe.
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