Una Messa ha aperto la cerimonia d’inaugurazione della cappella di San Rocco restaurata; poi gli interventi del sindaco Adalberto Mosaner, di Cinzia D’Agostino della Soprintendenza per i Beni architettonici della Provincia autonoma di Trento, autrice del progetto e responsabile della direzione lavori, e della storica Maria Luisa Crosina, autrice assieme a Francesca Odorizzi del libro «La chiesa di San Rocco» (ed. Il Sommolago, Riva del Garda, 2006), il cui testo è stato tra il materiale più consultato per il progetto di restauro. E nell’attigua ex sagrestia, liberata dai quadri elettrici dell’illuminazione pubblica contestualmente al restauro, una piccola mostra sul restauro. Oltre al sindaco e alla giunta comunale, oltre al parroco don Giovanni Binda – che ha officiato assieme al rivano don Bresciani – e al presidente del consiglio comunale Massimo Accorsi con alcuni consiglieri, alla cerimonia hanno preso parte l’assessore provinciale alla cultura Franco Panizza, per la soprintendenza per i Beni architettonici della Provincia autonoma di Trento il dirigente Sandro Flaim e Cinzia D’Agostino, autrice del progetto di restauro e responsabile della direzione lavori; la storica Maria Luisa Crosina; per la Comunità Alto Garda e Ledro il presidente Salvador Valandro e alcuni assessori e consiglieri; ancora, il comandante del corpo di polizia locale sovracomunale Ivano Berti, il segretario e il vice segretario comunale Lorenza Moresco e Anna Cattoi, il dirigente del MAG – Museo Alto Garda Gianni Pellegrini, le direttrici del Museo di Riva del Garda Monica Ronchini e della Biblioteca civica Federica Fanizza. Oltre ad un folto pubblico. Il parroco nella breve omelia ha ricordato la figura e l’opera di San Rocco, invitando a trarre dalla sua vita e dal suo esempio, ancora oggi, motivi di riflessione. Diventato patrono dei malati infettivi, in relazione alla sua capacità in vita di guarire le più terribili malattie tra cui in particolare la peste, il santo «Ci insegna oggi – ha detto don Binda – a combattere e vincere flagelli diversi dalla peste che ugualmente falcidiano tanti giovani e meno giovani in tutto il mondo: flagelli morali che rischiano di annullare la bellezza della vita». Poi il breve intervento del sindaco Adalberto Mosaner che ha apprezzato l’ampia collaborazione tra comune, parrocchia e Soprintendenza, e la notevole qualità del restauro. Tra i cui esiti va ricordata la liberazione dell’ex sagrestia – dopo tanti anni – dai quadri elettrici dell’illuminazione pubblica. Un intervento di restauro complesso e delicato che ha richiesto quasi un anno di lavoro: «L’accurata ricerca documentale e il restauro – ha spiegato Cinzia D’Agostino – hanno consentito di apprezzare la qualità esecutiva e la tecnica dell’opera di Santo Miola, artista poco conosciuto ma apprezzato stuccatore di area lombarda, al quale fu commissionata la decorazione. La cappella presenta putti carnosi di ottima fattura eseguiti a tutto tondo, legati a nastri fluttuanti e disposti a coppie, in una danza sospesa, elegante e vitale. Aquile e cherubini sono collocati a contrasto cromatico sull’architettura a stucco che imita la pietra gialla con sfondati rosa antico». «I colori originari – ha spiegato poi la restauratrice – sono stati recuperati eliminando le numerose ridipinture che la chiesa aveva subito nei precedenti restauri. Anche i motivi fitomorfi, con gruppi vegetali che alternano fiori e frutta dai significati simbolici, sono connotati da raffinatezza esecutiva e realismo eccezionale, come mostrano le creste sottili delle foglie d’acanto, con nervature diffuse, ben eseguite e che conferiscono leggerezza ed armonia alla composizione. L’opera di Santo Miola mostra uno stile molto vicino a quello di Michele Costa, stuccatore intelvese, autore della decorazione della cappella di poco precedente di Santa Maria del Suffragio nella Arcipretale di Santa Maria Assunta di Riva del Garda Questa circostanza induce a ritenere che ne sia stato collaboratore o comunque di cultura e formazione artistica affine. La rifinitura e la raffinatezza degli stucchi non comuni non si possono completamente apprezzare da terra. I putti e i cherubini hanno pupille ripassate a graffite, in varie tonalità, a tratteggiare volti dai caratteri diversi, occhi scuri e talvolta chiari, sguardi laconici e contemplativi. Le figure sono tutte diverse per movimenti ed espressione: talvolta impegnate nel canto, mostrano accurate dentature infantili, mentre le mani e i piedi, definiti nei dettagli, presentano unghie e pieghe dei corpi paffuti descritti con precisione, delineando cura del particolare, qualità esecutiva e uno spiccato e notevole effetto realistico». La storica Maria Luisa Crosina ha compiuto un ampio inquadramento storico delle vicende legate alla chiesa di San Rocco, sorta per il voto dei Rivani legato alla terribile peste del 1512, ma realizzata dopo lunghe peripezie solo nel 1574. Alla chiesa nel 1579 furono poi aggiunte la sagrestia e l’abside. La navata fu quindi demolita in sèguito ai danni causati dai bombardamenti della prima guerra mondiale, i quali furono l’occasione per attuare un’intenzione già ventilata, per motivi di ordine pratico, fin dall’inizio del Novecento. «Una zona particolare della città – ha detto la storica – molto legata al porto perché qui si svolgevano le Messe per i naviganti; e legata alla comunità ebraica che proprio in questa zona risiedeva e svolgeva le proprie attività». Maria Luisa Crosina ha poi fatto cenno alla tolleranza e all’integrazione già in quei tempi tipiche dei Rivani, che realizzarono la chiesa di San Rocco – in sfregio ad una precisa indicazione di una bolla papale – proprio nella sede della comunità ebraica. Nell’ex sagrestia, per la prima volta dopo tanti anni nuovamnte praticabile, è stata allestita una piccola mostra in cui nove pannelli ripercorrono la storia della chiesa e della sua abside, poi diventata cappella, dei fatti storici e del recente restauro.
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Una Messa ha aperto la cerimonia d'inaugurazione della cappella di San Rocco restaurata