Organizzare, proporre, fare. Per non sparire. La formula è un «copyright» di Paolo Rossi, sindaco di Ferrara di Monte Baldo. Sciorina un cartellone estivo senza respiro, di tutto un po’, tra luglio e agosto. «Qui abbiamo un bendidio naturale, poco conosciuto. E siamo piccoli, poco visibili», ammette senza remore. Quindi «o si agisce, si prende l’iniziativa o si sparisce. Come accade a molte comunità nostre consimili, dalle Alpi agli Appennini». Gite, convegni, feste, incontri, giochi, escursioni, musica, fotografia, scienza: «Dobbiamo valorizzare tutto, per dire che ci siamo e farlo vedere all’esterno». Una sorta di trincea di resistenza. Sognando il benedetto, ipotizzato e osteggiato «Parco del Baldo».Sono pochi, 205 abitanti in tutto. Sparsi su 27 chilometri quadrati. Un micro Comune montano, ai piedi del Baldo. Hanno, però, il Santuario della Madonna della Corona (l’accesso è in territorio caprinese), un Orto botanico di fama europea, un osservatorio astronomico dalle collaborazioni internazionali. E il Baldo: sentieri, fiori, animali e un clima che nelle città bollenti si può solo sognare. «Qui si vive per scelta, è il mio caso, perché si ama il luogo e si vogliono vedere i propri figli crescere liberi come caprioli». Ma per organizzare un cartellone da centro turistico di ben altro calibro serve di più. «Bisogna mettersi insieme, superare la logica dell’associazione chiusa in sé, capire che da soli non si va da nessuna parte. E sperare nel volontariato e nei contributi di enti pubblici e privati». Chiedere, in sostanza. «Sono», confessa Rossi, «un amministratore per passione. Significa passare il tempo, come si usa dire, con il “cappello in mano”, bussando a tutte le porte…».Eppure, anche qui, si costruisce. «Ci sono piani regolatori, approvati da anni, che non posso fermare. Ci ho provato, ma non se ne esce. Personalmente, ho una convinzione: il futuro è nel Parco del Baldo, o comunque in una forma estesa di tutela. Così si aprirebbe il vero sviluppo, quello che vorrei fosse capito dalle forze politiche, anche in Regione». Le idee, qui, sembrano lievitare come i funghi: «In Trentino valorizzano anche i metri di trincee della Grande Guerra. Qui ne abbiamo chilometri: basterebbe sistemare i percorsi. Il progetto c’è, ma chissà quando e se potremo realizzarlo».Intanto Ferrara, la «piccola», si concede un cartellone estivo da «grande». «Merito di tutti, anche di un consigliere delegato alla cultura, il professor Eugenio Adamoli, che vive e insegna tra le nebbie milanesi ma che è rimasto stregato da questi luoghi». Lui e una moltitudine di gruppi e singoli, locali o del territorio contermine.I tempi non sono dei migliori. Il montanaro scrittore Mauro Corona lancia, amplificato dal Club alpino italiano, l’appello per le piccole comunità montane. Prive di servizi, dimenticate. «Ha ragione, qui tutto è più difficile.Chi vive in città non può capirlo. Anche il sindaco ha un ruolo diverso: se muore qualcuno vengono da me prima di chiamare il prete… Si è il terminale di una comunità. O lo si accetta, e io l’ho scelto, o non se ne fa nulla».Sono tempi grami. «Nessuna polemica con questo governo, che peraltro mi rappresenta. Ma se pensano di abolire i piccoli Comuni fanno un errore madornale. Tolgono l’Ici? Qui da noi era già al minimo, restano solo le seconde case, e si ritorna così al problema del costruire, oppure… Paradossalmente le lottizzazioni, piccole è evidente, per noi sono oro colato». Altrimenti? «L’alternativa sarebbe che lo Stato si rendesse conto del problema. E capisse che senza di noi il territorio muore, si spopola. Dovrebbe agire, come facciamo noi».
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Un cartellone da centro turistico di grido per una comunità che conta poco più di duecento abitanti ma è decisa a scongiurare il declino