C’è una flebile speranza che l’alborella, il pesce più comunemente noto come «aola», possa ritornare a vivere nelle acque del Garda, dove un tempo era comunissimo e oggi è quasi scomparso.La speranza viene però da un altro lago, quello di Como, dal quale è in programma uno storico trasferimento di uova direttamente nelle nostre acque, più precisamente in quelle di Limone, dove i pescatori locali le «nasconderanno» in apposite cassette, per metterle al riparo dai predatori, ma anche dai livelli «ballerini» del lago (e dunque dal rischio che le uova rimangano in secca quando l’acqua si abbassa). Nelle cassette, piene di ghiaia pulita, le uova di aola saranno dunque protette fino alla schiusa. Èun tentativo.La scelta del paese dell’alto lago quale «ultima spiaggia» per l’aola, pesce che fino a mezzo secolo fa rappresentava il 30% dell’intera popolazione ittica gardesana, non è casuale. Le rive e le acque di quella zona costituiscono, infatti, un ottimo habitat per il suo ripopolamento.L’annuncio è stato dato ieri nel centro ittiogenico di Desenzano da Gaetano Gentili, ittiologo della Provincia, alla presenza dell’assessore Alessandro Sala e della quinta commissione provinciale, di amministratori locali tra cui l’assessore desenzanese Silvia Colasanti.L’esperto ha anche aggiunto che «i maggiori sforzi dell’amministrazione e del settore sono concentrati sul coregone, sul carpione e sulla trota lacustre». Per esempio, il carpione, pesce che vive solo nelle acque del Garda, sta conoscendo un buon momento: quest’anno, sono state raccolte a Gargnano 10.500 uova per la riproduzione in incubatoio. Di boom, invece, si deve parlare per il coregone perché, rispetto all’iniziale programma di raccogliere almeno 70 milioni di uova, alla fine ne sono state deposte negli incubatoi di Marina del Vò oltre 77 milioni. Mai come quest’anno è stato portato un numero tanto elevato di uova. La stessa capacità ricettiva dell’impianto di Desenzano è stata messo in crisi: alle 320 campane, ricorda in proposito Gian Franco Bonatti, responsabile del centro, si sono aggiunti nove embrionatori per raccogliere 21 milioni di uova.Nel suo intervento, Gentili ha anche toccato il dolente tasto della qualità delle acque del lago che, malgrado l’aumento dei nutrienti e del materiale inquinante che ci vanno a finire dentro, resta tutto sommato al di sopra della soglia di pericolo.Alcuni pesci, come il luccio e la già citata alborella, sono in netto calo o in via di estinzione ( è apopunto il caso dell’aola e del carpione), il persico in grande ripresa. I fattori di criticità sono sempre gli stessi: l’abbassamento dei livelli del lago, l’aumento di cigni ed anatre che si cibano di uova, la scarsità di canneti e di ossigenazione a determinate profondità, l’alterazione continua delle sponde.La frega dei pesci è, perciò, a rischio. Per l’assessore provinciale Sala il settore della pesca gardesana è trainante per altri, non ultima l’economia turistica. Dei quasi 100 pescatori professionisti dell’intera provincia, 54 sono sul Garda, ai quali si aggiunge un «esercito» di pescasportivi (quasi 34 mila), che esercitano l’attività su 27 mila ettari di acque interne bresciane, di cui 24.800 sono lacustri.
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Illustrato il progetto sperimentale per combattere il rischio di estinzione delle alborelle. Un tempo erano il 30% del pescato, oggi sono rarissime come trote e carpioni