Proseguono alacri i lavori di restauro e di ritorno all’antico splendore per la più bella e storica struttura monumentale lacisiense: la Dogana Veneta. È l’emblema di Lazise e della sua storia, dopo il castello scaligero. Già tempo fa su L’Arena si parlò della necessità di un consistente intervento conservativo del secondo monumento importante di Lazise, attiguo e quasi un tutt’uno con la dogana, ovvero la chiesetta di San Nicolò al Porto, costruita nel XII secolo dalla classe degli Originari, dedicata a San Nicolò da Bari, cita don Giovanni Agostini, quale protettore delle scuole e dei naviganti. E la necessità di intervento conservativo si è manifestata proprio in questi giorni, improvvisamente, con la caduta di alcuni coppi dal tetto. Miracolosamente una signora, entrata a visitare la chiesetta, sul porto, è scampata alla caduta della parte centrale del tetto. Probabilmente la protezione di San Nicolò le ha «tenuto la mano sulla testa» evitandole il ferimento. Alla luce di questi ultimi eventi, quella che fu la sede della Compagnia della Misericordia, fondata dagli Originari nel 1260, ora è chiusa e nessuno vi può accedere. Con l’ultimo atto concordatario, per intenderci quello stipulato fra l’allora primo ministro Bettino Craxi e il segretario di Stato vaticano cardinale Agostino Casaroli, ha stabilito che il bene fosse destinato alla proprietà della Curia vescovile veronese e quindi alla parrocchia di Lazise. Per questa chiesa, negli anni passati, ci fu una sorta di polemica pubblica per accertarne la proprietà e quindi l’utilizzo. Non era infatti chiaro a chi fosse stata ascritta negli atti del catasto veronese. La polemica poi sfumò, pian piano, e cessò del tutto con la decretazione del concordato appena citato. San Nicolò, nel tempo, subì notevoli traversie e fu adibito a svariati usi, oltre a quello di tempio cattolico. Fu infatti magazzino, teatro, alloggio di soldati, abitazione e perfino, negli anni immediatamente dopo l’ultimo conflitto mondiale, utilizzata quale cinematografo. «Ma finalmente nel 1953», scrive don Agostini, «per l’intelligente iniziativa del sindaco, conte Everardo Macola, è stata restaurata in memoria e per il suffragio dei nostri caduti». La confraternita dei Disciplini, nel 1595 la demolì per sostituirla con l’attuale. Il Comune di Lazise, però, in segno del suo giuspatronato, impose che fosse posto, alla sommità dell’arco trionfale il suo stemma con la scritta: C.L. (Comunitatis Lacisiensia) MDXCV. Scritta tuttora ben visibile, segno inequivocabile della asserita proprietà da parte della civica amministrazione. Ora stante la situazione venutasi a creare, appare evidente la necessità di metter mano alla borsa per il restauro conservativo. Sono in corso scambi di opinioni fra parroco e amministrazione per fare il punto sulla situazione. Le depauperate finanze della parrocchia non consentono certo interventi finanziari pro San Nicolò. L’amministrazione deve veder chiaro intorno allo status della proprietà per poter semmai intervenire per le prime urgenze. I preziosi affreschi di pittori veronesi del XIV secolo presentano una chiara influenza di scuola giottesca, come scrive il Simeoni, frutto della presunta presenza di Giotto alla corte degli Scaligeri. Sono quindi un documento storico di rilievo e fanno chiaramente trasparire la profonda pietà degli antenati lacisiensi, nonché le floride condizioni in cui versava il paese. «La plurisecolare chiesetta», scrive ancora don Agostini, «strappata all’umiliante condizione nella quale da troppo tempo giaceva, il 4 novembre 1953 fu solennemente riconciliata dal vescovo coadiutore, mons. Andrea Pangrazio, alla presenza delle autorità, e con grande soddisfazione di tutto il popolo».
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In rovina e pericolante l’edificio, che fu anche cinematografo, attiguo alla Dogana Veneta. Non è ancora chiarito se proprietario della chiesa è il Comune o la parrocchia
San Nicolò cade senza padrone
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