M a quello là, sarà un turista o un rivano? C’è un metodo empirico, ma quasi infallibile, per indovinare la risposta giusta, pur osservando la sagoma di una persona da lunga distanza. Me lo aveva insegnato, quasi 40 anni fa, un vecchio portiere d’albergo, che nei pomeriggi d’estate andava a godersi il fresco sulle panchine del lato ovest della Rocca (quelle che prendono d’infilata l’òra e godono quindi d’un clima privilegiato). Un saggio portiere, che sputava la sua «sentenza di identificazione», con precisione pitagorica, per tutti i passanti che, almeno cento metri davanti a lui, iniziavano la passeggiata davanti al Canale. Puntini in lontananza.«Quello è rivano – spiegava con sicurezza, senza badare nè all’abito nè ad altri segnali – E’ rivano perchè cammina sul ciglio del lago senza guardare dove mette i piedi, perchè si sporge sopra l’acqua muovendo le braccia e il tronco con sicurezza, senza minimamente pensare che un piccolo sbandamento d’equilibrio, una svista, potrebbero farlo precipitare in un catino dove si può annegare». «Quell’altro invece no, è un turista – proseguiva la lezioncina – E’ un turista, o comunque un non-gardesano, perchè l’uomo, vedete?, poggia le scarpe ben lontane dall’orlo del molo. Si tiene alla larga, con prudenza istintiva: anche se gli venisse un improvviso coccolone, stramazzerebbe sulla terra ferma e non certo in quell’acqua che gli fa paura. Cammina a due metri dal ciglio, anche se probabilmente sa nuotare. Ma il fatto è che non conosce il lago. E del resto non potrà mai conoscerlo bene, perchè non c’è nato».Il vecchio portiere, uno dei miei tanti «maestri di gardesanità», m’è tornato in mente l’altra mattina, quando il consigliere comunale Paolo Matteotti (anche lui rivano fino all’alluce, ambientalista e naturalista, migliaia di giorni passati in barca o sulla sponda del lago) s’è precipitato in redazione, dopo aver perlustrato, dalla Casa Rossa a Punta Lido, tutto il dipanarsi di «strane schifezze» che offre, in questo periodo, il nostro amato Garda.Schiumazze alla centrale; estesissime chiazze di microalga anabaena puzzolente in tutti i porti; brodazza grigio-piombo in quel capolavoro di «piscina semiartificiale» che era il porto della Fraglia unito all’ameno bagnasciuga della Spiaggia degli Olivi; odori di marciume e acque intorpidite che dall’operoso ma sciagurato torrente Varone scivolano a impiastricciare il lago: là dove inizia la teoria perenne dei bagnanti, ma da anni – perchè? – sono battute in ritirata prima le trote schizzinose, seguite dai lucci e infine anche dai cavedani, che hanno, come ben sappiamo, un metro di pelo sullo stomaco. Perchè?«L’assessore Iva Berasi – ha sbottato il mite Matteotti – dovrebbe smetterla di accontentarsi di dati scientifici positivi, ma limitati alla balneabilità. Nel lago non ci sono colibatteri fecali delle fogne? Bene, ma non basta. Venga giù a dare un’occhiata, l’assessore. Venga ad ascoltare i pescatori, i barcaioli, i pensionati che stazionano ai giardini. Le diranno che questo Garda non è più quello di una volta. Che succede? Perchè questi fenomeni strani e nuovi? E’ lì, in questi misteri, il nuovo campo di manovra dei laboratori provinciali. A Rimini, 50 anni fa, prendevi i cavallucci marini con le mani. Adesso il mare non fa neanche più parte della promozione. Vendono le discoteche e gli Acqua-park a qualche chilometro dalla spiaggia. Vorrei sapere se questo è anche il nostro destino di rivani…»Tutto giusto, tutto sacrosanto, tutto condivisibile. Matteotti, nel suo sfogo, incarna quello che pensano i rivani veraci. Ma, c’è un…ma. Dove cammina la Berasi sul Canale della Rocca? Con le punte dei sandalini che sporgono sopra l’acqua o, istintivamente, due metri più indietro? E dove camminano i suoi colleghi «trentini»? Il mio vecchio amico portiere d’albergo, passato a miglior vita, il suo verdetto l’avrebbe già scodellato. «Ma quelli lì, di lago, non ci capiscono un’ acca: perchè non ci sono nati».Fa bene Matteotti a suonare il campanello d’allarme per la Berasi, per Dellai e per tutti gli altri. Ma prima dovrebbe passare dal nostro Municipio, salire negli uffici che si affacciano sul porto (ed è una beffa), scuotere il sindaco, suo fratello Pietro che fa il vice, un certo assessore all’ambiente (che ha un nome – Marino – che «sul lago» è quasi un controsenso). Poi dovrebbe prenderli tutti sottobraccio e accomodarli sul davanzale. Ma non lo vedono che il lago non è più quello d’un tempo? E se non lo vedono, li porti dai Cattoni «barcaroi», dal Crosina, dal vecchio e malandato Pasolli, da qualche anziano capitano dei battelli, dai pescatori della Tirlindana, dall’Enrico Biatel che ha fatto milioni di foto.Li porti e li faccia parlare. Poi, in bella comitiva, tutti a Trento. Tutti a reclamare. Bisogna essere in tanti per prendere per un orecchio chi non sa cos’è il Garda, i suoi umori, il suo lento agonizzare.
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M a quello là, sarà un turista o un rivano?