II popolo dei jumpers europei è stato privato del suo trampolino prediletto. Nessuno potrà più lanciarsi col paracadute dal Becco dell’Aquila. Edifficilmente rivedremo manifestazioni come “Boogie Brenta 2000” , il meeting internazionale che tré settimane fa è costato la vita ad Andrea Quarisa, trentaquattrenne jumper romano giunto a Pietra-murata proprio per «volare» per quei dodici secondi maledetti lungo la Parete Zebrata.Ieri pomeriggio la giunta provinciale ha approvato la delibera proposta dall’assessore allo sport e all’ambiente Iva Berasi, con la quale si vieta esplicitamente la pratica del Base Jum-ping su tutto il territorio provinciale. La genericità non deve trarre in inganno. Di fatto solo il Monte Brente è frequentato dagli appassionati di questa rischiosa disciplina sportiva. Comunque, per andare sul sicuro, il documento stilato dalla giunta di Lorenzo Dellai inserisce nel divieto anche generiche basi fisse, cime di montagne, palazzi, ponti, gru dai quali si salti aprendo il paracadute a poca distanza dal terreno. Un provvedimento che era nell’aria e che certo è riconducibile proprio alla tragica fine di Andrea Quarisa. Il suo paracadute si aprì con qualche decimo di secondo di ritardo e il giovane finì per schiantarsi contro la parete di roccia. L’inchiesta sulle cause del decesso è stata subito archiviata. I compagni del tragico volo fornirono il giorno stesso tutti gli elementi necessari ai carabinieri di Dro e al pm Marco Gallina, per comprendere la dinamica dell’incidente. Quarisa stava volando con la schiena rivolta al suolo per effettuare la ri presa video del salto. Non si accorse che il momento di aprire il paracadute era già trascorso. Il divieto non mancherà di suscitare polemiche e prese di posizione. Da un lato il movimento, sempre più vasto, che pratica o appoggia gli sport estremi, certamente sostenitore della libertà di lanciarsi da una montagna e aprire il paracadute quando si vuole. Dall’altra un’opinione pubblica comunque sorpresa della libertà concessa ai praticanti di uno sport così oggettivamente pericoloso. «Di fronte a tali rischi – si legge nella delibera – non sembra sufficiente l’autoregolamentazione che le associazioni degli appassionati tendono a darsi spontaneamente. La pericolosità di questa disciplina sportiva, che interessa l’intera categoria dei praticanti, richiede una valutazione da parte dell’autorità pubblica sotto il profilo della sicurezza». In pratica la giunta provinciale prende tempo e per evitare altri incidenti come quello del 7 maggio, istituisce un divieto temporaneo. Nel frattempo – fermo restando che questa pratica per stessa ammissione degli appassionati è ad alto rischio – la giunta accerterà se tale rischio può essere diminuito da una precisa regolamentazione della tecnica di salto, ad esempio fissando altezze minime e massime per i lanci, delimitando i siti dove praticare questo sport, prevedendo divieti in caso di pioggia o forte vento che possono creare problemi agli atleti. La giunta va oltre e arriva al punto di ipotizzare – una volta concluso l’approfondimento – divieti specifici per chi volesse fare fotografie o riprese video in volo, con un chiaro riferimento all’incidente del Brente, e anche l’eventuale introduzione di dispositivi di sicurezza nel momento in cui il Base Jumping tornasse possibile. A giudicare pericolosità e praticabilità di questo sport sarà una commissione d’esperti, il cui lavoro si concluderà prima dell’approvazione della nuova legge provinciale dedicata proprio allo sport. «È il rischio a rendere eccitante questo sport – commentava ieri sera Iva Berasi – e spetta a noi valutarne la portata. Un fenomeno nuovo, non regolato da normative di alcun tipo. Ci ha trovato spiazzati. Ora abbiamo il tempo per rimediare».