Spesso gli animali, soprattutto i gatti o i cani o i cavalli, dimostrano più amore e fedeltà che non l’uomo. Raccontiamo due storie, una di un cavallo e l’altra di un mulo però.
Siamo nel periodo della prima guerra mondiale (1915-1918) a Monzambano, in provincia di Mantova. In campagna vive Giovanni Gandini, che tra i tanti suoi animali ha anche una mula, Gina, una muletta perché è piccola.
Un giorno Gina viene requisita dallo Stato perché serve al fronte in montagna ad accompagnare gli alpini. Dopo qualche tempo, anche Giovanni Gandini, viene richiamato alle armi. Assegnato a un battaglione di alpini, dopo alcuni giorni nel cortile della caserma sente un raglio prolungato, incredulo, si volta e vede la sua muletta Gina che raglia festosamente avendolo riconosciuto.
Purtroppo la vicenda non ha un lieto fine. Un giorno la muletta Gina, mentre con altri muli stava trasportando viveri per gli alpini al fronte, mentre percorre un aspro sentiero, scivola e precipita in un burrone lasciando il padrone Giovanni Gandini nel dolore come gli fosse mancato un familiare. Tanto, che dopo anni nel raccontare l’episodio una lacrima ancora gli spunta negli occhi.
La seconda storia ha invece un lieto fine. Siamo nell’agosto 1942, nella campagna di Russia avviene quella che storicamente è ricordata come l’ultima carica della Cavalleria italiana che, dopo irruenti attacchi, riesce a sfondare e conquistare la posizione tenuta dai russi. La guerra è finita e un reduce di quella ultima carica (il cui nome non è dato a sapersi), mentre percorre una via alla periferia di Milano, nota un cavallo che traina un carretto da ortolano. L’incedere fiero del cavallo gli suscita un ricordo lontano. Si avvicina al cavallo che continua a camminare e improvvisamente chiama “Albino”, il cavallo si ferma di botto e, quando l’uomo gli si avvicina chiamandolo ancora per nome, emette nitriti gioiosi. Sì, Albino era un cavallo reduce da quella gloriosa carica del 28 agosto 1946. Albino verrà poi acquistato dallo Stato e passerà gli ultimi suoi anni in una confortevole stalla in Piemonte, dove era di stanza il Reggimento di Cavalleria, che ormai non aveva più cavalli in dotazione ma mezzi cingolati.
Vi ho voluto raccontare due storie semplici, dove i protagonisti sono due animali, ma due animali che hanno dimostrato come, a differenza degli uomini, si possa amare e essere fedeli a quella specie di animale che spesso li maltratta e che si chiama “uomo”.
Silvio Stefanoni
(Foto di Francesca Gardenato)