Lei non ha nulla da invidiare (almeno in fatto di misure) a Monica Bellucci. Lui invece non ha niente di Tinto Brass. Lei si chiama Stefania ed è una ragazza-immagine. Lui è Puccio Gallo, signore delle notti dance del lago di Garda. Lei si «offre» generosa. Lui l’affronta divertito. La scenografia però non è quella dell’anonimo ufficio del celebrato spot tivù, tra freddi neon e computer. Luci soffuse, musica assordante e fiumi di whisky con ghiaccio rendono intrigante l’atmosfera. Tutto si consuma nel giro di pochi istanti: la mano si allunga sulla spallina e il reggiseno, come un ambito trofeo, scivola leggero dal vestito a rete dell’avvenente fanciulla. E il gioco della seduzione è fatto. Sotto gli occhi, eccitati da fumo e curiosità, di una folla di ragazzi. In un angolo, discreta, sbircia la signora Maria Teresa, l’onnipresente mamma di Puccio, il titolare della discoteca: sorride, sa che quel gioco di «vedo e non vedo» piace. E che il ritorno per il locale, il «Sesto Senso» di Desenzano, sulle sponde bresciane del lago, è assicurato. Neppure le amorose elegie del poeta Catullo avrebbero potuto far meglio, quale momento di richiamo e di evasione, dell’idea di rottamare i reggiseni. Come le auto o le case. Così il secolare oggetto del desiderio – «altro dono dell’ingegnosità francese al mondo», essendo nato come tramanda la storia nel 1889 per merito di madame Herminie Cadolle – si è preso la sua rivincita, grazie ai commercianti della zona. L’altra notte almeno una sessantina sono stati i «push up », gli «spingi su», distribuiti in omaggio a chi consegnava un vecchio reggipetto. Leggeri, estetici, vezzosi, arrabbiati. A balconcino, di pizzo, con fiocchetti, a mezza coppa o a coppa intera. Tra i riflessi del lago che già profuma d’estate, si sono visti reggiseni di tutti i tipi. Esaltazione voluta in quel sottile gioco erotico di promesse, tutte da scoprire, di chi da sempre «contiene i forti, sostiene i deboli, raccoglie gli smarriti». Dopo anni di mortificazioni tra bellezze anoressiche ed efebiche, i seni tornano a trionfare. Come negli anni Trenta o nel dopoguerra delle «maggiorate» alla Marilyn. Il periodo buio dei falò delle femministe, che nei roghi dei reggiseni trovavano il senso di una libertà riconquistata, è ormai lontano. E quel leggero indumento capace di coprire senza celare, di esaltare pur senza apparire, ritrova il suo simbolico ruolo di erotismo e desiderio.