domenica, Dicembre 22, 2024
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Presentato nella Sala dei Provveditori del municipio di Salò un libro della manerbiese Anna Dolci, che ripercorre le vicende della Valtenesi. Quelli di Portese, paese di pescatori, erano noti come «magna aole». Nel 1855 fu ucciso il parroco

«Terre di lago», la storia locale è come un romanzo

Il libro «Terre di lago» di Anna Dolci è stato presentato nella Sala dei Provveditori del Palazzo municipale di Salò, alla presenza di un folto pubblico. Un volume di 350 pagine, edito dalla Grafo, realizzato grazie al sostegno finanziario del Parco Alto Garda, della Comunità montana di Valle Sabbia e dell’Unione delle località della Valtenesi. Originaria di Manerba, dove risiede, e laureata in Storia contemporanea all’Università di Parma, Anna Dolci è impiegata in Banca Lombarda a Brescia. «Ho voluto proporre le vicende corali della Valtenesi e della riviera occidentale, fino agli inizi degli anni Sessanta – dice -. Ho parlato di modi di vita, attività economiche, religiosità, gli spazi lasciati alle donne, le forme della festa, ecc. Sono partita dalla mia tesi, rivedendola e ampliandola». Giorgio Vecchio, il professore che l’ha seguita da vicino, parla di «atto di amore verso la propria terra, frutto di anni di ricerche. Un’area che, al tempo stesso, è lombarda (per geografia e amministrazione) e veneta (per la chiesa). Un luogo di scontro e di incontro, legato a Venezia, che ha avuto un complicato rapporto con Brescia. I lettori potranno farsi un’idea della serietà del lavoro dando un’occhiata alla bibliografia posta in appendice. In un tempo di polemiche sulla globalizzazione e l’omogeneizzazione culturale, fare memoria del proprio passato è un ottimo metodo per abituarsi a tenere insieme la tutela della propria identità e l’apertura a un mondo più vasto».All’inizio il volume si sofferma sugli appellativi delle varie comunità. Per secoli gli abitanti di Padenghe hanno conservato l’attributo di «scior», grazie al fiorente porto, attivo già in epoca romana. Quelli di Soiano furono etichettati con l’ironico nomignolo di «sopiabroch», che univa la proverbiale indigenza del mondo contadino con l’atto di rianimare il fuoco, soffocato dalle fascine di legna verde. Gli uomini di Polpenazze deviarono le acque del laghetto Lucone per mezzo di una singolare opera di ingegneria che ostruì lo scarico naturale, convogliando il flusso in un corridoio lungo 130 metri. Così diventarono i «foramucc». I confinanti di Muscoline non accettarono la nuova situazione, e tesero numerose insidie tra i boschi, tanto da guadagnarsi la definizione di «piantafurche». Il comune di Polpenazze riscattò anche i diritti vantati sul lago dalle località vicine, tra cui il diritto di pesca, poi appaltato con cadenza annuale al miglior offerente. Ma il capitolato lo obbligava a esporre aole, lucci, trote, anguille nella piazza del castello, vendendoli a prezzo calmierato nella prima mezz’ora.Gli abitanti di Puegnago difettavano di cordialità, ed erano conosciuti come i «tusighì», intossicatori, sebbene i casi di…avvelenamento si limitassero alla molestia e alle invettive. L’epiteto di «carogne» venne affibbiato a quelli di Manerba, ritenuti briganti, barricati entro le mura dell’antica rocca. Si vocifera che fosse comparso pure il diavolo. Riuscì a corrompere il mugnaio di San Sivino. Lo persuase a vendere l’anima in cambio della prosperità dei suoi commerci. Per ricordare il patto, lasciò il calco del piede su di un masso.La gente di Portese, che esercitava la pesca da secoli, fu dileggiata con l’irrispettoso «magna aole». Il borgo si procurò una fama bieca quando, nella notte del 9 luglio 1855, fu pugnalato e ucciso il parroco, don Tommaso Navoni. I colpevoli furono scoperti l’anno dopo a Mantova, dove si erano recati a comperare un carretto di angurie, cercando di pagare con un orologio d’oro trafugato nella canonica di Portese. Si trattava di tre della Valtenesi, originari di S.Felice, Raffa di Puegnago e Pieve di Manerba, ex dipendenti del parroco. «Terre di lago» è una corsa avvincente nella storia.

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