Il 28 settembre 2001 venne realizzato a Salò presso il salone del Palazzo municipale un convegno su Il lago di Garda e la storia del’900. Ne era stata promotrice l’Associazione Storico-Archeologica della Riviera. Date le interessanti relazioni, nel 2003 ne furono pubblicati gli Atti a cura di Mirelia Scudellari, allora presidente dell’A.S.A.R. Gli interventi furono di Carlo Simoni che parlò di Storia, Dalla macrostoria alla microstoria; di Gianfranco Porta che si soffermò su Le vicende politiche e militari del’900: il lago e le guerre; di Domenico Fava che analizzò La Grande Guerra al confine tra il Garda e Ledro; di Francesco Germinario che sviluppò il tema Salò nuova capitale d’Italia fra politicità e impoliticità; di Mauro Grazioli che relazionò su Il turismo sul Garda nella prima metà del’900, mentre Pier Giuseppe Pasini fece un’analisi del Turismo nella seconda metà del’900; di Mariavittoria Facchinelli Mazzoleni che presentò Gli anni’30: arte di regime in Italia e Germania; di Gian Paolo Treccani che trattò gli Itinerari nell’architettura contemporanea del Garda.
Tra tutti questi studiosi italiani figura un nome tedesco: Titus Heydenreich, invitato a prender parte al simposio. Il professore tedesco si presentò con un elaborato, lasciato poi a disposizione per gli Atti, dal titolo Sogno, meta, metafora: il Garda nella poesia fine-secolare di lingua tedesca.
Nel leggere questo saggio si scoprono diverse peculiarità del suo autore. Concisione, riferimento motivato a personaggi o a scrittori da Goethe a Seneca avvaloranti le sue affermazioni, correttezza nel comunicare anche in nota opere utili per eventuali approfondimenti, scrupolosità nel riportare il nome di chi gli ha passato un’informazione.
All’inizio del suo scritto, Titus Heydenreich si domanda se i visitatori del Garda scoprano qui un’mondo meravigliosò o vedano solo se stessi in un ambiente diverso. Per cercare di rispondere a tale interrogativo, prende in esame quattro scrittori tedeschi che tra finè800 e primi del’900 hanno trascorso alcuni periodi sul Garda. Inizia con Paul Heyse (1830-1914), premio Nobel per la letteratura nel 1910. Lo battezza benevolmente come uomòun pò superficialè, capace di godersi la vita, autore di romanzi, novelle, poesie ormai dimenticate, anche perché concentrate sull’ambiente dei Grand Hotel di Gardone con i suoi “nordici clienti, malaticci ma ricchi sfondati, che trascorrono il tempo tra pranzi, cene e balli, con gite in barca e passeggiate”, tra bisticci, giochi, innamoramenti. Lo conferma, a detta del professore, la poesia Am frühen Morgen in cui dalla scena mesta di una barca con una bara a bordo in movimento nel silenzio del mattino verso il cimitero, situato dall’altra parte del golfo, si passa all’improvviso sorgere del sole che allontanàla funeraria visionè e incoraggia a un’banale carpe diem’.
Un altro autore è quell’Otto Erich Hartleben (1864-1905) di cui si è già parlato su GN-Gardanotizie, vissuto per un pò di tempo a Salò. Nella poesia già citata Das Tor (La porta) Heydenreich non coglie riferimenti al Garda, quanto piuttosto “una malinconica interiorizzazione della nuova – ed ultima – dimora”, quasi “fasi iniziatiche di una discesa nel regno dei morti”.
Il professore riferisce poi di Franz Kafka (1883-1924) che nel 1909 abitò all’albergo “Riva” e nel 1913 frequentò il Sanatorio di von Hartungen a Riva del Garda. Riassume brevemente il racconto Der Jäger Gracchus (Il cacciatore Gracco), ambientato a Riva e con protagonista un morto destinato a vagare in eterno su una barca senza timone. Titus Heydenreich vi nota riferimenti alla Bibbia e al mito dell’ebreo errante, forse anche all’Olandese volante, nome di un vascello fantasma che solca i mari senza meta. Rileva peraltro che il lago di Garda vi è rappresentato senza i suoi limoni, ma solo “come metafora della disperazione di tutta un’epoca”, senza valori, senza speranze, senza una meta nella vita, piena solo di angosce e assurde persecuzioni.
Dopo aver tratteggiato brevemente i tre scrittori tedeschi più conosciuti dal pubblico gardesano, aggiungiamo, da ultimo, il quarto personaggio preso in considerazione da Heydenreich nel suo scritto presentato al convegno di Salò, Henry Thode (1857-1920).
Era questi uno storico dell’arte specializzato in arte medievale e rinascimentale, professore a Heidelberg, direttore del museo Städel di Francoforte, che visse a Villa Cargnacco di Gardone, divenuta in seguito dimora di d’Annunzio, un angolo tranquillo dove abitare e lavorare in pace. Al prof. Heydenreich non interessa tuttavia il rapporto di Thode con l’arte e la letteratura. Non lo incuriosisce nemmeno la passione di Thode per la musica, in particolare quella di Richard Wagner, divenuto suòsuocerò, per averne sposato la figlia di primo letto della moglie. Titus Heydenreich è attratto dall’uomo Thode, che desidera vivere in villa come un umanista del’400/’500, attorniato da pochi buoni amici. Heydenreich ricorda nel suo saggio come dalle finestre di villa Thode si potesse godere la vista di Punta San Vigilio sulla sponda opposta del lago, come l’avesse visitata e fosse rimasto colpito dalla scritta En somnii explanatio (Ecco l’interpretazione del sogno). Il sogno di Thode, era, secondo Heydenreich, quello di chi percepisce “che per questi giardini vagano sogni”. Già, i sogni di un Rinascimento che in riva al lago trova forma e che Thode avrebbe voluto rivivere.
Il 3 gennaio 2013 Titus Heydenreich scriveva una lettera a Herfried Schlude, ringraziandolo per l’invito a trascorrere un paio di giorni insieme a Gardone e raccontandogli del N° 56 dello “Zibaldone” a cui stava lavorando, Le Piccole isole. Piccole, diceva, per modo di dire, pensando a Ustica, Lampedusa, Ponza, Ventotene, San Lazzaro degli Armeni, Stromboli, Capri. Poi aggiungeva: “Si impara di nuovo molto nel far questo”.
Non sarebbe arrivato a Natale. Ma aveva ancora voglia di restare in contatto con gli amici e, nella sua grande modestia e riservatezza aveva ancora voglia di imparare. Vulcano di idee, entusiasta e riconoscente, generoso e rispettoso, sempre disponibile e sorridente, Titus Heydenreich, nonostante le sue vaste conoscenze, guardava sempre avanti, sempre pronto a sperimentare e scandagliare ogni novità. Insomma, un grand’uomo, che ci ha fatto piacere conoscere anche se solo attraverso conoscenti e opere da lui scritte.
(Fine degli articoli su Titus Heydenreich… ma non sugli Stregati dal lago di Garda)