Durante la pandemia che ha costretto gli alunni delle scuole italiane, e quindi anchve di quelle salodiane, a rimanere a casa la didattica in presenza a scuola è stata sostituita dalla didattica a distanza. Questa nuova modalità di fare lezione non ha disarmato i docenti che si sono impegnati, mettendo in atto la loro fantasia e utilizzando al meglio i moderni strumenti della comunicazione sociale, per continuare a tenere impegnati i loro studenti come fossero presenti nella loro aula.
Sono giunto a conoscenza di un brillante lavoro frutto di questo modo di procedere che ha visto impegnata la maestra Carla Rimoldi della scuola primaria Olivelli della mia città che ha coinvolto i suoi alunni delle classi seconde delle sezioni A e C. Esso ha portato alla realizzazione di un interessante video su una storia salodiana. Il risultato di questo impegno mi ha entusiasmato e desidero farne parte ai lettori di GN. A coloro che vorranno visionare il filmato fornisco il relativo link: https://www.facebook.com/1582286895346399/posts/2570607563180989/?vh=e&d=n
Come ex docente della scuola devo testimoniare, anche attraverso questo esempio, che la pandemia non ha fatto venir meno l’impegno e la voglia di insegnare da parte dei docenti e quella di apprendere da parte dei loro alunni. Direi anzi che la situazione di forte disagio ha aguzzato le menti dei protagonisti e si è tramutata nella opportunità di studiare e di fare ricerca coinvolgendo gli alunni in forme del tutto innovative.
La ricerca che la maestra ha proposto ha riguardato la leggenda della statua di S. Carlo.
A tutti è noto che gli amministratori di Salò, al tempo in cui essa era la capitale della Comunità di Riviera, decisero di eleggere il vescovo di Milano, San Carlo Borromeo, quale patrono della città.
La storia si lega ad una pestilenza di peste che aveva colpito il territorio lombardo e che rischiava di propagarsi anche a quello gardesano. Non è casuale questa scelta di vicende dipanatesi al tempo di una pandemia mentre una analoga, quella del covid 19, sta colpendo le nostre contrade.
Come ha ricordato la prof. Aimo in uno scritto sul bollettino il Duomo S. Carlo fu a Salò per la visita apostolica in Riviera dal 24 luglio al 7 agosto 1580.
Soggiornò in casa della religiosissima famiglia Scaino e in quei quindici giorni, in un continuo alternarsi di sacro e profano, si declinarono nelle innumerevoli manifestazioni tutte le liturgie del potere religioso e del potere politico. Le cronache dell’epoca ci raccontano minuziosamente i festeggiamenti, iniziati al momento del suo ingresso nella città, quando fu accolto con tutti gli onori dal Provveditore veneto e dal Console in rappresentanza del Comune, dall’Anziano del capitolo dei canonici, dall’Arciprete e da un mare di folla. Con S. Carlo a Salò e in Riviera si respirò immediatamente l’aria della Controriforma, in quanto passò in rassegna in modo analitico e minuziosissimo ogni singolo aspetto delle parrocchie esistenti, evidenziando i numerosi abusi da correggere, fra cui in primis i costumi rilassati del clero.
Venendo ora al lavoro della maestra ella ci ha confidato che nei momenti più bui della pandemia ha raccontato ai suoi alunni la leggenda della statua di S. Carlo che i salodiani si tramandano di generazione in generazione. Essa li ha entusiasmati e l’hanno anche illustrata con loro simpatici disegni. Il suo racconto ha preso l’avvio col fare menzione della visita a Salò del Santo Vescovo e come egli fu accolto con il massimo degli onori. Dopo il suo ritorno a Milano, continua la narrazione della maestra, a Salò rimase vivo il ricordo della visita di quell’illustre personaggio, dei suoi sermoni e dei suoi consigli.
Quando San Carlo morì e fu proclamato santo, la maestra fece presente che i salodiani si rammentarono delle sue meritevoli opere nel territorio della Comunità di Riviera e ciò li portò a decidere di eleggerlo a Patrono della loro città andando anche a costruirgli una statua.
Il visitatore che, giunto nella nostra città, passa sotto la torre dell’orologio, situata in cima alla Fossa, la centrale piazza alberata intitolata a Vittorio Emanuele II e percorre un centinaio di metri verrà colpito dalla imponente statua che campeggia al centro della via S. Carlo. Come diremo in seguito il manufatto attuale non è quello originale
Trascorse il tempo e una grave pestilenza dilagò nella città di Milano e nelle campagne fino ad arrivare a lambire la cittadina benacense.
Mi pare di vedere gli alunni estasiati da questo racconto e che saranno andati di certo ad immaginare cosa poterono pensare i loro antenati di allora visto ciò che ad essi stava capitando.
Anche a quel tempo, come ai nostri giorni, disse la maestra, quella pestilenza mieté molte vittime.
I salodiani ne furono preoccupati e sbigottiti temendo che il morbo venisse ad intaccare le limpide acque del loro ameno golfo.
Fu allora che si riunirono in preghiera nel Duomo supplicando l’intervento del loro patrono affinchè li risparmiasse da quella epidemia. Fu all’indomani di quella supplica che i passanti notarono che la statua, collocata, come vedremo, nel quartiere di S. Giovanni, non era rivolta, come era stato fino a quel momento, verso la via centrale ma si era girata verso la porta della città. I pareri, riferisce la maestra, furono discordanti: ci fu chi pensò alla scherzo di qualche burlone e chi invece attribuì all’evento una valenza soprannaturale.
Le autorità cittadine intervennero prontamente e decisero che la statua venisse riportata nella sua posizione originaria per evitare il diffondersi di notizie che ritenevano prive di fondamento. Ciò non impedì, narra la tradizione, che molti accorressero ai piedi della statua per verificare come stavano le cose. Ma dopo un altro giorno la statua continuava ad essere rivolta verso la porta, come a proteggere la città, e con la mano benedicente protesa verso l’alto.
La circostanza passò di bocca in bocca e numeroso fu il popolo che accorse a venerare la statua nella convinzione che il fatto fosse da attribuire alla volontà del Santo che in questo modo aveva reso palese il suo intervento a salvaguardia della salute dei cittadini della città che lo onorava come suo protettore. E la volontà popolare si espresse con il desiderio che non fosse modificata la posizione della statua che stava ad indicare la protezione del Santo verso il borgo e i suoi abitanti.
Ciò che è certo è che la pandemia cessò e i salodiani ne furono risparmiati.
Concludendo il suo racconto la maestra Carla precisò che esso era forse il frutto di una leggenda e fornì ai suoi alunni alcune annotazioni storiche sulla statua.
Fu nel 1611 che venne deciso di eleggere San Carlo a Patrono della città.
Nel 1612 il Gran Consiglio deliberò che il 4 novembre, data che ricordava la morte di San Carlo, fosse una giornata di festa religiosa intitolata al Santo.
Ricordò ancora che nel 1619 a Salò giunsero alcune reliquie del Santo, collocate nell’altare a lui dedicato all’interno del Duomo e che i rappresentanti del borgo di S. Giovanni chiesero al Gran Consiglio che venisse eretto nel loro quartiere un basamento su cui collocare la statua che fino a quel momento era stata collocata nella piazza del lino. Lo spostamento fu autorizzato nel 1627. Nel 1629 il vecchio manufatto, molto deteriorato, fu sostituito con uno nuovo. Fu poi nel 1838 che venne eretta per la terza volta una nuova statua che è quella attuale.
Grazie a questa affascinante ricerca i nostri alunni sono venuti a conoscenza di una vicenda importante della loro città ma forse anche tanti salodiani, grazie a questo mio resoconto, avranno modo di fare analoga scoperta.
APPARATO ICONOGRAFICO
La statua di S. Carlo nel borgo di S. Giovanni
Una immagine del santo
La scuola primaria Olivelli
Uno dei disegni degli alunni della Olivelli
Un altro dei degli alunni della Olivelli